Il dovere dell’accoglienza: anche nella Bibbia l’ospite deve essere sacro
È,abitualmente, la pagina del Vangelo il punto di riferimento nel commento ai testi biblici della liturgia domenicale. Questa volta è tratta dal Vangelo secondo Matteo 10, 37-42. Si tratta di un brano dove potrebbero distinguersi due parti. Nella prima sono indicate le esigenze del discepolato di Gesù. Sono passaggi molto severi, proclamati senza mezzi termini e tali da escludere mezze misure. Si tratta di vere e proprie alternative, che il discepolo deve mettere in conto.
IN UNA SOCIETÀ dove i legami della famiglia e del clan sono ritenuti determinanti, al di sopra di essi Gesù pone l’adesione alla sua persona. Il che, per un cristiano dovrebbe valere ancora oggi, per quanto vincoli d’interessi economici, o di profitto, o di carriera, o di partito, o di gruppo… potrebbero essersi sostituiti a quelli affettivi. Gesù, insomma, per quanto ciò possa apparire paradossale, non è venuto a metter d’accordo tutti in modo che poi ciascuno possa alla fin fine trovare il proprio interesse. Egli, anzi, parla di uomini e donne liberi da compromessi, al punto da esser capaci di compromettere se stessi: ossia di mettersi in gioco, da uomini liberi e capaci di offrirsi. Sotto questo aspetto la pagina del Vangelo ha un riscontro nelle parole che anche oggi sono proposte dalla Lettera di san Paolo ai Romani: “Quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte… consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio” (6, 3.11). È, altrimenti detto, quella “p r opria croce” di cui parla Gesù. Non è un qualcosa scelta da alcuni perché sia aggiunta al proprio essere cristiani. La “croce” non è una decorazione da mettere sul petto di qualche eroe; è, invece, proprio lo stesso essere discepoli di Gesù e l’esserlo fino in fondo! Fra i testi biblici di questa domenica c’è pure un passo tratto dal 2° libro dei Re. Si narra una storia di Eliseo, una storia di reciproci doni: quello dell’ospitalità da parte di una donna e dell’annuncio di fecondità da parte del profeta. Un racconto così delicato e simpatico dispone verso la seconda parte del brano del Vangelo, dove alle parole severe con cui previene i discepoli sulle esigenze e le difficoltà della sequela, Gesù aggiunge parole di consolazione legate all’accoglienza: “Chi accoglie voi accoglie me… chi accoglie un profeta, un giusto avrà la ricompensa… Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca…”. Nella storia di Eliseo si è trattato di una donna illustre e ricca, che predispone per il profeta addirittura una piccola suite adatta ad acco- glierlo: “Facciamo una piccola stanza superiore, in muratura, mettiamoci un letto, un tavolo, una sedia e un candeliere; così, venendo da noi, vi si potrà ritirare”. Non è una locandiera che attrezza un B&B, ma una donna che intende offrire un’ospitalità davvero religiosa: “So che è un uomo di Dio, un santo”, dice al marito.
NELLA BIBBIA l’ospite è sacro e l’ospitalità è un dovere santo; anche nelle lettere del Nuovo Testamento è sempre segnalata come virtù. L’autore della lettera agli Ebrei raccomanda: “Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli” (13, 1). Per Gesù, tuttavia, non c’è bisogno di un appartamento; basta un bicchiere d’acqua fresca. È lo stile di Dio del contineri a
minimo che si legge sulla tomba d’Ignazio di Loyola e che Hölderlin volle come epigrafe per il suo Iperione: “È divino non essere limitato dalle cose più grandi, ma lasciarsi contenere da ciò che è più piccolo”. Papa Francesco commenta: “È fare le cose piccole di ogni giorno con un cuore grande e aperto a Dio e agli altri. È valorizzare le cose piccole all’interno di grandi orizzonti, quelli del Regno di Dio”.
LA STORIA DI ELISEO Una donna illustre e ricca predispone per il Profeta una piccola suite. Gesù si accontenta di molto meno: un bicchiere d’acqua