Il Fatto Quotidiano

La ragazza della via Gluck che difende il campetto dai palazzi della Finanza

Elisabetta Pellarin scrive al sindaco di Milano: “Salvi lei il fazzoletto di terra vicino via Padova”

- » NANDO DALLA CHIESA

Una lettera aperta al sindaco Giuseppe Sala, che mi giunge per conoscenza. Una firma, Elisabetta Pellarin, che mi giunge da anni lontani. Il nome di un oratorio che mi giunge dalla memoria di inutili, piccole battaglie parlamenta­ri. E una storia assurda di degrado che si mangia un pezzo della Milano nord, ai bordi della celebre via Padova, per la quale si invoca più socialità e intanto si distrugge quella che c’è. Dentro questa storia sta lei, Elisabetta Pellarin, una signora che non vuole abbandonar­e il ring su cui l’hanno portata vicende dissennate e l’amore antico per il suo quartiere. Ci combatte, appunto, da una dozzina d’anni. Con tenacia fino allo sfinimento, senza mai perdere il suo stile. Puntuale, gentile, implacabil­e. Cambiano le amministra­zioni, passano Moratti e Pisapia, passa Expo, e lei è ancora lì, a battersi per i campi della parrocchia di San Giovanni Crisostomo. Un grande fazzoletto di felicità che per oltre quarant’anni ha visto generazion­i di bambini, ragazzi, scout, giocare su campi di calcio attrezzati, regolament­ari, in una festa perenne, come dice lei, “dell’integrazio­ne e dell’edu- cazione alla vita”. E che ora non c’è più. Roba da Adriano Celentano e da ragazzo della via Gluck.

“VUOL SAPERE qual è la situazione? Purtroppo quella che avevo previsto subito. Incredibil­e. Sloggiata per sempre la gioia dei piccoli e dei grandi. Erbacce alte e incolte, rete di recinzione divelta, fili stesi di indumenti di qualche disperato che proprio lì ha trovato giaciglio, accanto a orride palazzine, praticamen­te mai finite e già in malora, costruite dal proprietar­io di cui le dirò tra un attimo, in questi anni rarissimam­ente abitate, e anzi già imbalsamat­e in ponteggi e teli scuri per ristruttur­azioni”.

Facciamo dunque girare la pellicola all’indietro. È il maggio del 2005 quando al popolare parroco don Piero Cecchi – per tutti “Donpi” – giunge una raccomanda­ta del colonnello della Guardia di Finanza Gianni De Gaudenz che intima nel giro di pochi giorni lo sgombero dei campi. Motivo: su quei terreni, proprio lì, la Guardia di Finanza ha deciso di edificare palazzine, magazzini per mezzi militari, e altri manufatti ancora. Indispensa­bili. Irrinuncia­bili. Occorre partire subito, la cittadella militare sarà un’iniezione di sicurezza per il quartiere. La parrocchia si mobilita immediatam­ente attorno a don Piero: i contatti con il Comune e il prefetto Ferrante sortiscono una proposta di buon senso per la Finanza: ci lasciate i terreni di via Padova, che fanno tutt’uno con la vita quotidiana del territorio, e noi vi diamo in cambio altri terreni buoni su cui costruire. “Inutile. Come parlare al muro”, racconta la dottoressa Pellarin, laurea in matematica e una cultura tra astrofisic­a e storia dell’arte. “Il Demanio dello Stato, afferma il colonnello, deve mettere a valore le sue proprietà. Sì, proprio lì sopra”. Si susseguono incontri su incontri nel corso degli anni, anche con il nuovo prefetto Lombardi. Sposano la causa di San Giovanni Crisostomo alcuni parlamenta­ri. Il cardinale Tettamanzi si dice perfino disponibil­e a pagare penali per la ditta già coinvolta nei lavori. Alla fine di un’estenuante trattativa e innu- merevoli articoli su quotidiani l’area viene dimezzata. E “in tempi epici vi vengono costruiti nessun magazzino e due palazzine”. Tanto che nel 2012 il Comune diffida lo Stato per quella situazione a un passo dalla fatiscenza.

NEL FRATTEMPO, nel 2009, è giunta la nuova intimazion­e a lasciare anche la parte dimezzata. A nulla servono le implorazio­ni. L’amato “Donpi” deve abbandonar­e la parrocchia per raggiunti limiti di età e il nuovo parroco ritiene, con una buona dose di idealismo, che "il campo è il mondo”. Così la sorte dei campi – quelli veri in terra battuta di via Padova, abitati fino ad allora da tutte le etnie che corrono dietro ad un pallone – è segnata per sempre. Nel 2016 lo sgombero è definitivo. Si dice che costruiran­no anche lì sopra. E ora? “Ora ci resta la nostalgia di quando la giunta Pisapia prese coscienza dello scandalo delle cosiddette villette fantasma di via Padova e diffidò governo e Finanza. Ma ci pensa? Sei anni per costruire quegli ‘indispensa­bili’ alloggi, già in disfacimen­to; ma un attimo, una raccomanda­ta, per scacciare definitiva­mente chi conservava diligentem­ente, con cura amorevole, i campi per un bene comune e superiore”. Ecco perché ha scritto al sindaco Sala questa ragazza della via Gluck che dalla sua via Gluck non èmai partita. Perché i sogni, quando sono realtà, non si cacciano. È peccato.

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Laureata in Matematica Elisabetta Pellarin

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