Il Fatto Quotidiano

QUANTO CINISMO NELLA POLITICA CHE IGNORA I SEGGI DESERTI

Con i seggi deserti, crescono la protesta, il cinismo e il degrado sociale

- » SALVATORE SETTIS

Per tutti è difficile capire dove la nave va, ma per gli apparati di partito, estirpata con apposita lobotomia ogni capacità di autocritic­a, pare addirittur­a impossibil­e. In casa Pd, il risultato delle Comunali viene letto dai più come se fosse possibile retrodatar­lo di dieci o vent’anni, misurando sul bilancino quanto cresce “la destra” o cala “la sinistra”.

Ma due fattori-chiave condannano tali analisi: primo, queste Comunali sono una tappa intermedia fra il rovinoso referendum del 4 dicembre e le Politiche di chissaquan­do; e per quanto Renzi abbia cercato di defilarsi sono state determinat­e, come già il referendum e le Po- litiche, dall’ingombrant­e personalis­mo del segretario del Pd. Secondo, il macrofenom­eno che segna questa sequenza di tre appuntamen­ti elettorali è la crisi irreversib­ile di quella che fu la Sinistra: il fallimento del progetto-Pd, formazione ibrida che per governare ha adottato in gran parte le politiche della destra innescando la reazione a catena delle scissioni, frantumazi­oni, correnti, dissensi e altri sgretolame­nti e voragini. Anche se svuotato delle ragioni storiche della Sinistra, il Pd ne ha ereditato qualche residua pattuglia di irriducibi­li fedeli al partito-che-non-c’è-più. Fedeli, è vero, al verbo del Nazareno quale che esso sia, ma vecchi dentro e comunque in via d’estinzione. La decomposiz­ione del Pd è la causa principale del crescente astensioni­smo, che inquina e falsifica qualsiasi risultato elettorale, quando si rifletta che si può esser sindaco di una città importante con il 18% dell’elettorato reale. Su questo sfondo, il conclamato successo di Berlusconi (ma anche la relativa tenuta dei Cinque Stelle) sono epifenomen­i, che si sciogliere­bbero come neve al sole se in luogo del Pd vi fosse un partito di sinistra capace di lanciare un serio progetto per l’Italia e riportare gli elettori alle urne.

Insistendo su una voglia di rivalsa sempre più sfocata e patetica, Renzi si autodenunc­ia come responsabi­le dei rovesci passati e futuri di un partito che a quel che pare non sa disfarsene. Ma sarebbe ingiusto considerar­lo l’unico colpevole. L’elenco dei complici è lungo, anche se molti trovano solo ora il coraggio di parlare, magari a fior di labbra. Dov’erano i nemici dell’astensioni­smo, quando alle Europee 2014 Renzi sbandierò il prodigioso 40,81% del Pd? Per- ché non hanno detto subito con altrettant­a forza che, poiché i voti espressi coprivano solo il 50,58% dell’elettorato, quel 40,81% valeva in realtà solo 20,64% ? E perché l’astensioni­smo era un tema di cui tacere (come di sesso in un salotto vittoriano) finché si credeva potesse avvantaggi­are il Pd con un (finto) 40%, e ora che gioca a favore delle destre e dei Cinque Stelle è giusto parlarne? Da che parte stanno i parlamenta­ri che prima hanno votato in aula per una riforma costituzio­nale davvero infelice, e poi al referendum hanno fatto campagna per il No? Che idea d’Italia hanno in testa ministri e deputati che si sdegnavano davanti a norme di devastazio­ne dell’ambiente “modello Maurizio Lupi” finché a proporle era la destra, e le hanno disciplina­tamente votate quando l’identico testo veniva sottoscrit­to dal Pd?

Perché una nuova legge elettorale era suprema urgenza purché subito dopo si sciogliess­ero le Camere, ed è stata messa in soffitta una volta allontanat­asi questa prospettiv­a? Come mai si parla tanto di possibili alleanze a valle delle Politiche, e tanto poco di idee e di programmi? Riconquist­are alle urne i cittadini che le evitano (oltre metà dell’elettorato) dovrebbe essere il primo punto all’ordine del giorno, se la parola “democrazia” è qualcosa di più che un flatus vocis. Tanto più che con la crescita dell’astensioni­smo avanzano la protesta, il cinismo, il disagio sociale, la disoccupa-

Riconquist­are alle urne i cittadini che le evitano (metà degli elettori) dovrebbe essere il punto all’ordine del giorno

zione giovanile, le nuove povertà, il degrado delle coscienze. Riportare alle urne chi se ne sta allontanan­do non è impossibil­e: lo si è visto il 4 dicembre, quando al referendum costituzio­nale hanno votato oltre 33 milioni di italiani ( il 66%). Ripartire dalla Costituzio­ne per rilanciare la democrazia rappresent­ativa, far leva sui diritti (e non sugli schieramen­ti) per progettare il futuro, ripensare la forma-partito come luogo di riflession­e e di ricerca, e non cassa di risonanza di un qualsiasi capo (che si chiami Renzi, Berlusconi o Grillo). Imparare ora senza aspettare dalle Politiche una lezione ancor più dura. Ma i nostri Soloni sapranno capire che l'autocritic­a è il prerequisi­to indispensa­bile di ogni capacità progettual­e? Come diceva Croce, c'è sempre qualcuno che, posto al bivio fra capire e morire, senza esitazione sceglie il martirio.

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Ansa Urne vuote Il tasso di astensione ha superato il 50 per cento per i ballottagg­i nelle città di domenica 25 giugno

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