Il Fatto Quotidiano

CARI LETTORI, MATTEO È LÌ A CAUSA VOSTRA

- » ANDREA SCANZI

Cari lettori del F a tt o Quotidiano , e in quanto tali persone criminose e sommamente empie, ammettetel­o: “preferite” Berlusconi a Renzi. Certo, la frase è in sé un nonsense: essendo la stessa cosa sarebbe come dire “preferite la mela alla mela”, il vino al vino o Michelle Pfeiffer a Michelle Pfeiffer. Per questo andremo oltre, asserendo che – in un parossismo di nequizia – “preferite” financo Salvini a Renzi. D’accordo, la prospettiv­a non è allettante. Sarebbe più o meno come scegliere tra un concerto dei Modà a Radicofani, pagando 800 euro per vederlo da una panchina di chiodi, e un film di dodici ore sulla vita di Nardella, magari con la regia di Valerio Scanu e la colonna sonora (unplugged xilofono solo) di Vecchioni. Fortuna che esiste l’astensione: probabilme­nte, tra Berlusconi e Berlusconi ( cioè Renzi) o tra Salvini e Renzi, ve ne stareste a casa. Come non capirvi. Eppure, se vi costringes­sero con una pistola o una Picierno alla tempia, è tutto da dimostrare che correreste in soccorso del Pd

“per scongiurar­e il trionfo della destra”. Già solo questo dimostra come il “Postulato di Don Zucconi”, secondo cui Renzi sia da votare in quanto “alternativ­a unica al populismo”, venga rispettato giusto nella redazione di R epub- blica (e neanche all’unanimità).

Voi direte: “Eh, ma a Milano ha vinto Sala proprio in quanto meno peggio dei berlusconi­ani”. Vero, anche se andrebbe premesso che Sala è più berlusconi­ano di Parisi. Una Milano non fa però primavera, ed era comunque un anno fa. Pensate alle ultime amministra­tive: in molte roccaforti di sinistra o quasi- sinistra, ha vinto (di colpo?) il centrodest­ra. Come si spiega? Con candidati meno respingent­i, certo. Ma pure con quello che è il “Fattore MSSC”. Alberto Ronchey aveva codificato il Fattore K. Con Renzi siamo oltre. Edoardo Novelli ha parlato su queste pagine di “Fattore A”: fattore Antipatia. Di più: ormai siamo al Fattore MSSC, acronimo di “Mi Sta Sul” (la “C” potete immaginarl­a). Ecco il vero capolavoro di Renzi e derivati: avere raggiunto un grado così elevato di antipatia da far sembrare chiunque – ma proprio chiunque – migliore di loro. Martedì scorso In onda ha mostrato su La7 un sondaggio: in neanche tre anni, Renzi è sceso nel gradimento italico dal 61 al 27%. È ancora “il più amato tra i politici”, a conferma di come ci sia speranza per tutti (tranne che per l’Italia), ma la sua è una slavina. In studio c’era il rutilante Rosato, con quei bei capelli pittati a caso con l’Uni Posca: ha provato a negare la piena veridicità del sondaggio, confermand­one dunque la totale valenza. Renzi sta dimostrand­o una capacità prodigiosa di dilapidare un consenso tanto immeritato quanto labilissim­o. Già con Veltroni e poi Bersani, con la contempora­nea crescita del M5S, stava venendo meno la favoletta del “meno peggio”: i delusi di sinistra, lentamente, cominciava­no a staccarsi dal Partito Democratic­o. Chi non votava più, chi si affidava ai Pizzarotti, chi si iscriveva al Fan Club del Cinghiale Babirussa. Ora, con Renzi, siamo alla leggenda: ai ballottagg­i, quando non si astengono, tanti elettori non berlusconi­ani accorrono in massa a votare. Con l’unico intento di sfanculare Renzi. Per carità, non capita sempre: parliamo di una tendenza, non di una regola ferrea. Non asseriamo poi che tutto questo sia condivisib­ile: ci limitiamo a dire che sta accadendo. Sempre di più. Più i Fiano&Romano affollano il piccolo schermo, più crescono i detrattori del Pd. Vale per quasi ogni renziano mediaticam­ente noto, sia esso ministro, parlamenta­re o supporter: in confronto a loro, Mara Carfagna assurge a Nilde Iotti. Gran bella impresa. Nel 2014 Renzi ha vinto le Europee: da allora, il diluvio. Sconfitta al 2015, con candidate-Tafazzi tipo Moretti e Paita che hanno trasformat­o Zaia in Adenauer e Toti in Churchill. Emblematic­o il caso Arezzo, città (anche) della Boschi: la ministra, allora intoccabil­e o quasi, benedisse un ameno Playmobil dal carisma diversamen­te fiammeggia­nte che andava in tivù garantendo (minacciand­o) di governare dieci anni. Epico il risultato: al ballottagg­io una flotta di aretini di sinistra, pur di non avere quello lì sindaco, votò in massa il candidato berlusconi­ano. E ne festeggia tuttora la vittoria. Sensaziona­le pure il 2016: prima Roma e Torino, poi la Waterloo sublime del 4 dicembre. Ancora schiaffoni nel 2017. Un calvario tragicomic­o e continuo. Come si spiega? Con la smisurata pochezza di Renzi. Con la natura centro-destrorsa di questo paese. Ma è anche e soprattutt­o colpa vostra, cari lettori sfascisti del Fatto: quello lì vi sta così sui zebedei che, pur di vederlo perdere, votereste qualsiasi cosa. Un rododendro. Un pisciacane. Persino un Gasparri. Ammettetel­o.

(P.S. Su Gasparri scherzavo).

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