La cultura dà da mangiare soltanto se vieni da Segrate
a sei riuscito a magna’ te?”. “Macché, so’ passato dall’antipasto al dolce e manco me ne so’accorto”. La letteratura non dà da mangiare, neanche alla serata finale del Premio Strega, giovedì nella storica ( e ben ritrovata) sede del Ninfeo di Villa Giulia. È l’argomento cibo (scarso) a tenere banco: non c’è molto altro di cui discutere.
Dopo una fila di circa mezzora per entrare, alle 21.15 la serata letteraria potrebbe dirsi già conclusa: vince Cognetti (quindi Einaudi). Punto. Lo sanno tutti, ai tavoli apparecchiati in giardino o sotto i portici affrescati, davanti ai camerieri che servono un cocktail con il liquore Strega come pure in sala stampa. E quindi che si fa? Si mangia. Forse.
IL CATERING serve lo stesso cibo per tutti, invitati votanti e giornalisti: finger food, lo chiama la moda del momento, che significa quindici tubettini al pesto in una ciotolina di plastica bianca. In sala stampa
– dove, giustamente, non ci sono tavoli, ma soltanto sedie per la scrittura – quando arriva il secondo vassoio parte l’assalto: “Ahò, ma da quanto nun magnate?” si lascia sfuggire un cameriere spintonato dai cronisti. Sicuramente lo stomaco vuoto aiuta la c on ce nt ra zi on e, eppure alle 22.30 lo spettro della fame si aggira talmente cattivo che c’è chi esce dal Ninfeo e torna con due cabaret di panini. E in giardino le scene non sono meno fantozziane. Sotto il palco, invece, è calma piatta. In pochi sembrano accorgersi che la diretta tv (dalle 23 su Rai3) va avanti e soprattutto che prosegue lo spoglio delle schede. Cognetti viene intervistato dal Tg1 ben prima che il suo nome venga pronunciato da Eva Giovannini, conduttrice della serata. Alla fine i voti per lui saranno 208, con un distacco di 89 dalla seconda classificata, Teresa Ciabatti (Mondadori), che si becca un coro di sostegno e ripete: “Ma era scontato! Si sapeva”.
È RIMASTA TERZA, con 87 voti, Wanda Marasco (Neri Pozza); dietro di lei Matteo Nucci (79, Ponte alle Grazie) e Alberto Rollo (52, Manni). Tutto come nella cinquina. Il colosso di Segrate (Mondadori, Rizzoli, Einaudi) si è aggiudicato primo e secondo posto. A nulla è valso il tentativo di scompaginare le carte modificando il sistema di voto, che q ue st ’ anno la Fondazione Bellonci ha ideato e portato avanti: i 200 voti giunti dall’estero (attraverso gli Istituti italiani di Cultura) non sono bastati a far saltare il banco, da alcuni definito monopolio. La partita non è solo politica, è soprattutto economica: come aveva spiegato il presidente della Fondazione, Stefano Petrocchi, chi vince lo Strega accresce del 4-500 per cento le vendite del libro. La fascetta apposta da ieri sul romanzo di Cognetti ( Le otto montagne) varrà a lui, ma soprattutto al suo editore, entrate garantite da qui al prossimo anno. E mentre il pantheon degli scrittori si interroga sul futuro del Premio (“In fondo sono bei libri...”), meglio consolarsi con una nota scrittrice che, a chi le chiede dove passerà le sue “memorabili vacanze”, risponde: “Me ne starò volentieri a casa”.
Affamati Einaudi e Mondadori al primo e secondo posto. A nulla sono valsi i tentativi di strappare il riconoscimento dalle mani del colosso dell’editoria italiana