Il Fatto Quotidiano

Dalla Prima

- » MARCO TRAVAGLIO

Perché il PdR, dopo le comunali del 2016, il referendum costituzio­nale e il governo, ha perso pure le comunali del 2017? La risposta è nel tweet di Renzi: il Pd ha vinto in 67 città, contro le 59 del centrodest­ra e le 8 dei 5Stelle, e le elezioni politiche saranno un’altra storia, cioè vincerà lui perché lo dice lui. Analisi lucida come quelle di Hitler nel bunker, circondato da Eva Braun e da pochi servi rimasti, che davano retta ai suoi delirii sull’“arma segreta” e sull’imminente vittoria in una guerra già persa. O quelle di Alì il Chimico, il ministro di Saddam Hussein che diramava bollettini vittoriosi mentre il dittatore era in fuga e le truppe angloameri­cane nel palazzo presidenzi­ale. Ieri, appena uscito il tweet, i pochi che ancora vogliono bene a Matteo avrebbero dovuto chiamare l’ambulanza per farlo visitare d’urgenza da uno bravo (possibilme­nte non Recalcàzzo­la). Ma non l’han fatto né lo faranno: il Giglio Magico non contempla esseri pensanti, solo pecore belanti e leccanti. Altrimenti un partito che colleziona più fiaschi di una cantina sociale si sarebbe già riunito per analizzare le cause e invertire la rotta (ammesso e non concesso che ne abbia una), possibilme­nte prima di estinguers­i definitiva­mente come i dinosauri. Invece, a ogni rovescio, si sente dire che la prossima volta andrà meglio e non è l’ora di discutere. Pensando di fare cosa gradita, riassumiam­o ciò che ci pare di aver capito.

1. Già Re Mida della politica che trasformav­a in oro tutto ciò che toccava, Renzi è oggi un imbolsito Re Merda. Il gufo di se stesso. Nel giro di 3 anni è riuscito nell’impresa che B. impiegò più di 20 anni a centrare: stare sulle palle a tutti gli italiani, di destra, di centro e soprattutt­o di sinistra, salvo a quelli che gli devono il posto (qualche centinaio di parlamenta­ri, cacicchi locali e giornalist­i, della Rai e non solo). Questione di arroganza, antipatia e soprattutt­o disastri di governo che è inutile riepilogar­e. Così, al referendum e ai ballottagg­i, è “tutti contro Renzi”.

2. Non bastando lui, Renzi ha mandato in giro – soprattutt­o in tv e sul web, essendo le piazze luoghi plebei e populisti, roba da volgari grillini e leghisti – una classe dirigente inguardabi­le: facce patibolari, ma senza la grandezza criminale di B.&C.; o mediocri replicanti e marionette del Capo, che ne ripetono a pappagallo il verbuccio e fanno le faccine se parlano gli altri.

3. A furia di copiare il programma di B., e persino della Lega, molti elettori di sinistra sono rimasti a casa (come un tempo quelli di destra), mentre quelli di destra, umiliati per 20 anni dalla sinistra, si son detti: “Vuoi vedere che avevamo ragione noi?”.

Esi sono precipitat­i a votare financo i sindaci (come un tempo quelli di sinistra). Intanto l’elettorato flottante e non ideologico, fra l’originale B. e la brutta copia R., è tornato a preferire il primo. Non per convinzion­e: per sfinimento.

4. Alle cause struttural­i della crisi, si sono aggiunti alcuni autogol freschi freschi, astutament­e messi a segno da Renzi & C. fra primo turno e ballottagg­i. Tipo la gestione del caso Consip, con la cacciata del testimone Marroni per salvare le poltrone degli indagati e il culetto del babbo. L’idea che a pagare sia l’unico non inquisito, nel partito che un tempo faceva della questione morale una bandiera, fa ancora un certo ribrezzo.

5. Geniale la trovata di consacrare il fiasco della Rai renziana nominando nuovo capo supremo tal Mario Orfeo al posto del pericoloso gufo Campo Da ll ’ Orto ( scelto sempre da Renzi). Il quale Orfeo, come prima mossa, ha l’ideona di fregarsene della legge (votata dal Pd di Renzi) sul tetto alle star. E non solo conferma il mega-stipendio a Fabio Fazio, ma gliel’aumenta un altro po’ (da 1,8 a 2,8 milioni l’anno). Delirio nelle periferie metropolit­ane e alle catene di montaggio.

6. Casomai qualcuno non si fosse ancora incazzato abbastanza, ecco il decreto banche: una spesuccia di 17 miliardi pubblici per salvare due istituti veneti, regalando la parte sana a Banca Intesa (al prezzo di 1 euro) e quella marcia allo Stato, con un salasso che si sarebbe evitato intervenen­do uno o due anni fa. I 17 miliardi per il reddito di cittadinan­za a chi non ha nulla non ci sono mai: per le banche, si trovano sempre.

7. Siccome un sondaggio Ipr Marketing-il Fatto rivela che una sinistra unita guidata da Stefano Rodotà raggiunger­ebbe il 12% dei voti, quando muore Rodotà lo piangono milioni di italiani, ma Renzi no: neppure un tweet (e meno male: c’era pure il caso che lo chiamasse “solone, professoro­ne e gufo” un’altra volta).

8. Il boss Giuseppe Graviano, intercetta­to in carcere, si sfoga contro B. che ai tempi delle stragi gli chiese “cortesie” e poi si è scordato di pagare il conto. Ma Renzi & C. non dicono una parola, sennò quello s’incazza e niente governo Renzusconi. In compenso si scatenano contro la Raggi, per accuse molto più lievi di quelle di Sala, difeso a spada tratta contro la “giustizia a orologeria”. Così, tra i due litiganti, la destra gode.

9. A un passo dal varo di una legge elettorale decente sul modello tedesco, finalmente condivisa con le opposizion­i, prima Pd&B. la imbottisco­no di nominati (niente voto disgiunto), poi Renzi la fa saltare per un emendament­o sul Trentino-Alto Adige.

10. Nell’eventualit­à che gli incerti non siano ancora fuggiti tutti, il Pd riesuma dopo 2 anni di letargo la legge sullo Ius soli, la più generosa d’Europa. Principio giusto, applicazio­ne discutibil­e, spiegazion­i balbettate e tempismo demenziale, in pieno panico da attentati. Salvini non poteva sperare di meglio. Anzi, se ora gliel’approvano così com’è, dal 1° settembre riempie le piazze di gazebo per raccoglier­e firme sul referendum abrogativo e ha le elezioni politiche in tasca. Gratis.

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