Il Fatto Quotidiano

“LA MUSICA è cambiata: chi non si adegua è antico”

Il presidente di Sony Italia, Andrea Rosi: “I giovani stanno scoprendo il vinile accanto allo streaming Gli artisti stiano al passo: il progresso fa morti e feriti...”

- » SILVIA D’ONGHIA

“L a prima consideraz­ione da fare è che le nuove generazion­i hanno riscoperto la qualità e fondono insieme il vecchio e il nuovo. E poi questa è la dimostrazi­one che c’è spazio per tu tto ”. Andrea Rosi, presidente e Ceo di Sony Music Italia, sa che il vinile è una partita ancora tutta da giocare. Qualche giorno fa il colosso della discografi­a mondiale ha fatto sapere che nel marzo 2018 verrà riaperta, in Giappone, una fabbrica di vinili, perché a distanza di 30 anni dalla cessata produzione (correva l’anno 1989), la vendita dell’antico supporto musicale ha superato i livelli proprio degli anni Ottanta.

Rosi, funziona così anche in Italia?

Il vinile nel nostro Paese rappresent­a quasi il 10 per cento del volume del fatturato, e questo proprio grazie alla sua riscoperta da parte delle nuove generazion­i. È un fenomeno particolar­e, perché convive con l’utilizzo della musica via streaming. Le faccio un esempio personale: mio figlio, che ha 18 anni, ha un abbonament­o a Spotify, ma in camera sua ha il piatto per i vinili. È un discorso analogo a quello del cd: alla fine dei Novanta, gli analisti lo davano per morto entro cinque anni. Oggi i supporti fisici rappresent­ano il 60 per cento del fatturato.

Ci sta dicendo che si vendono ancora compact disc?

Gli acquirenti sono soprattutt­o coloro che ascoltano musica italiana. Ma bisogna fare, anche in questo caso, un distinguo generazion­ale. Gli adulti sono ancora legati al supporto fisico e lo si capisce dalle vendite dell’ultima par- te dell’anno, in particolar­e sotto Natale: il cd è ancora considerat­o un ottimo regalo, soprattutt­o nelle confezioni speciali. I giovanissi­mi e i giovani, invece, lo usano come ‘firmacopie’: il cd diventa un passepar

tout per arrivare ad avere un contatto diretto con l’artista. E poi rico rd ia mo ci che i cd cos ta n o p oco...

Siamo riusciti a far capire alle persone che il lavoro si paga?

La pirateria è un problema superato. Ormai il downloadst­a crollando del 25 per cento ogni anno a favore di una fruizione via s tr eaming. Semmai il problema oggi è far capire ai grandi partner – YouTube, su tutti – che c’è bisogno di una corretta re m u n e r azione della nostra creatività. I contenuti sono gratuiti per gli utenti, ma la pubblicità ripaga i grandi portali, che a loro volta dovrebbero pagare adeguatame­nte noi.

Ma ci sono così tanti utenti disposti a pagare per lo streaming?

streaming

La crescita dei servizi

in Italia è molto lontana da quella dei Paesi europei. Mi riferisco, in particolar­e, alla ‘conversion­e’: Spotify ha un servizio gratuito pagato dalla pubblicità che serve poi a ‘convertire’gli utenti in un abbonament­o senza pubblicità. La ‘conversion­e’ dell’Italia è pari a quella della Bolivia. È una questione culturale, bisogna convincers­i che in fondo costa solo 20 centesimi al giorno. Ci si arriverà, ma servirà ancora un po’ di tempo. Alcuni artisti pensano che lo

streaming penalizzi la qualità, che il fatto di poter sentire la musica ovunque non si traduca in un buon ascolto. Ci sono atteggiame­nti talebani in questo settore... È ovvio che la fruizione della musica negli anno 70 e 80 era diversa: si acquistava un vinile e lo si ascoltava in casa, era una specie di messa cantata. Il progresso lascia indietro morti e feriti... I ragazzini questa differenza non la sentono.

Anche se non siete direttamen­te coinvolti, ci dice come arginare il fenomeno del secondary ticketing?

Se avessi la ricetta non sarei qui. La domanda diretta ammette speculazio­ni: si approfitta del bisogno dei fan. Ma se tutti i fan si mettessero d’accordo ed evitassero di comprare i biglietti a prezzi maggiorati...

Ma gli artisti non possono fare nulla?

Presidiare, lavorare con gli organizzat­ori, stare più attenti.

Sony ha messo il cappello su

X-FactoreAmi­ci. Sia sincero: lei crede nei talent?

A differenza di quanto dicono i detrattori, i talent non sono un punto di arrivo, ma un’opportunit­à per scoprire nuovi artisti. La domanda da porre a un ragazzo, un anno dopo la vittoria di un talent, non è ‘dove è finito?’, ma ‘sta lavorando?’. Per fare questo lavoro e diventare un artista ci vogliono tempo e impegno. Le etichette indie sono schiacciat­e da una major come la sua? Ci sono tante realtà indipenden­ti che collaboran­o con noi, o hanno comunque un ruolo fondamenta­le per la crescita del mercato: hanno il ruolo di talent scout. Poi, però, se vuoi giocare in Champions League... Finiamo con una provocazio­ne: quale artista vorrebbe strappare alla concorrenz­a? Il prossimo.

L’ascolto non è più una messa cantata, ma non per questo la qualità è minore I talent sono un punto di partenza

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La musica si ascolta in streaming, ma in Italia il 60 per cento del fatturato è dato ancora da cd e vinili. Sotto, Andrea Rosi
Ansa Controtend­enze La musica si ascolta in streaming, ma in Italia il 60 per cento del fatturato è dato ancora da cd e vinili. Sotto, Andrea Rosi
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