Il Fatto Quotidiano

“I politici passano, noi invece restiamo”

IN TOUR I Litfiba e il loro disco d’oro “Eutòpia” (“che però le radio non trasmetton­o”) Un megascherm­o e i successi di 35 anni di carriera: “Aspettiamo i nemici sulla riva del fiume”

- » ALESSANDRO FERRUCCI

La regola aurea è un tatuaggio virtuale da poter mostrare con uno spirito d’orgoglio e disegnato in decenni di parole, suoni, pensieri e palco: “I politici passano, i Litfiba restano”. E restano nonostante “il silenzio assoluto da parte delle television­e, mezzi d’informazio­ne e radio. Sì, in radio non ci trasmetton­o eppure abbiamo vinto anche il disco d’oro con Eutopia, il nostro ultimo lavoro. Ma niente. Tutto ciò sa molto di censura”, spiegano Piero Pelù e Ghigo Renzulli; il tutto con una manciata d’ironia, l’ironia di chi sa, ha vissuto, denunciato, a volte subito, altre risposto, o aspettato la risposta giusta. “Quanti ne ho visti in questi anni – continua Pelù – dai tempi di Fanfani, agli altri della Dc, poi il Psi, Berlusconi e ancora, e ancora, qualcuno è più ostico da superare, anche qui vicino a noi (sorride, la sua distanza da Matteo Renzi è nota, ndr), ma noi non disperiamo sul tempo”. “Io sono più pragmatico, ma da sempre, e li attendo sulla riva del fiume, consapevol­e che un brano come Maria Coraggio (dedicato alla vittima di ’ndrangheta, Lea Garofalo) non passerà mai per radio. Nel frattempo mi godo il piacere del palco, il pubblico che ci segue, in uno spettacolo inedito per noi”.

VUOL DIRE un mega-schermo sul quale vengono proiettate immagini legate ai brani, un “lavoro multimedia­le innovativo per la nostra storia, ma intenso e coinvolgen­te”, prosegue il frontman del gruppo, “così come il piacere di suonare brani di trent’anni fa e ritrovare ogni volta la gioia di proporli ai nostri fan, scoprire che non sono invecchiat­i, con la loro natura, la loro essenza, o il nucleo fon- dativo che li ha generati”, dice Ghigo. Bene. Però dopo quasi quarant’anni di curriculum rock, la questione è scegliere quelli giusti: “Ci siamo dati una regola, almeno uno o due pezzi per album, dal primo lavoro all’ultimo, non lasciamo indietro niente. È il nostro percorso vitae. Con lo stesso spirito ribelle di sempre, mi sento un Peter Pank...”. E rispetto a Modena Park di Vasco? “In primis sono contento non sia successo nulla, un grande segno di civiltà”, insiste Ghigo; “Queste esperienze regalano linfa alla musica – prosegue Pelù – sono momenti di condivisio­ne importanti. E poi chi sta sul palco ha una grande resp on sa bi li tà ”. E qui scatta l’esperienza: “Come cantante vivo la scena dal centro, e in quella posizione devi avere tutto sotto controllo, dal mixer, ai tecnici; dal suono ai ragazzi, fino alla sicurezza che non deve eccedere. In questi anni mi è capitato di dover difendere i ragazzi perché maltrattat­i (chi scrive può testimonia­re: è vero) e di pagarne anche delle conseguenz­e con quelli della sicurezza”, spiega il cantante. E poi quest’anno c’è stata la polemica con un fan perché colpito dal microfono di Pelù: “Mi è partito per sbaglio sul palco di Milano: si è sfilato e ho centrato una persona, ma dopo un breve periodo di trambusto, tutto si è risolto con un’asta benefica a favore di un’associazio­ne per i ragazzi affetti da autismo”. Ride Ghigo: “Piero è pericoloso, quando cantavamo Louisiana( pezzo dedicato alla pena di morte,

ndr), si metteva a giocare e roteare una catena, non avete idea di quante volte ho rischiato la frustata”.“Che non c’è stata”. “Va bene, però l’ho rischiata”.

E ora? “Louisiana non è in scaletta”, rispondono insieme. Molte altre sì, per chi ha scritto e scrive la storia del rock italiano.

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