Latorre: “Siamo al limite, ma niente blocco ai porti”
Il presidente della commissione Difesa del Senato: “Adesso l’Europa deve risolvere”
Presidente Nicola Latorre, l’Italia chiuderà davvero i porti alle navi di ong battenti bandiera straniera violando leggi e trattati internazionali?
Non si tratta di chiudere i nostri porti, ma di mandare le navi non battenti bandiera italiana e che non fanno parte di missioni internazionali nei loro porti di appartenenza.
Stiamo parlando ancora delle ong?
Sì, di ong spagnole, tedesche, francesi e maltesi.
Quindi non si tratta di bloccare le imbarcazioni in acqua, non si tratta di fermarle anche con le armi?
No, per carità, si tratta solo di orientarle verso i loro porti.
Non con le armi?
No, non si bloccano con le armi. Semplicemente funziona così: quando la ong spagnola chiede l’autorizzazione per il salvataggio gliela si concede; quando chiede dove portare i migranti salvati la Guardia costiera italiana si prende trenta secondi prima di rispondere per contattare i colleghi spagnoli e, invece di indicare il porto di Pozzallo, alla ong spagnola a quel punto ne viene indicato un approdo in terra di Spagna. Crede che Bruxelles e le cancellerie degli Stati europei accetteranno questa soluzione?
Ho la sensazione che questa proposta sarà valutata favorevolmente, sì. Anche perché se continua così fra quindici giorni scoppiamo. Vanno elaborati comunque dei criteri che consentano di alleggerire la situazione dell’Italia.
Se, invece, Bruxelles rispondesse picche alla proposta italiana?
Se l’Unione europea si prenderà la responsabilità di bocciare questa proposta avanzata dal governo Gentiloni vorrà dire che avrà pronte altre soluzioni. E qualsiasi altra soluzione, se praticabile, va altrettanto bene. Anche perché il problema per noi non è solo la quantità dei migranti che arrivano sulle nostre sponde.
A cos’altro si riferisce? Alla frequenza con cui questo fenomeno avviene. L’e- state è appena cominciata, le forze di polizia in questo modo non hanno neppure il tempo di fare le loro verifiche travolte da uno sbarco dopo l’altro. Verifiche sanitarie, delle identità, delle nazionalità... è una mole di lavoro immensa e l’Italia non può più farvi fronte da sola. L’ipotesi di riaprire la rotta balcanica non si può prendere in considerazione?
È un’altra decisione che spetterebbe all’Unione eu- ropea, ma è improbabile che una soluzione del genere in questo momento possa essere presa in considerazione: l’accordo con la Turchia di Recep Erdogan è ancora vincolante e non è all’ordine del giorno una discussione. E, comunque, non basterebbe, perché dal corridoio libico in questo momento passa gran parte della migrazione in atto.
Il caos libico rimane il problema. Com’è la situazione in questo momento? Stiamo continuando, anche come commissione Difesa del Senato, a incoraggiare l’Unione europea nell’investire maggiori risorse per rendere vivibili i campi profughi in territorio libico. Chiediamo la presenza dell’Unhcr, l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati, in ogni campo profughi per verificare il rispetto dei diritti umani. Per lo stesso motivo il governo italiano ha raggiunto accordi con le tribù del Fezzan. L’Italia sta giocando un ruolo attivo in Libia?
A parte gli accordi con il governo tripolino di Fayez al-Sarraj abbiamo un discorso aperto anche con il generale Khalifa Haftar per la Cirenaica: non è escluso, con le dovute garanzie di sicurezza, che dopo l’ambasciata a Tripoli si riesca a breve ad aprire anche un consolato italiano a Bengasi.
I rapporti tra Italia e Libia nelle acque del Mediterraneo non sono sempre stati idilliaci in questi mesi, non è forse vero? C’è una soluzione?
Stiamo supportando la nascita della nuova Guardia costiera libica che abbiamo formato noi e alla quale abbiamo consegnato le prime motovedette: l’inizio del loro lavoro è incoraggiante. Quelle precedenti non si capiva se rispondessero ai governi o agli scafisti.
Abbiamo aperto un canale di discussione con Haftar per la Cirenaica QUESTIONE
LIBICA IL CORRIDOIO BALCANICO RIMANE SBARRATO
È improbabile che possa essere ridiscusso in questo momento l’accordo già sancito con la Turchia del presidente Erdogan Chi è Nicola Latorre, nato a Fasano (Brindisi), classe 1955, avvocato, è presidente della commissione Difesa del Senato
Carriera
È in Senato dal 2005, eletto all’epoca con i Democratici di sinistra Nel 1972 era già iscritto alla Fgci, la giovanile del Pci