Junker novello Cicerone con lettera di scuse
Non nutro grande simpatia per il presidente lussemburghese della Commissione europea Jean-Claude Junker, tuttavia non ho provato fastidio, ma al contrario una punta di soddisfazione, nel sentire il suo duro, caustico attacco all’europarlamento. Dinanzi alla presenza di una misera pattuglia, una trentina circa, sui 750 deputati, Junker ha sbottato: “il Parlamento è ridicolo, molto ridicolo”. E subito minacciose nubi di crisi istituzionali e ri- chieste di dimissioni si sono addensate sul presidente Junker. Eppure la seduta era stata convocata con una questione all’ordine del giorno non inquadrabile tra le quisquilie: l’emergenza migranti.
JUNKER, che non aveva dunque così tanto torto nel manifestare tutto il suo disappunto, ha posto il problema serio della credibilità e dell’affidabilità della classe politica e di governo; ha esercitato, insomma, un richiamo all’etica della responsabilità, sempre più merce rara nelle istituzioni, evidentemente non soltanto italiane.
Nel 43 a.C., nella fase più acuta della crisi repubblicana, Cicerone in una delle sue Filippiche, le celebri orazioni scritte contro il “nemico” Marco Antonio, levava alto il suo grido nel senato contro una classe politica del tutto inadeguata e neghittosa: “È il dolore a ispirare le mie parole, non già la volontà di recare offesa a qualcuno: siamo stati, patres conscripti, abbandonati, abbandonati dai principes ( le più autorevoli personalità)” (Cicerone, Filippiche 8.7.22). Cicerone, lo sappiamo, finì malissimo, con la testa recisa dalla lama affilata di un gladio; a Junker è andata invece assai bene: è bastata una lettera di scuse per conservare anche la presidenza.