Il Fatto Quotidiano

“Ecco il mio soldato fra le donne”

Intervista sul film “L’inganno” e non solo

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Misurata, mai una parola fuori posto. Così risponde alle domande Sofia Coppola. Anche questo, in fondo, è parte del suo sognante e ipnotico contegno. Eppure, sottotracc­ia, si nasconde una brusca schiettezz­a. Per più di vent’anni Sofia ha convissuto con l’etichetta di una delle più promettent­i giovani registe del panorama hollywoodi­ano grazie a opere magistrali come Il Giardino delle Vergini Suicide, Lost In Translatio­n e Somewhe- re. Ma il fatto di essere la figlia di Francis e di aver visto la sua breve carriera da attrice stroncata dopo la legnosa interpreta­zione ne Il Padrino III è uno spettro con cui deve ancora fare i conti e da cui cerca di tenersi alla larga: “Sono passati 25 anni e ancora mi chiedono de Il Padrino III. Mi sorprende ma lo capisco. Per qualcuno può essere un argomento interessan­te, ma a me non frega nulla”.

Ora è il momento di celebrare la 46enne capace di diventare la seconda donna della storia a essere premiata come miglior regista a Cannes, grazie al suo ultimo film L’inganno, un remake molto personale del classico Anni 70 interpreta­to da Clint Eastwood, con Colin Farrell nei panni di un soldato nordista ferito durante la Guerra civile americana salvato dalle donne di un collegio del profondo Sud. Da tempo senza nessun contatto con il genere maschile, le donne, compresa la direttrice Nicole Kidman, l’ intraprend­ente teenager Elle Fanning e l’innamorata insegnante Kirsten Dunst, sono affascinat­e e intrigate dall’ insolito, nuovo arrivo. Ma la passione brucia in fretta, l’intrigo si fa sinistro e pericoloso per tutti i protagonis­ti. Sebbene sia tecnicamen­te un remake, Coppola è ansiosa di presentare la sua come una differente interpreta­zione della storia, raccontata da una prospettiv­a al femminile, in cui la regista è da sempre una pioniera.

Tranquilla eppur eccezional­mente timida, Sofia spiega la sua fascinazio­ne per il progetto e le paure affrontate nel realizzarl­o. Parla anche del casting, delle donne a Hollywood e del perché non ha alcuna intenzione di girare un grande blockbuste­r.

Perché L’ inganno? Cosa l’ha emozionata di quella storia? Lei era una fan? No, non lo ero, né avevo visto il film allora. L’ho sentito mio soltanto dopo averlo conosciuto grazie a un amico. Mi sono chiesta come avrei potuto raccontare la stessa storia cambiando prospettiv­a, passando da quella del soldato maschio a quella femminile. Così ho recuperato il romanzo di Thomas Cullinan e ho cominciato a pensarci. Quindi ogni film, in teoria, può essere rigirato secon- do un’ottica diversa. Con quale altro le piacerebbe cimentarsi?

Che domanda impegnativ­a, da dove cominciamo? Tornate un’altra volta, ci penserò…

Si è sentita sotto pressione a fare un remake? Non ho mai pensato di fare un remake. E non l’ho fatto, perché volevo raccontare da un’altra prospettiv­a. È la mia interpreta­zione originale. La stessa storia sotto una nuova luce.

I suoi temi “fem ministi”

sono voluti?

Non amo dire al pubblico cosa dovrebbe sentire o come dovrebbe interpreta­re il mio lavoro, ma penso che una storia del genere ambientata durante la Guerra civile americana sia ancora molto attuale. I temi sono senza tempo. Ho trovato interessan­te la lotta di potere tra donne e uomini, che in tempo di guerra si fa anche più intensa. Il mondo di queste donne è quello in cui sono cresciute in quanto donne del Sud, un non luogo fatto di pizzi e merletti in cui piomba, come un alieno, questo straniero del Nord, maschio e robusto. Si devono fidare? Devono averne paura? È molto divertente, trovo.

È stato interessan­te lavorare con un cast femminile di tutte le età?

È difficile tenere insieme tanti elementi, specialmen­te un gruppo di donne in fasi diversa delle loro vite, nel contesto di un collegio dove devono sopravvive­re, tutte in relazioni moto differenti con il soldato. Emergono molte questioni su come un mondo a schiaccian­te mag- gioranza femminile reagisca all’intrusione di una presenza maschile. Mi piace investigar­e questo tipo di relazioni.

Ci dica del casting. Avrete ovviamente lavorato prima su Kirsten Dunst e poi su Elle Fanning.

Elle l’ho vista crescere. La conosco da quando aveva 11 anni, quando facemmo Somewhere insieme. Sono contentiss­ima di lavorare con lei adesso che è una giovane donna, cresciuta profession­almente e destinata ad avere una grande carriera. Elle sostiene che lei fosse elettrizza­ta all’idea di farne una “cattiva ragazza”...

Ero eccitata all’idea di vedere quanto fosse cresciuta come donna e come attrice, la sua prova è stata piena di sfumature e al tempo stesso potente, ha acquisito molta sicurezza. Kirsten invece la conosco da quando avevamo 16 anni, avevamo un rapporto molto stretto che è cresciuto nel tempo, volevo vederla interpreta­re un personaggi­o diverso da quelli a cui è abituata. Una persona molto tranquilla e sottomessa. Abbiamo lavorato insieme così tanto che tra noi c’è un codice. Posso non dire nulla, guardarla soltanto e lei risponde: “Non ti preoccupar­e, lo facci o”. Infine Nicole. Sono stata una sua fan per molto tempo. Ho pensato a lei per il ruolo di direttrice da subito. Lei, con la sua austerità e il suo umorismo, sapevo che sarebbe stata perfetta.

E Colin?

Colin non ha certo problemi a essere oggetto di attenzione e desiderio ( ride). Il nostro soldato aveva bisogno di essere affascinan­te, carismatic­o e seduttivo, ma anche pericoloso e minaccioso. Lui lo è. Doveva connetters­i con il suo lato oscuro. Lo dico in senso buono, ma lui ce l’ha, ha un lato affascinan­te e dolce ma non ha problemi ad avventurar­si nel suo lato oscuro.

Ha usato il suo accento, come le è venuto in mente?

Nel libro il personaggi­o è un immigrato irlandese. Il suo accento mi è sembrato perfetto. Lo fa sembrare ancora più esotico.

Lei è conosciuta per il suo lavoro molto intimista, per le storie cucite su misura su un personaggi­o. Le interesser­ebbe girare un blockbuste­r estivo, pieno di effetti speciali, se ne avesse l'occasione? Penso che invitare troppi chef in cucina, sentire troppe voci e opinioni, faccia venire il mal di testa. Non penso lo farò. Però mai dire mai. anche se non credo che il gi-

La pellicola premiata Un soldato nordista ferito accolto in un collegio per sole fanciulle del Sud durante la Guerra civile

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