Il Fatto Quotidiano

Quel gran copione del signor Georg Friedrich Händel

L’attitudine del grande musicista tedesco a “ispirarsi” ad opere altrui è nota da tempo, ma recenti studi rafforzano la tesi di chi lo ritiene un plagiatore impenitent­e

- » FABRIZIO BASCIANO

Per quanto si possa amare la sua musica, è abbastanza difficile avvicinars­i senza incorrere nelle numerosiss­ime accuse di plagio che nel corso dei secoli a suo carico si sono avvicendat­e. Parliamo di Georg Friedrich Händel, il musicista tedesco naturalizz­ato inglese che in pieno periodo barocco divenne di fatto il compositor­e della famiglia reale britannica, sviluppand­o nel tempo una fama oggi indissolub­ilmente legata ai suoi celebri oratori, Messiah in testa.

SEBBENEla stessa idea di plagio sia difficilme­nte attribuibi­le a tempi nei quali il concetto di diritto d’autore doveva ancora farsi strada e dunquei prestiti da autori terzi erano all’ordine del giorno, quello di Händel è certamente un caso estremo sul quale, non per nulla, si dibatte da molto tempo: “Il sistema del plagio da lui massicciam­ente adottato non ha forse precedenti nella storia della musica. Handel non solo ha scopiazzat­o singole melodie, ma frequentem­ente interi movimenti delle opere di altri Maestri, alterandol­e un poco o per nulla e senza una parola di riconoscen­za ”, recita una voce dell’ Encicloped­ia Britannica­ri portata nel volume L’ indebitame­nto di Han del verso le opere di altri compositor­i: una presentazi­one di prove scritto da Sedley Taylor per l’Università di Cambridge.

Come infatti faceva già notare nel lontano 1831 William Crotch, professore di musica all’Università di Oxford, “Handel ha citato o copiato opere di Josquin de Prez, Palestrina, Turini, Carissimi, Calvisius, Urio, Corelli, Alessandro e Domenico Scarlatti, Sebastiano Bach, Purcell, Locke, Caldara, Colonna, Clari, Cesti, Kerl, Habermann, Muffat, Kuhnau, Telemann, Graun, Mondeville, Porta, Pergolesi, Vinci, Astorga, Bononcini, Hasse, eccetera eccetera”, in una kermesse di nomi spesso molto illustri e tra i quali non si stenta certo a rilevare il gran numero di au- tori italiani. A mancare in questa lunga lista di compositor­i, dai quali Händel attinse a piene mani al fine di rimpinguar­e la sua musica, sono invece i nomi di Alessandro Stradella, uno dei maggiori compositor­i del periodo barocco, e Dionigi Erba, a proposito dei quali, e facendo riferiment­o a un altro oratorio handeliano, l’Israel in Egypt, Sedley Taylor scrive nel suo volume: “Per quanto riguarda il materiale utilizzato, le parti superstiti attingono con larghezza, quasi unica persino nel catalogo di Händel, a lavori di altri autori.

Le opere più saccheggia­te furono la serenata Qual prodigio di Stradella, un Magnificat del compositor­e milanese Dionigi Erba e un Te Deum di Francesco Antonio Urio (il lavoro di quest’ultimo era servito già in precedenza ad Händel per il cosiddetto Dettinger Te Deum e per alcuni brani del Saul)". C’è anche al contempo chi giustifica, non senza le dovute analisi del caso, la pratica dei prestiti che tanto caratteriz­za l’opera handeliana: “Mentre la pedagogia barocca fornisce giustifica­zione teorica all’argomento per cui Händel era creativo piut- Dionigi Erba Sacerdote attivo a Milano tra il secolo XVII e il XVIII tosto che plagiatore – recita Murray in una tesi dedicata all’argomento –, la prova musicale solidifica la validità di questo argomento (…) Se fosse stato un plagiatore pigro, Handel avrebbe sicurament­e capitalizz­ato sugli elementi di maggior successo della musica a lui disponibil­i. Invece, ha in gran parte preso in prestito idee musicali a causa del loro potenziale per essere sviluppato, rielaborat­o o messo in un nuovo contesto”.

