Il Fatto Quotidiano

SANDRA BONSANTI “Si censurava meno ai tempi delle stragi”

Sandra Bonsanti La perquisizi­one al vicedirett­ore del Fatto, la cronaca e le fonti

- » ALESSANDRO MANTOVANI

“Sono stupefatta. Non ricordo precedenti. Sì, certo, in passato alcuni giornalist­i furono arrestati per non aver rivelato le fonti. Successe anche a Giuseppe D'Avanzo sulla strage del Rapido 904 e fu un problema spiegare certe cose a un magistrato come Pier Luigi Vig na ”, racconta Sandra Bonsanti, giornalist­a fin dagli anni 70 a Il Mondo, a La Stampa e poi a lungo a Repubblica, ex deputata e dal 2002 al 2015 presidente di Giustizia e Libertà. La perquisizi­one di mercoledì a Marco Lillo, nell’ambito di un’inchiesta per rivelazion­e di segreto sull’inchiesta Consip che coinvolge tra gli altri Tiziano Renzi, l’ha sorpresa. “Non ricordo una perquisizi­one del genere su indicazion­e di parte (l’inchiesta nasce da una querela dei difensori dell'imprendito­re Alfredo Romeo, arrestato per corruzione nella stessa inchiesta Consip, ndr) . C'era più libertà ai tempi del terrorismo e le stragi. Pensiamo a Piazza Fontana: si stabilì subito che erano stati gli anarchici e c'erano, all'inizio, solo poche voci dissenzien­ti. I grandi giornali non la seguivano ma la pista nera c'era e partiva da Treviso: la stessa confermata qualche giorno fa dalla Cassazione per Piazza della Loggia. Ma non ci fu una strategia per fare fuori l'informazio­ne contraria”. Ma perché succede ora? Oggi la legge è chiara sulla segretezza delle fonti, D'Avanzo fu arrestato e Lillo non è neanche indagato, cercano la sua fonte.

Il potere politico, ma anche quello criminale e finanziari­o, si sente sotto il tiro di alcuni, pochi, che cercano di fare il mestiere di giornalist­i in un contesto difficile. È una questione di libertà che sta alla base del nostro essere democrazia, della Costituzio­ne. Dal I Emendament­o alla Costituzio­ne americana l'informazio­ne è tutto. E invece si va alle elezioni con una informazio­ne ridotta a ben poca cosa, a cominciare dal diffuso precariato: se rischiano di perdere il lavoro i giornalist­i non possono essere liberi. E i pochi che fanno il loro lavoro diventano delle specie di eroi. Vedo che è intervenut­o l'Ordine, la protesta è fondamenta­le ma non basta, ci vorrebbe una voce politica. L’a pp a lto Consip sotto inchiesta è il più grande che ci sia mai stato e potrebbe essere stato asservito alla politica, non solo renziana.

La Fnsi solidarizz­a con Lillo ma sottolinea anche l'opportunit­à di indagare sulla “fuga di notizie”. È un problema dei giornalist­i?

No, se hai una notizia la pubblichi, non puoi pensare ad altro. Ricordo che in passato, solo in alcuni casi ci siamo controllat­i. Per esempio sulle Br, quando avevamo sentore di perquisizi­oni o arresti aspettavam­o un giorno o due per non bruciare il lavoro degli inquirenti. Succede anche adesso. E su Consip autorevoli colleghi dicono che avremmo fatto meglio ad aspettare prima di scrivere che, oltre a Tiziano Renzi, sono indagati il comandante dei carabinier­i e il ministro Luca Lotti. Una volta avvisati la notizia non sarebbe più stata segreta. È così?

No, non mi sembra che abbiate bruciato le indagini. Il problema, semmai, è che qualcuno aveva dato informazio­ni agli indagati, voi le avete date ai cittadini che avevano tutto il diritto di sapere che si stava indagando sull'ipotesi che parte dei soldi di quei gigantesch­i appalti finisse, in qualche modo, alla politica. Ha ragione Lil- lo a chiedere perché abbiano preso il suo telefono e non quello del ministro Lotti o quello di Tiziano Renzi. Si procede con pesantezza e caparbietà solo nei confronti di chi ha il dovere di informare i cittadini. Ci sono i falsi contro Tiziano Renzi attribuiti a un capitano del Noe dei carabinier­i, l'ombra dei Servizi, notizie segrete passate al “Fa tt o”. C'è chi vede addirittur­a manovre eversive contro Matteo Renzi. Tutti questi aspetti devono essere chiariti, è giusto andare avanti per vedere cosa ha fatto questo ufficiale del Noe, del resto abbiamo una lunga storia di servitori dello Stato infedeli. Ma sono certa che le cose non siano andate così. Si potrebbe pensare a una commission­e parlamenta­re d'inchiesta, non bisognereb­be averne paura, ma oggi porterebbe a regolament­i di conti politici. Bisogna avere fiducia nei magistrati finché si può.

Da anni si criticano i rapporti tra le Procure e i giornalist­i e la dipendenza di troppi colleghi dalle Procure. Forse Lillo e “il Fatto” pagano la scelta di andare sempre al di là di quello che arriva dalle Procure? Lillo ha le sue fonti, non posso certo sapere quali. Ho letto il suo libro Di padre in figlio (Paper First), e certamente ha cercato voci fuori dalle Procure, ha parlato con i protagonis­ti. Tutto il potere dev'essere controllat­o, l'informazio­ne serve a questo. E vale anche per le Procure. Credo che questo caso farà storia, è in ballo il governo del Paese.

Chi è Sandra Bonsanti, giornalist­a aI Mondo, La Stampa, Repubblica, è stata deputata nel ‘94-‘96 e ha guidato Giustizia e Libertà fino al 2015 Il collega non ha bruciato le indagini

Lo ha fatto, semmai, chi ha informato gli indagati

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Ansa 12 dicembre 1969 Piazza Fontana, 17 morti e 88 feriti
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