Il Fatto Quotidiano

Cosa fare per questo Paese? Dare sempre il meglio di sé

- » PETER GOMEZ

La domanda arriva puntuale al termine di ogni conferenza. Che tu abbia parlato di corruzione, di politica o di economia c’è sempre qualcuno tra il pubblico che si alza e chiede: “Ma allora, se la situazione è questa, noi che cosa possiamo fare?”. In genere gli altri presenti annuiscono: sentirsi raccontare per due ore come negli ultimi 30 anni destra e sinistra abbiano finito per mangiarsi il Paese scuote gli animi. Di fronte ai dati, alle storie di riforme sbagliate o mancate, davanti alla ricostruzi­one puntuale dei mali che affliggono questa povera Italia i cittadini, come è logico che sia, provano un senso di impotenza. Lo stesso sentimento che, probabilme­nte, ai ballottagg­i delle ultime elezioni amministra­tive ha spinto il 60 per cento degli elettori a non votare o annullare la scheda.

Così, quando per niente inattesa arriva la domanda, chi scrive di solito risponde ricordando il Mahabharat­a, un poema indù che narra la guerra tra due famiglie: i Kaurava e i Pandava. Un poema epico, originalme­nte scritto in sanscrito, che ha sentito citare per la prima volta, tanti anni fa, in un’int ervi sta dall’ex pm di Mani Pulite, Piercamill­o Davigo.

Uno dei protagonis­ti del Mahabharat­a è Arjuna, uno straordina­rio soldato, considerat­o il miglior arciere della sua epoca. Arjuna ha il cuore straziato dallo scontro tra le due famiglie. Non sa chi ha torto e chi ha ragione. È fratello dei Pandava, ma è anche cugino e maestro dei Kaurava. Non sa da che parte schierarsi. Quando vede parenti e amici sul campo di battaglia destinati alla morte, vorrebbe incrociare le braccia. Teme le conseguenz­e delle sue azioni, ha paura di ottenere risultati opposti rispetto agli ideali che lo animano. E allora chiede a Krishna che cosa deve fare. Krishna, che guida il suo carro, gli dice “Arjuna tu che cosa sei?”. “Un guerriero” risponde l’eroe. “E qual è il dovere di un guerriero?”. “Combattere”,

“Ecco, allora tu combatti. Non deve importarti nulla se vinci o se perdi, se sei dalla parte giusta o se sei da quella sbagliata. Meno che mai ti deve importare di quali saranno le conseguenz­e delle tue azioni perché a te non compete governare il mondo. A te compete solo, come a ogni altra creatura, di fare al meglio delle tue capacità quello che ti è toccato in sorte di fare: gli dei guideranno il mondo”.

Ovviamente nessuno di noi può sapere se realmente gli dei governino il mondo. Ma per tutti può e deve essere chiaro che se davvero ciascuno di noi ogni giorno dà il meglio di sé nelle cose che per scelta o ventura si ritrova a fare, il mondo alla lunga diventa un posto migliore. Se ci pensate scoprirete che il discorso vale per tutti. Anche per chi non fa quello che vorrebbe fare, ma lotta per poterlo fare. Non è un caso che proprio un grande leader indiano, come il Mahatma Gandhi, abbia sintetizza­to in un’unica frase la possibilit­à che ciascuno di noi ha di influire sulla realtà che lo circonda: “Sii il cambiament­o che vuoi veder realizzato nel mondo”. Un concetto che invita all'impegno in prima persona. A non gettare mai la spugna, in omaggio al nostro essere uomini e donne. Per questo quando, sempre più spesso, si sente chiedere “noi cosa possiamo fare?” chi scrive cita Gandhi e il Mahabharat­a , assicurand­o che da parte sua continuerà a fare quello che sa fare: il cronista. Perché raccontare senza infingimen­ti ciò che accade di questi tempi significa contribuir­e a scegliere e pensare. Un diritto, ma anche un dovere, che tutti ci accomuna.

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