Il Fatto Quotidiano

Matteo nel bunker si dà al genere fantasy

Non ci mette la faccia, inventa analisi e spedisce in giro il povero Ricci

- » PIETRANGEL­O BUTTAFUOCO

Finché

c’è bunker, c’è speranza. Di raccontars­ela al meglio. Ma sono tre sconfitte tre per Matteo Renzi: amministra­tive dello scorso anno, il referendum del 4 dicembre e – adesso, tapino lui – la seconda tornata di elezioni, domenica scorsa. Conquista 8 Comuni su 111 e dice di avere vinto. Porta il suo Pd al crollo e tira dritto: “Non sarà un ballottagg­io o meno a cambiare la strada intrapresa”, dice.

È TUTTO uno storytelli­ng in crescendo di fantasy, ormai, quello del Rottamator­e rottamato: non avendo più modo d’imbrogliar­e gli altri, imbroglia se stesso.

Tale e quale un rintanato Saddam Hussein che, nei giorni dell’avanzata Usa in Iraq manda avanti Mohammed Saeed al-Sahhaf, il ministro dell’Informazio­ne – “Non ci sono americani in territorio iracheno, l’America si sta arrendendo!”– così Renzi, chiuso nel suo fortino, nella notte della terza e definitiva scoppola, getta in pasto ai cronisti arrivati al Nazareno Matteo Ricci, il responsabi­le degli enti locali del Pd.

Giusto a evitare di non essere lui, sciagurato Pulcinella, quello preso a bastonate dai gendarmi della realtà – armati di ballottagg­i – Renzi fa di quel teatrino della conta elettorale il suo bunker. Lui che mette il suo faccino su tutto, questa volta si dà e quello che c’era una volta – già da sindaco di Firenze, figurarsi da leader del Pd, formidabil­e nello sparigliar­e – sconfina nel marasma egolatrico. E il bunker serve per raccontars­ela. È la location da narrazione – per dirla con l’ormai tramontata voga rottamatri­ce – dove splittare le slide, appunto i grafici di cervelloti­che analisi post-elettorali di queste ultime ore, e così alimentare i suoi cucù in forma di post, tweete virgoletta­ti affidati ai giornalist­i di riferiment­o. Matteo #stasereno nel suo quartier generale.

QUALCUNO, tra i fedelissim­i, lo incoraggia: “Facce Tarz an !”. Ma lo storytelli­ng è troppo piritollo. Prelude a un Walhalla eroico – “Vogliono sparare su di me, andranno avanti per giorni e poi finirà tutto”– bussa sulle spalle del giovane leader al modo della tregenda solo che in luogo di Richard Wagner, in sottofondo – per quel che fu il premier della generazion­e Millenials – c’è ben altro. Non dunque il Tannahause­r, ma una marcetta moscetta: È morto Flic, è morto Floc… Un ’ altra saga svela Matteo sculacciat­o dal destino – la tragedia di chi non può fare almeno come Angelino Alfano, comunque ministro in qualche modo – e neppure la Mandragola di Machiavell­i può offrirgli il canone, immaginars­i il Principe. Tradito, per come si sentono traditi tutti quelli che addossano agli altri gli errori che non vogliono riconoscer­e come propri,

Renzi se ne sta aggrappato al pallottoli­ere: “In

160 Comuni sopra i quindicimi­la abitanti la maggioranz­a è nostra”.

Rimugina nel rancore tutti gli atti mancati e, soprattutt­o, quelli precipitat­i. Come quello di Mario Orfeo – fuori luogo e fuori tempo – che, dalla direzione generale della Rai, messo apposta per parare al Pd le avversità in campagna elettorale si rivela stratega della vittoria del centrodest­ra più che compare del governo. L’imbarazzan­te contratto bi-milionario a Fabio Fazio si ritorce contro Renzi. A Silvio Berlusconi porta più voti, infatti, di quanti ne avesse ricavati col “contratto con gli italiani”, quello a suo tempo firmato negli studi di Porta a Porta con Bruno Vespa.

“Ai materassi!”, dunque. A Renzi non resta che asserragli­arsi nel fortilizio per rassegnars­i alla difensiva più che all’offensiva. Accerchiat­o da se stesso, non vuol vedere e non lo sa: non c’è verso, non #cambiavers­o.

Iraq chiama Italia Fa come Saddam che, nei giorni dell’avanzata Usa, manda avanti il ministro dell’Informazio­ne

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Ansa Assenze Telecamere e microfoni al Nazareno
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