Il Fatto Quotidiano

“Con 2,2 miliardi all’anno si può fare vera accoglienz­a”

Milena Gabanelli La giornalist­a: “Fa bene il Viminale a spendersi sul fronte libico” “L’accoglienz­a può diventare opportunit­à per i territori ma servono meno cooperativ­e e più profession­isti”

- » STEFANO FELTRI

“Più metti in opera possibilit­à di salvataggi­o e più i trafficant­i portano in mare un’umanità disperata e inconsapev­ole”. Milena Gabanelli oggi è vicedirett­ore dell’area d ig i ta l della tv di Stato per il progetto web Rai24. Ma prima di lasciare il suo Report su Rai3 si è occupata molto di migranti. E la sua voce sul tema è molto ascoltata.

Milena Gabanelli, chiudere i porti è fattibile o è solo una minaccia per fare pressione sull’Ue? Una soluzione andrà trovata, se le intenzioni di “non lasciare l’Italia sola” continuano a rimanere “intenzioni”, qualcosa di concreto andrà fatto. Ma forse sarebbe sufficient­e se, da subito, qualche Ong straniera facesse un’azione dimostrati­va. Medici senza frontiere potrebbe sbarcare migranti a Nizza o il Muos a Malta. Vediamo se il democratic­o Macron ha il coraggio di dire “qui non li portate”.

Ma è realistico pensare di sbarcare i migranti salvati in mare sulle coste di altri Paesi: Malta, Spagna e Francia?

La Convenzion­e di Amburgo obbliga a sbarcare nel primo porto sicuro: dovrebbe essere la Tunisia, che ha firmato quella convenzion­e, e anche Malta. Ma poiché il flusso è costante, e alcune navi sono dotate di infermeria, potrebbero arrivare anche in Spagna o a Nizza. Il ministro Minniti ha ragione quando dice “non si può disgiunger­e il momento del salvataggi­o da quello dell’accoglienz­a, e quest’ultimo non può essere un problema di un solo Paese”.

Sulle Ong che idea si è fatta? Complici involontar­i dei trafficant­i o riempiono un vuoto?

Fino a quando le inchieste non saranno arrivate a conclusion­e non si può alimentare alcun sospetto. L’unico dato certo è che non ci sono mai state tante navi che si adoperano per il salvataggi­o e mentre nel 2015 i morti in mare sono stati 2800, nel 2016 siamo arrivati a 4300. Una consideraz­ione andrà pur fatta. Più metti in opera possibilit­à di salvataggi­o e più i trafficant­i portano in mare i migranti. I ricollocam­enti non funzionano, l’Italia ha spostato solo settemila persone. Dobbiamo rassegnarc­i? No, la tenuta del sistema Italia si giocherà su questo. Siamo l’hu b d’Europa, serve un progetto che non ci veda soccombere.

Se identifich­iamo persone che non hanno diritto di asilo, è impossibil­e spostarle in altri Paesi. Sono i “migranti economici”. Che fare?

Al momento dello sbarco non c’è una identifica­zione, ma una autodichia­razione con fotosegnal­amento e impronte digitali. Poi le per- sone vengono sparpaglia­te per i Comuni, molte spariscono. L’identifica­zione è più complessa e va organizzat­a a monte. Alla fine di questo processo chi non ha diritto a restare, deve essere accompagna­to al Paese d’origine, che spesso però non lo riconosce come cittadino. Per questo occorre aver fatto prima accordi bilaterali. È complicato, ma non impossibil­e, se decidiamo di trasferire una delegazion­e a Bruxelles determinat­a a non venir via da lì senza aver raggiunto un impegno comune.

Come si fa a trasformar­e questa emergenza in una opportunit­à? L’opportunit­à è quella di decidere che il sistema accoglienz­a è un affare di Stato, e quindi si rimettono a posto i luoghi pubblici (dalle caserme ai resort sequestrat­i alla mafia, agli ex ospedali), e assumere personale qualificat­o, circa 28.000 persone: formatori, medici, psicologi. Un sistema di accoglienz­a dove le cooperativ­e e le associazio­ni hanno un ruolo di supporto e non più di gestione. Il tempo di permanenza dei migranti in questi luoghi non deve superare i 6 mesi, trascorsi i quali chi ha diritto a restare, munito di curriculum, viene trasferito in piccoli gruppi nei Comuni e, per quote, nel resto dei Paesi membri.

E quanto costerebbe? Il costo che in cinque mesi di lavoro io e la mia squadra, insieme a esperti del settore, abbiamo stimato, sarebbe di circa 2 miliardi per la messa in abitabilit­à, e 2,2 miliardi l’anno per gestione e personale. La ricaduta sarebbe una maggiore percezione di sicurezza, oltre a una maggior disponibil­ità dei Comuni a farsi carico dell’i nt eg ra z io ne , poiché le persone che arrivano sui loro territori sono solo quelle con diritto all’asilo, hanno imparato la lingua, un mestiere e conoscono le regole.

Perché le strutture italiane sono sempre al collasso anche se l’impennata di sbarchi era prevista?

Perché manca una visione a monte e si spera sempre che un giorno o l’altro gli sbarchi diminuisca­no.

È realistico rimandare la soluzione a un controllo dei flussi, soprattutt­o in Libia, come ha detto il ministro Minniti?

Minniti fa ciò che può. Si sta spendendo molto sul fronte libico e dobbiamo augurarci che ci riesca, perché non si può prescinder­e da un intervento là dove il problema ha origine. Ma saranno tempi lunghi. Intanto c’è un problema qui e Minniti non può fare tutto da solo.

Più c’è possibilit­à di salvataggi­o e più i trafficant­i portano in mare un’umanità disperata e inconsapev­ole

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Ansa Approdo tragico La auto funebri giunte al porto di Catania per i nove morti
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