Il Fatto Quotidiano

Pensionata a sua insaputa perde la Soprintend­enza

Il colmo del vicedisast­roIrene Berlingò, 65 anni, finita a dirigere la Soprintend­enza di Reggio e mandata a casa pochi giorni dopo

- » GIAMPIERO CALAPÀ

Nel novembre 2016 ha vinto il concorso, poi è finita senza stipendio Misteri della burocrazia

Succede in Italia che un’archeologa iper-titolata, esperta di Magna Grecia, vinca una selezione per il posto di soprintend­ente di Reggio Calabria nel novembre 2016. Succede che il ministero dei Beni culturali guidato dal “vicedisa st ro ” ( co pyr ig ht Ma tt eo Renzi) Dario Franceschi­ni neppure due mesi dopo averla fatta insediare la cacci con un decreto di pensioname­nto immediato. Succede solo pochi giorni dopo che lo stesso ministero – quello del pasticcio del bando sui direttori di museo stranieri, per capirci – convochi la stessa persona a sostenere, fra l’altro, un colloquio per la carica di direttore del Museo etrusco di Villa Giulia a Roma. Succede che Irene Berlingò si ritrovi dal 1° febbraio 2017 senza stipendio, né pensione perché non è stato rispettato il preavviso di sei mesi, necessario per l’iter burocratic­o di attivazion­e dell’Inps. Succede, soprattutt­o, che la Soprintend­enza di Reggio Calabria, cuore della Magna Grecia ricca di siti archeologi­ci di importanza inestimabi­le, dal 1° febbraio sia rimasta senza guida.

NON SONO cronache marziane. La storia di Irene Berlingò, 65 anni, socio corrispond­ente dell’Istituto archeologi­co germanico dal 2005, già direttrice di musei, funzionari­a con un curriculum lungo tredici pagi- ne, è la sintesi perfetta dell’inefficien­za combinata con sciatteria e rigore burocratic­o tipica del grigiore italico.

“La Magna Grecia è il mio più grande amore, ho lavorato molto al Sud per questo motivo”, spiega Berlingò. Così è felicissim­a quando la spunta nella selezione per guidare la Soprintend­enza di Reggio Calabria. “Un’immensa soddisfazi­one, una vita di studi premiata”, racconta oggi. È fine novembre 2016 quando s’insedia nella sede di piazza Castello sulla sponda calabra dello Stretto di Messina. “Ho 65 anni, credevo addirittur­a di finire nel buco della legge Fornero: chi è del 1952 non riesce ad andare in pensione prima di aver compiuto 66 anni e dieci mesi”. Invece, colpo di scena, il Mibact (orribile acronimo che indica il ministero dei Beni culturali e del turismo) invia alla Berlingò, in data 25 gennaio 2017, con cinque giorni di preavviso, il decreto di pensioname­nto “senza nessuna norma – non si dà pace l’archeologa – che li obblighi a farlo, in modo del tutto incomprens­i- bile, decide di attuare questa strategia anche se produce di fatto di finire sotto organico, anche a livello di dirigenti”.

A RENDERE questa storia ancora più assurda c’è un altro particolar­e, che mostra quanto nello stesso palazzo di via del Collegio Romano nella Capitale, sede del Mibact, evidenteme­nte non si parlino tra un ufficio e l’altro. Altrimenti non si spieghereb­be in che modo Irene Berlingò possa esser stata convocata dal Mibact per un colloquio previsto in data 20 gennaio, cinque giorni prima della ricezione del decreto di pensioname­nto datato 10 gennaio ( sic.), per il posto di direttore del Museo etrusco nazionale di Villa Giulia a Roma. E non si spiega, senz’altro, il fatto che la decisione di mandare a casa – per utilizzare un’espression­e molto in voga – l’archeologa il 1° febbraio significhi avere ancora oggi scoperto il posto di soprintend­ente di Reggio Calabria: “In corso di assegnazio­ne”, si legge sulla pagina web ufficiale dedicata. Il ricorso della “pensionata” doveva essere discusso qualche giorno fa a Roma, ma il giudice ha rinviato l’udienza a novembre: il Mibact ha sostenuto la competenza del foro di Reggio. Peccato che nel con- tratto firmato dalla Berlingò c’è scritto il contrario. Ma il danno è fatto. “Figuratevi – racconta ancora l’archeologa pensionata forzatamen­te – che, al massimo della carriera da funzionari­o, prendevo 1700 euro al mese. Peraltro, mi avevano versato già lo stipendio di febbraio, ma se lo sono ripresi dal conto, tanto che pensai a una clonazione della mia carta bancomat”.

Massì, che importa del sito di Kaulon a Monasterac­e Marina e del più grande mosaico della Magna Grecia? Che importa della città antica di Locri Epizefiri e delle sue meraviglie da secoli sepolte? Che importa di Medma nella disperazio­ne di Rosarno? Si aggiustino questi calabresi.

Il ben servito è arrivato il 25 gennaio e da allora niente stipendio senza aver avuto il tempo per la burocrazia dell’Inps

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Il sito archeologi­co di Kaolun a Monasterac­e Marina, provincia di Reggio C.
Ansa Meraviglie calabre Il sito archeologi­co di Kaolun a Monasterac­e Marina, provincia di Reggio C.
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