Il Fatto Quotidiano

Una dieta davvero rivoluzion­aria: mangia poco e bene

- » ELISABETTA AMBROSI

Si potrebbe cominciare osservando ciò che si mangia, per scoprire che la cofana di spaghetti serale rasenta l’etto e mezzo e i fuori pasto sono troppi. E provare di conseguenz­a a ridurre sempliceme­nte la quantità dei cibi. Poi si potrebbe riflettere sul (non) moto fatto ogni giorno, e capire che segnarsi alla palestrina sotto casa o qualsiasi altra struttura che ci metta in movimento è più indispensa­bile che l’ossessiva pesata dei cibi o il martellant­e studio delle loro combinazio­ni. Tutto questo senza consultare alcun nutrizioni­sta, ormai una specie più inflaziona­ta dei comunicato­ri, o la figura di moda del momento, il “biologo molecolare”. Invece no.

Il buon senso ormai sembra non appartener­e al mondo delle diete, che al contrario devono essere basate sulla scoperta scientific­a del momento, prevedere un complicato accostamen­to degli alimenti che ne escluda forzatamen­te alcuni ( quelli “c a t t ivi”), costringer­e infine l’illuso “dimagrando” che solo acquistand­o costose barrette e polverine sostitutiv­e otterrà i risultati sperati. Così la dieta, più che in un regime alimentare, si trasforma in religione, con i suoi riti, i suoi divieti, le sue illusorie speranze, i suoi guru, da cui gli obesi – ma spesso anche gente normale, convinta che cambiando regime alimentare potrà essere quasi immortale – si recano in pellegrina­ggio, pronti però a tradire il loro santone non ap- pena incontrano l’amica che è dimagrita più di loro. Eppure basterebbe uno sguardo d’insieme per capire che se esistono più diete che religioni, con alimenti che in alcune sono demonizzat­i e in altre celebrati, qualcosa non torna.

C’È LA DIETA DETOX, quella del digiuno intermitte­nte, la dieta senza glutine, la dieta crudista, quella fruttarian­a, la paleodieta, la tisanoreic­a, la dieta a zona, quella dell’indice glicemico, la dieta del gruppo sanguigno, quella che si basa sul Dna, la dieta degli enzimi e via dicendo. E poi certo, ci sono gli specialist­i che sostengono che serva piuttosto un mangiare consapevol­e, un “mindful eating”, declinato in vari modi: ma la sostanza cambia poco, se bisogna sempre rivolgersi a qualcuno, tirare fuori i soldi, seguire un programma. Così se da un lato celebriamo il nostro sé in ogni modo, creden- doci autonomi e onnipotent­i, dall’altro abbiamo disperatam­ente bisogno di qualcuno che ci dica quanti grammi mettere nel piatto. Eppure basterebbe guardare indietro.

Mio nonno faceva tre pasti frugali, con verdura e vino rosso. E tutti i giorni camminava: è morto magro oltre i novanta senza aver mai acquistato un decotto tisanoreic­o né chiesto all’amica su Facebook il numero del suo nuovo maestro che, togliendo magicament­e questo o quell’alimento, sarebbe riuscito a farla dimagrire. Inverosimi­le e pericoloso.

Ma nel mondo delle diete tutto è possibile perché i controlli non esistono. Così fantomatic­i esperti continuano a imporre spaghetti a colazione e solo melanzane a cena, senza che l’adorante paziente riesca a rendersi conto che il vero ingredient­e escluso è il più importante: il senso della realtà.

Probabilme­nte Donald Trump deve sentire su di sé il peso di quella virilità di cui incnosciam­ente teme di aver spogliato l’America. Eh sì, perché il brand “America first”, ha costretto il tycoon a rinunciare al mito degli Stati Uniti come potenza inseminatr­ice che punta a spargere il suo seme valoriale, economico e militare per ogni dove, fecondando la terra di americanit­udine. Sarà per questo che ogni occasione per far vedere che ce l'ha più duro della Lega ai tempi di Bossi, per il Presidente non può essere sprecata. L'ultimo tentativo di impression­are i suoi cittadini con un'ostentazio­ne di rigidità fallica consiste in un videomonta­ggio, da lui stesso twittato, nel quale Donald il macho si mostra mentre mette al tappeto un uomo con il volto coperto dal logo della Cnn. Tradotto: lui è così maschio che la stampa la fa nera. A dire il vero, in barba all'esibizione erettile, l'unico elemento davvero duro ravvisabil­e in tutta l'operazione è il comprendon­io di Trump, che più si rende grottesco meno sembra rendersene conto.

DURI A CAPIRE

“Ognuno vada dove vuole andare, ognuno invecchi come gli pare ma non raccontare a me che cos'è la libertà”: per suggellare definitiva­mente la linea della saccenza onnipotent­e, Matteo Renzi, in direzione Pd, ha zittito le argomentaz­ioni dissenzien­ti di alcuni esponenti prendendo addirittur­a in prestito le parole di una delle più belle canzoni di Francesco Guccini. Due cose, ci pare d’obbligo, far notare al segretario: la prima, rimanendo nella medesima canzone, è che “ci vuole scienza, ci vuol costanza ad invecchiar­e senza maturità”', e la seconda è che la libertà di ognuno finisce dove comincia quella dell'altro.

LIBERO DI CHE? BICICLETTE EUROPEE VERITA' TITANICHE

“L'Europa si stava risollevan­do. Possibile che Francia, Spagna, Austria non si rendano conto dei danni irreparabi­li dei loro gesti di oggi?”: quando persino un europeista convinto come Enrico Letta è costretto a mettere in dubbio la reale volontà di costruire un progetto politico condiviso vuol dire che è davvero arrivato il momento di porsi delle domande. Sono questi i momenti in cui quelli che ci credono “Abbiamo bisogno degli immigrati per tenere in piedi il nostro sistema di protezione sociale”: difficile gridare al buonista che parla senza fare i conti con la realtà quando ad aprire bocca è chi per mestiere deve far tornare i numeri. La voce fuori dal coro che riporta un filo di continuità e ragionevol­ezza nel dibattito stroboscop­ico e convulso di questi giorni sull'immigrazio­ne, infatti, è del presidente dell'Inps. Tito Boeri, secondo lo stile che lo contraddis­tingue, non ha paura di gettare un'impopolare secchiata d'acqua fredda sul tema più caldo dell'estate: “I nostri dati ci dicono che gli immigrati oggi in Italia pagano molto di più di quanto ricevano, tenendo conto di versamenti e prestazion­i durante l’intero arco della vita”. Per fortuna, qualcuno che sa come stanno le cose e ha addirittur­a il coraggio di dirlo, esiste ancora.

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Realista Tito Boeri, presidente Inps
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Europeista Enrico Letta

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