L’affare dei crediti bolliti sulla pelle delle famiglie
L’effetto delle crisi bancarie a fine anno di abbatterà sui cittadini: migliaia di immobili finiranno all’asta. E le società specializzate si arricchiscono
Il vero dramma della crisi bancaria lo dobbiamo ancora vedere. Esploderà tra la fine dell’anno e il 2018. Le società di recupero crediti aggrediranno famiglie e piccole imprese per esigere le famigerate sofferenze. Centinaia di migliaia di famiglie perderanno la casa, decine di migliaia di imprese chiuderanno, legioni di dipendenti perderanno il lavoro. È l’altra faccia delle sofferenze e dei crediti deteriorati: una bomba sociale da almeno 70 miliardi, presto sui nostri schermi.
Dal punto di vista delle banche è solo questione di soldi. Ci sono in giro circa 330 miliardi di crediti deteriorati, di cui circa 200 sono sofferenze, cioè crediti inesigibili. Le sofferenze nette sono attorno agli 80 miliardi: le banche hanno già segnato in bilancio come perdita il 60 per cento e sperano di recuperare il 40 per cento. Per le banche contano gli 80 miliardi: se ne recuperano 90 guadagnano 10 miliardi, se ne recuperano 60 ne perdono 10.
PER I DEBITORI conta il lordo. La banca fa affidamento sul 40 per cento del credito, ma se lo trasferisce alle società specializzate il debitore si vedrà chiedere il 100 per cento. Nella tabella qui accanto si vede la dimensione del dramma solo per le sette banche “salvate”: Mps, le due venete e le quattro (Etruria, Marche, Ferrara e Chieti) sistemate nel 2015, hanno ceduto in tutto oltre 50 miliardi di sofferenze lorde. Quelle di Mps andranno al fondo Atlante che le darà in gestione a società specializzate come gli americani di Fortress. Il liquidatore delle due venete Fabrizio Viola dovrà conse- gnare i deteriorati alla Sga, veicolo pubblico affidato all’ex manager Unicredit Marina Natale. Quelle delle quattro banche sono in mano a un altro veicolo pubblico, la Rev.
Il caso Unicredit è il più significativo. Ha venduto a giganti come Fortress e Pimco 17 miliardi di sofferenze lorde al prezzo del 13, cioè a circa 2,2 miliardi. Ma ha ceduto a Fortress anche la piattaforma per la gestione dei crediti deteriorati, la Uccmb che oggi si chiama DoBank. Adesso DoBank incaricherà la sua rete consolidata di professionisti del recupero crediti di chiedere ai debitori insolventi di Unicredit non 2,2 ma 17 miliardi. DoBank punta anche, via Atlante, alla gestione delle sofferenze di Mps, circa 26 miliardi. Nei prossimi mesi quindi i professionisti andranno al recupero, solo per Unicredit e Mps, di oltre 40 miliardi. E senza curarsi del “sociale”.
Solo nel 2016 sono almeno 240 mila le famiglie che hanno perso la casa perché non riuscivano a pagare il mutuo. Quest’anno e il prossimo il conto è destinato a salire, e peraltro non si capisce bene che cosa le banche, dopo aver incamerato tutte queste abitazioni, possano farne.
La logica del recupero crediti è incomprensibile dal punto di vista politico e sociale. Se una banca vende i suoi crediti al 20 per cento, come ha appena deciso Mps, vuol dire che si accontenta di prendere 20 eu- ro ogni 100 dovuti. Perché non proporre al debitore di pagare lui i 20 euro e chiudere la partita? Nel caso di Mps ci sono sofferenze lorde per 26 miliardi. I debitori potrebbero chiudere la partita pagando 5 miliardi ma se ne vedranno chiedere 26. Per Mps non fa un euro di differenza, l’unica cosa che cambia è la sciagura per milioni di persone in cambio dei lauti profitti di Fortress, Pimco e simili. E non solo: prospererà anche l’esercito italiano di migliaia e migliaia di avvocati, periti, ufficiali giudiziari, e operatori del recupero crediti dai modi non sempre cortesi che campano sulla persecuzione degli impoveriti.
MOLTI DEBITORI sono aziende ancora faticosamente in vita, esporle all’attacco delle società di recupero crediti significa per loro morte certa. Eppure tutto questo viene raccontato come una cosa molto moderna, si parla di un nuovo “mercato dei crediti deteriorati” come se fosse una conquista. E si finge di non vedere la realtà. Un colosso della finanza mondiale come Pimco non dispone di tecnologie laser transatlantiche: per recuperare il credito in sofferenza della piccola impresa di Siena o di Garbagnate si affiderà per forza a recuperatori di crediti italiani, sempre i soliti, gli specialisti. Su un pezzo di economia italiana sta per essere passato il napalm.
Twitter@giorgiomeletti
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