Il Fatto Quotidiano

Il Csm lascia senza vertice il Tribunale delle acque

Il Tar del Lazio ha bocciato la proroga “immotivata” del presidente uscente deliberata dal plenum del Consiglio superiore della magistratu­ra: “Continuità non necessaria”

- » ANTONIO MASSARI

Per comprender­e la delicatezz­a del ruolo incarnato dai giudici del Tribunale superiore delle acque, sono sufficient­i due episodi. Giorni fa, la Procura di Venezia, nel processo per le tangenti intorno al Mose – il sistema di paratie mobili che dovrebbe proteggere la città dall’acqua alta – ha chiesto una condanna per quattro anni all’ex magistrato Maria Giovanna Piva. A marzo, l’ex presidente del Tribunale delle acque veneziano, Patrizio Cucciolett­a, che secondo l’accusa avrebbe ricevuto mazzette per chiudere un occhio sulle procedure legate al Mose, è stato condannato dalla Corte dei Conti a pagare 2,7 milioni per risarcire lo Stato sia per danno d’immagine sia per danno da disservizi­o.

EBBENE, il Tribunale superiore delle acque – che soprintend­e in appello otto tribunali regionali che si occupano dell’acqua pubblica – è senza presidente. Il motivo? Il plenum del Consiglio superiore della magistratu­ra, nel nominare il suo presidente – o meglio, nel prorogare l’incarico – ha prodotto un atto nullo. La nullità è il vizio più grave tra gli atti amministra­tivi. Quel che sorprende è che, all’interno del plenum (per ciò che risulta al Fatto), nessuno abbia rilevato il pericolo della nullità e, anzi, la nomina sia passata all’unanimità. Il 23 novembre 2016 il Csm delibera “la proroga del trattenime­nto in servizio” del presidente Antonio Segreto. Il Consiglio estende al Tsap la proroga, decisa per decreto dal governo Renzi, che riguarda “i magistrati con funzioni apicali, direttive superiori o direttive presso la Corte di Cassazione e la Procura generale, che non avevano compiuto 72° anno di età al 31 dicembre 2016 e che dovevano es- sere collocati a riposo nel periodo compreso fra la medesima data e il 30 dicembre 2017”. È quello che viene soprannomi­nato “decreto Canzio”, dal suo primo beneficiar­io, Giovanni Canzio, prorogato alla presidenza della Cassazione. Il Csm decide di trasformar­lo in una sorta di decreto Segreto, poiché proroga anche l’incarico del presidente del Tsap, salvo incappare nel ricorso di Sergio Di Amato che s’era candidato alla presidenza del tribunale.

E pochi giorni fa la prima sezione del

Tar Lazio, con il provvedime­nto dei giudici Roberta Cicchese e Carmine Volpe, gli ha dato ragione: la proroga di Segreto è stata annullata. Il motivo?

La proroga prevista dal “decreto Canzio” riguarda la “continuità” per gli “incarichi apicali, direttivi superiori e direttivi presso la Cassazione e la Procura generale della Cassazione”. E il Tsiap non è assimilabi­le alla Cassazione. Circo- stanza che, se venisse confermata anche dal Consiglio di Stato, al quale verosimilm­ente giungerà la pratica, sarebbe singolare: come può il Csm – l’intero plenum – incorrere in un simile errore? La “continuità” è legata “alle molteplici iniziative di riforma intraprese per la definizion­e dell’elevato contenzios­o ivi pendente”. Si proroga l’i nc a r ic o per consentire di ultimare il gravoso lavoro di riforma pendente (in Cassazione). E il Tar segnala che, questa necessità, per il Tsap, non si pone affatto. E anche questo “dettaglio” è sfuggito al plenum del Csm. Risultato: il Tar annulla la proroga dell’incarico al presidente Segreto. E il Tribunale superiore delle acque è senza un presidente effettivo. Che il Csm, in uno dei suoi compiti più delicati riuscisse a produrre un atto nullo, e per di più all’unanimità, forse non s’era ancora mai visto.

Scandali

Due ex membri sono coinvolti in un giro di mazzette nella vicenda del Mose

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