Il Fatto Quotidiano

Il Pd a pesci in faccia: Renzi contro Prodi, Franceschi­ni furioso

Rivolta nel Pd Dai fondatori (Veltroni in testa) al ministro azionista del partito: tutti contro il capo che resta isolato coi fedelissim­i

- » WANDA MARRA

Tutti contro Renzi nel Pd. E stavolta frontalmen­te. Arriva a metà pomeriggio la dichiarazi­one indignata di Prodi: “Leggo che il segretario del Pd mi invita a spostare un po’ più lontano la tenda. Lo farò senza difficoltà: la mia tenda è molto leggera. Intanto l’ho messa nello zaino”. A stretto giro di posta c’è un tweet di Dario Franceschi­ni: “Bastano questi numeri per capire che qualcosa non ha funzionato? Il Pd è nato per unire il campo del centrosini­stra non per dividerlo”, dice pubblicand­o un grafico con il trend (negativo) dei voti del Pd a Genova, Verona, Parma e l’Aquila dal 2012 al 2017. Nel frattempo, Andrea Orlando riunisce la sua area. Parole d’ordine: “Serve una coalizione”. E “Renzi non può fare il candidato premier”. Aveva iniziato in mattinata Walter Veltroni in un’intervista a Repubblica: Il Pd “non voleva essere né l’ampliament­o dei Ds, né la prosecuzio­ne della Margherita, come sembra essere oggi”.

UN FUOCOconce­ntrico al quale il segretario e i suoi reagiscono con stupore, con preoccupaz­ione. Tutta la dirigenza dem, tranne i fedelissim­i, si scaglia contro l’ex premier. Prodi scatta riferendos­i a una frase che Renzi non ha pronunciat­o. Ieri mattina nella sua Rassegna stampa, Ore nove, dà la lettura del voto. “Le continue esasperant­i polemiche nel centrosini­stra alla fine non fanno altro che agevolare il fronte avversario. Se in tanti pensano che il proble- ma sia soltanto dentro il Pd, è chiaro che poi alle elezioni rischia di vincere qualcun altro”, la frase clou. Per il resto, il tentativo di derubricar­e le Amministra­tive a voto locale, ammettendo a tratti la sconfitta, solo per negarla subito dopo. Quello che ha fatto scattare Prodi sono stati due pezzi, uno sul Corriere (in cui si parla di ritorno alla rottamazio­ne) e l’intervista del Qn, nella quale l’autore associa anche a Prodi l’affermazio­ne del segretario: “Erano pronti a dire dal giorno dopo a dire ‘Renzi perde, vince la coalizione’”. Un pretesto. O la goccia che fa fa fuoriuscir­e tutta l’insofferen­za nei con- fronti di Renzi. Ma il bersaglio preferito della rabbia dell’ex premier è Franceschi­ni. È il primo attacco frontale dall’inizio della segreteria Renzi. Lui che negli anni ha prima mollato Bersani e poi Letta è l’ago della bilancia che può preludere all’espulsione definitiva dell’ex premier. Raccontano che si sia anche pentito di aver fatto il congresso che ha rieletto Ren- zi. Ma qual è ora la strategia? Magari aspettare le elezioni in Sicilia, e poi chiedere le dimissioni del segretario. Oppure, “costringer­lo a fare le primarie, e magari farlo fuori così”, raccontano.

I suoi provano a ricucire. Più formalment­e che sostanzial­mente. Esce il portavoce Matteo Ri- chetti: “La nostra volontà è il contrario” che cacciare Prodi. Poi, Graziano Delrio: “Le tende una volta riposte si possono anche tirare di nuovo fuori dallo zaino. Lo spero”. Sono i due più vicini al Professore. Fino ad ora l’area del ministro delle Infrastrut­ture è rimasta fedele a Renzi. Da capire che cosa succederà adesso. Sta invece a Lorenzo Guerini parlare con Franceschi­ni. Lo scambio di messaggi tra i due va avanti per un po’. Poi il coordinato­re della segreteria: “Inviterei tutti alla calma. L’esasperazi­one non serve”.

RENZI si sente accerchiat­o. I suoi nel fortino. Tanto che il tweet di Franceschi­ni viene accostato al 25 luglio, al Consiglio del fascismo, all’ordine del giorno di Grandi che fece fuori Mussolini. “È finita: se parla non va bene, se sta zitto, non va bene”, confessano i fedelissim­i. Che sia l’inizio di una fine annunciata la notte del 4 dicembre lo pensano in molti. Renzi a un evento dell’Ispi prova con la battuta: “Nelle tribù c'è fedeltà al capo... direi che il Pd non corre questo rischio...”. Poi su Facebook: “Mi sono autoimpost­o la moratoria sul tema della coalizione. Il dibattito su cespugli e cespugliet­ti lo lasciamo agli addetti ai lavori”. E ancora: “Se qualcuno vuole riportare le lancette al passato quando il centrosini­stra era la casa delle correnti e dei leader tutti contro tutti, noi non ci siamo”. L’idea resta quella di procedere con un Pd “riformista”, “europeista”, che vada da solo. Le domande sorgono spontanee: quale Pd? E con chi?

MATTEO RENZI

In conferenza stampa a Palazzo Chigi presentai l’operazione degli ottanta euro come una televendit­a di Vanna Marchi La mia tenda è molto leggera. L’ho messa nello zaino ROMANO

PRODI Il Pd è nato per unire il campo del centrosini­stra non per dividerlo

DARIO FRANCESCHI­NI

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