Nati come fenomeno di aggregazione sociale alla fine degli Anni 60 sono sempre di meno e sempre più ostaggio di criminalità ed estrema destra. Quindi fanno ancora paura. A molti club Dove sono gli ultrà? La fine lenta del “mostro” da curva
Dove sono gli ultrà? Se lo chiedono ogni domenica i tifosi delle curve di casa nostra, da Aosta fino a Ragusa, per ironizzare sulle ridotte truppe dei colleghi in trasferta.
Se lo chiede lo scrittore Enrico Brizzi nella prefazione del libro I ribelli degli stadi. Una storia del movimento ultras italiano, Odoya edizioni. Lo ha scritto Pierluigi Spagnolo, giornalista de La Gazzetta dello Sport che, per lavoro e per passione, frequenta da anni le gradinate.
A quasi 50 anni dalla nascita dei primi gruppi organizzati, figli dello spontaneismo del ’68, Brizzi si pone la domanda corretta: che fine hanno fatto quegli strani personaggi armati di torce e striscioni?
IL FENOMENO ha perso di rilevanza, non solo in Italia. I suoi numeri si sono ridotti, realtà storiche sono sparite e non sono state adeguatamente rimpiazzate. In questa lunga fase di trasformazione dello sport in sport-business, il movimento ha vissuto pochi alti e molti bassi. Ed è stato logorato da troppe illegalità.
“Come diceva Falcone, segui i soldi e troverai la mafia. Il calcio nell’ultimo decennio ha innescato un giro di affari monstre: inevitabilmente ha attirato l’appetito dei clan. Pullman, biglietti e merchandising rappresentano un’opportunità tanto quanto la ristorazione, oppure gli appalti delle grandi opere” dice Spagnolo. Il riferimento è alla recente indagine sulla colonizzazione della ’ nd ra n gh et a all’interno dello Juventus Stadium di Torino, arrivata a coinvolgere anche il presidente bianconero Andrea Agnelli. Prima si era assistito alla presunta scalata dei casalesi ai vertici della Lazio e alla dimostrazione di forza dei genoani, che costrinsero i loro giocatori a levarsi la maglietta disonorata.
Nelle scorse settimane il presidente del Napoli De Laurentiis, ascoltato dalla Commissione parlamentare Antimafia, era andato all’attacco: "Le leggi non ci aiutano a tenere la camorra lontana dagli stadi. Siamo in ostaggio: non possiamo fare nulla, non si possono avere rapporti con i tifosi”.
“Le regole ci sono, sempre più restrittive, ma si fa anche tanta demagogia. Le società conoscono i leader delle curve, così come le questure. È una dialettica che va avanti dagli Anni 70, al di là delle pretese di alterità dei più duri e puri”.
La tesi di Spagnolo, di cui si innerva tutto il libro, è semplice: gli ultras non sono peggio di noi. Spesso violenti e sempre sopra le righe, “non sono né angeli né demoni”. Mentre i luoghi della partecipazione si svuotano a favore delle piazze virtuali, loro si fanno garanti di “un mondo che va a scomparire”. Collezionando molti nemici.
“Nel volume riporto una frase di Tacito: fanno il deserto e lo chiamano pace. Le istituzioni hanno firmato decine di leggi speciali, aumentano i controlli e vietano le trasferte. Mentre gli stadi si spopolano, anche per via del caro biglietti, gli ultras continuano a presidiare i settori popolari. È una sottocultura nata dal basso grazie a interessi comuni: se chiuderanno le arene, troverà altri modi per coagularsi”.
Pochi benefici avrebbero portato le varie misure degli ultimi anni, su tutti i Daspo. “U n’arma di distruzione di massa, che colpisce a casaccio. C’è chi è stato punito perché aveva acceso un bengala sul balcone oppure perché era andato al campo con una bandiera di Alberto Sordi. Un mostro giuridico, che vale solo per gli stadi”.
SFIANCATI, insofferenti verso le pay tv e ai Mino Raiola, “non pochi ultras hanno mollato il calcio degli affari”. “Bisogna guardare con attenzione alla crescita dello sport popolare. Sono nate realtà come Atletico San Lorenzo, Centro Storico Lebowski, Quartograd e Ideale Bari, squadre fondate e gestite da ultras che fanno più spettatori di società di Lega Pro o Serie B”.
I ribelli degli stadi ha il pregio della chiarezza e non simula terzietà. Non a caso la sua pubblicazione è stata ben vista all’interno del mondo ultras, per cui i giornalisti sono il grande nemico al pari della polizia. Per raccontare la storia ultras in Italia l’opera parte da molto lontano. Nel 59 d.C., durante il regno di Nerone, uno spettacolo di gladiatori all’anfiteatro di Pompei finì tra sas- sate tra padroni di casa e spettatori giunti da Nocera. Nel 1902, all’epoca dei pionieri, furono documentati i primi disordini durante un match tra Genoa e Andrea Doria. Nel 1920 il viareggino Augusto Morganti fu ucciso da un colpo di pistola esploso da un carabiniere e diventava la prima vittima del tifo in Italia. Il volume li racconta tutti: da Giuseppe Plaitano a Paparelli e De Falchi, fino all’Heysel, a “Spagna” e Gabriele Sandri. Si arriva agli Anni 60 e alle piazze cariche di “gioia e rivoluzione”. “La Fossa dei Leoni” del Milan, nata lungo la Rampa 18 e presto trasferita in Curva Sud, è considerato da tutti il primo gruppo organizzato, composto da ragazzi dei quartieri popolari. Pochi mesi dopo, sulla sponda opposta del Naviglio, ecco i Boys dell’Inter. E poi i sampdoriani, i primi a usare la parola ultras, e quelli del Torino. I Panthers juventini arriveranno solo nel 1975. Tra i più innovativi, con il loro stile inglese, le Brigate Gialloblù dell’Hellas. Non molti san- no che il tifo veronese ha una matrice di sinistra, per iniziativa di due studenti dei collettivi”.
QUASI TUTTI i gruppi delle origini erano colorati di rosso, tonalità che si è sbiadita con il tempo: “La maggior parte delle curve cambia orientamento dopo Italia 90, quando i leader neofascisti intuiscono le potenzialità del proselitismo tra gli spalti e vanno alla conquista dei settori. La mappa oggi è nota e ricalca gli orientamenti del Paese, a sinistra rimangono soprattutto le tifoserie del centro Italia”.
Tra i primi, Spagnolo ha notato l’ingresso in punta di piedi dei 5 Stelle negli stadi. “Nulla di organizzato, ma si sta ripetendo quello che avvenne 20 o 30 anni fa con la Lega in alcune tifoserie lombarde. Oggi i grillini rappresentano lo spirito antisistema in cui molti ultras si ritrovano. Tanti ragazzi, che magari prima votavano a destra, oggi condividono i post di Di Maio su Facebook”.
IL PRIMO CASO DOCUMENTATO
Nel 59 d.C. nell’anfiteatro di Pompei si scatenò una sassaiola tra pubblico locale e “ospiti” arrivati da Nocera
LE GRANE DI JUVENTUS E NAPOLI
La magistratura ha rivelato il potere della ’ndranghetra a Torino, mentre De Laurentiis lancia l’allarme camorra