“Deriva pericolosa: se non sei curabile vieni soppresso”
“Sono molto preoccupata per l’indifferenza europea sul caso Charlie Gard. In Italia c’è stata molta più partecipazione”. A dichiararlo è Marina Corradi, inviata ed editorialista del quotidiano Avvenire.
Cosa intende per indifferenza europea?
È una deriva pericolosa quella che abbiamo davanti. Sono rimasta colpita dalla voce unanime dei tribunali inglesi e della Corte europea nell’emettere la loro sentenza, nonostante ci siano due genitori che si oppongono a questa decisione che riguarda la vita di loro figlio. Lei non è d’accordo quindi con il parere di medici e giudici?
Non ritengo ci sia accanimento terapeutico, perché il piccolo Charlie è un bambino che non si trova in stato di morte cerebrale visto che lo mantengono idratato e nutrito. È un bambino di dieci mesi, affetto da una rarissima malattia che lo tiene attaccato a delle macchine. Eppure la scelta della morte mi risulta impensabile. Quindi lei, come i genitori del bambino, ritiene possibili ulteriori cure? Se passa il concetto del “non è curabile”, ovvero: soffri troppo, non possiamo guarirti quindi è meglio la morte, allora mi viene da pensare a tutti quei malati gravi, oppure alle persone affette da gravi handicap e con zero miglioramenti. Ma l’aspettativa di vita del bambino non è così lunga.
Credo che il problema principale sia economico. Quelle persone, an- che se con nessun margine di miglioramento vengono accudite e curate nel corso della loro vita, senza scelte obbligate che riguardano la morte. Altrimenti, come ho detto, la deriva che ci aspetta rischia di essere pericolosa.
Si spieghi meglio.
Sta passando il concetto che se non ci sono possibilità di guarigione, allora si è ‘sopprimibili’, ecco perché faccio l’esempio dei malati gravi. Mi viene da pensare a quando saremo malati e anziani noi: se il criterio valutativo sarà questo non oso immaginare il futuro che verrà a questo punto.
Tutta una valutazione economica e di riuscita della terapia? Temo di sì, e che il nodo centrale della questione sia economico: forse valutano le possibilità di riuscita della cura ed in questo caso ritengono siano troppo poche, o che non ce ne siano affatto da poter tentare. Ma così si impedisce il naturale decorso della vita del bambino, anche se breve.
In Italia il caso del piccolo Charlie ha colpito molto.
Sì, in Italia c’è stata molta più empatia e di conseguenza, dai social ai giornali, il caso ha acquisito rilevanza.
Tutto questo alla fine ha influito sulla scelta dei medici?
Si è scatenata una vera tempesta sui social che probabilmente ha risvegliato i giornali, quindi credo di sì: non escluderei la possibilità che i fari puntati sulla questione abbiano influito sulla decisione di attendere ancora.
Sono rimasta molto colpita dalla voce unanime dei tribunali inglesi e della Corte europea, nonostante ci siano genitori che si oppongano a questa decisione che riguarda la vita di loro figlio