L’Iraq canta vittoria sulle macerie di Mosul
Il premier Abadi visita l’ex capitale dell’Isis, ridotta a una città fantasma
L’Iraq
annuncia la vittoria sull’Isis a Mosul. L’offensiva lanciata il 17 ottobre dalle forze irachene, sostenute dalla coalizione anti Isis, dopo quasi 9 mesi di battaglia strada per strada pone fine a tre anni di controllo jihadista sulla città. “Il comandante in capo delle forze armate (e premier, ndr) Haider al-Abadi è arrivato nella città liberata (ma rasa al suolo e praticamente deserta, ndr) e si è congratulato con i combattenti eroici e con il popolo iracheno per la grande vittoria”, ha annunciato Baghdad. Al-Abadi ha incontrato i comandanti militari nella zona ovest di Mosul, ma la dichiarazione formale della liberazione dell’intera città è ancora attesa, perché sono ancora presenti sacche di resistenza.
Alla battaglia per la liberazione, oltre che soldati iracheni e coalizione internazionale a guida Usa, hanno partecipato i peshmerga curdi, nonché tribù arabe sunnite e miliziani sciiti. Lo Stato islamico aveva conquistato Mosul a giugno del 2014 e ne aveva fatto la roccaforte in Iraq, come poi Raqqa in Siria.
Tre anni fa, sull’onda di successi militari che sembravano inarrestabili, e- ra arrivato a controllare quasi tutto il nord della Siria e un terzo dell’Iraq. Oggi, mentre perde Mosul e si appresta a cedere anche Raqqa, l’Isis vede ridotto il suo territorio a circa un terzo.
TRA IL 2014 E IL 2015 il territorio del “Califfato” proclamato da Abu Bakr al Baghdadi si estendeva da ovest a est lungo la valle dell’Eu- frate per circa 700 chilometri, partendo dalla provincia siriana di Aleppo e arrivando a Falluja, solo 50 chilometri da Baghdad. Da nord a sud, invece, costeggiava il Tigri da Mosul fino oltre Tikrit, per circa 200 chilometri.
Oggi da ovest a est il territorio, che si va sempre più assottigliando, è ridotto a circa 500 chilometri, mentre in Iraq lo Stato islamico ha perduto tutta la fascia lungo il Tigri dalla capitale fino a Mosul, tranne una vasta sacca nella zone di Hawija, a ovest di Kirkuk. Il “Califfato” controlla inoltre una larga fascia di territorio iracheno lungo 400 chilometri di confine con la Siria, nella provincia di Al Anbar, culla dell’insurre zione contro l’occupazione Usa e poi dell’Isis. E proprio in questa provincia desertica, e in quelle siriane che con essa si saldano, i seguaci di Al Baghdadi sembrano intenzionati a ritirarsi in attesa di poter rialzare la testa.
Intanto sembra reggere la tregua nel sudovest della Siria. Il cessate il fuoco - per il quale si sono accordati Usa, Russia e Giordania e che è stato annunciato dopo il faccia a faccia fra Trump e Putin venerdì a margine del G20 di Amburgo - è scattato a mezzogiorno ora locale, le 11 in Italia e, stando all’Osservatorio siriano per i diritti umani “prevale la calma”. In passato, tuttavia, diversi cessate-il-fuoco sono poi falliti e ieri il premier israeliano Netanyahu metteva in guardia dalla possibile presenza di militari iraniani (alleati di Assad) nell’area interessata dalla tregua.
Siria, tregua ok Regge il cessateil-fuoco stabilito da Usa e Russia nel sudovest del paese in mano ad Assad