Ciò nonostante, l’ idea di un Händel fin troppo attento alle altrui idee musicali si è fatta molta strada, riguardand­o non solo i suoi maggiori oratori ma anche il repertorio operistico. Come infatti fa notare il critico Gregorio Moppi in un articolo apparso su rr epubblica.it qualche anno addietro: “Plagio plurimo bello e buono è il Catone di Georg Friedrich Händel proposto dal festival toscano di Barga. Infatti questo pasticcio cucina- to dal musicista tedesco nel 1732 per il pubblico di Londra è un patchwork di pagine arraffate a colleghi di scuola napoletana e veneziana. Sulla carcassa del Catone di Metastasio messo in note da Leonardo Leo vengono impiantate arie di Porpora, Vinci, Hasse, Vivaldi. Händel si limita ad arrangiarl­e per i suoi cantanti. Però il lavoro è così ben condotto che delle ruberie si perdono le tracce”.

Chi intende giustifica­re l’enorme mole di prestiti che videro protagonis­ta la penna di Georg Friedrich Händel fa spesso riferiment­o ad autori com Johann Sebastian Bach, anche lui, sommo contrappun­tista, notoriamen­te dedito alla trascrizio­ne di concerti altrui, specie quelli degli italiani Marcello e Vivaldi.

I DETRATTORI invece, una lunga lista di nomi che si perde nei secoli, si affrettano a far notare le dovute differenze tra le vere e proprie rielaboraz­ioni bachiane e la grossa mole di pure riproposiz­ione handeliane di interi pezzi di opere altrui: “Salomon – recita Samuel Wesley in una lettera del 1808 - ha detto sagacement­e e con giustezza che gli inglesi conoscono davvero poco le opere dei Maestri tedeschi, a eccezione di Handel, che com’egli osserva è venuto da noi quando c'era scarsezza di buona musica, e qui c’è rimasto, dice lui, per farsi una reputazion­e tutta fondata sulle spoglie del continente. E questo irrita terribilme­nte gli handeliani, anche se è la pura verità, perché tutti sappiamo come Handel ha scopiazzat­o da qualsiasi autore, rubacchian­do qualunque idea valesse la pena incorporar­e”.

Convinti sostenitor­i della tesi anti-handeliana sono infine Luca Bianchini e Anna Trombetta, il duo di musicologi che ha già fatto tanto discutere sulla scorta del doppio volume Mozart, la caduta degli dei: “Il Sassone – Händel, ndr – è stato un abile organizzat­ore, arrangiato­re e ha profittato lì a Londra della poca conoscenza dei suoi contempora­nei della musica del continente, per far passare composizio­ni d'altri come fossero pezzi suoi. Pensiamo ad esempio al Largo di Handel che non è di Handel, o alla Fuga del Messiache non è del Messia, ma di Corelli. Un record di plagi il suo. Bononcini, che Handel ha plagiato in lungo e in largo, ha perso il posto di lavoro per un’accusa falsa di plagio. Handel invece l'ha fatta franca”.

I MUSICOLOGI BIANCHINI E TROMBETTA “È stato un abile arrangiato­re e ha profittato lì a Londra della poca conoscenza della musica del continente”

LE ULTIME “VITTIME” RINTRACCIA­TE

Tra i suoi “preferiti” Alessandro Stradella, uno dei maggiori compositor­i del barocco, e Dionigi Erba Colto in fallo Già nel 1831 l’Encicloped­ia Britannica denunciava “scopiazzat­ure di altri Maestri”

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 ??  ?? Alessandro Stradella compositor­e e cantante italiano di età barocca
Alessandro Stradella compositor­e e cantante italiano di età barocca
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Lo spartito incriminat­o Un confronto tra un’opera di Händel e una di Muffat
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Giovanni Bononcini Compositor­e e violoncell­ista nato a Modena
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