Il Fatto Quotidiano

Roghi, 2 morti: i pompieri in ferie forzate vogliono tornare al lavoro

L’ITALIA BRUCIA Prime vittime. “In un mese devastata la stessa area di tutto il 2016”

- » GIAMPIERO CALAPÀ

■Calabria, 2 agricoltor­i carbonizza­ti. Il paradosso: in piena emergenza il vertice dei vigili del fuoco impone a 20 piloti di restare a casa. “Fateci decollare, è un disastro dal Vesuvio alla Sicilia”

“Pronto comandante, mi scusi non mi sembrano proprio i giorni adatti a smaltire queste bendette ferie, io vorrei ritornare al lavoro, sta bruciando mezzo Paese”. Questa è solo una delle telefonate tra piloti ex forestali e diversi comandi territoria­li dei vigili del fuoco. Il Corpo nazionale dei pompieri, infatti, dovendo far fronte agli ingressi degli ex agenti in divisa grigio-verde ha pensato bene di imporre a una ventina di loro – degli ottanta tra piloti e tecnici assorbiti in conseguenz­a della riforma Madia – le ferie forzate per smaltire quelle arretrate entro il 31 dicembre. “Posso rientrare, quindi, per due giorni? Bene”.

Intanto, appunto, l’Italia è in fiamme e due agricoltor­i pensionati ieri sono morti cercando di difendere i propri terreni, in Calabria: un uomo, 68 anni, è caduto in un fosso straziato dal fumo nel suo uliveto a Cessaniti, Vibo Valentia, e un altro, 69 anni, è stato ritrovato morto nel suo campo a San Pietro in Guarano, Cosenza. Ventiseimi­la ettari di bosco sono andati distrutti da metà giungo a oggi, quanto in tutto il 2016: è l’anno terribile del grande incendio dello Stivale con già 769 interventi della flotta dello Stato, il record degli ultimi dieci anni. Sulla polemica dello smembramen­to del Corpo forestale sono intervenut­i i Verdi, il coordinato­re Angelo Bonelli ha presentato un esposto alla Corte dei conti e alla procura di Roma. Ma, intanto, le operazioni continuano in piena emergenza.

DAL VESUVIO ALLA SICILIA tutto il Sud appare dall’alto come un grande rogo, quando la gru dell’aria, l’elicottero S 64 sia alza in volo dall’aeroporto di Lamezia Terme con direzione Messina, uno degli agglomerat­i urbani più assediati dalle fiamme in questi giorni, ancora non è possibile sa- pere che cosa si troverà davanti agli occhi dei due piloti e del tecnico a bordo una volta superato lo Stretto. È primo pomeriggio, il sole brucia, il vento soffia e appena la punta della Calabria si mostra all’orizzonte è possibile capire a cosa l’equipaggio sta andando incontro. Sono passati trenta minuti dalla partenza. Oltre Torre Faro, già in terra di Trinacria, sia alza un muro di fumo spaventoso. “L’incendio boschivo sta distruggen­do la parte alta – viene comunicato a terra –. Quella è la strada provincial­e 44, le fiamme scendono verso il rione Annunziata spinte da queste maledette raffiche di vento”. “Sì, è la zona universita­ria”. “Cominciamo da là, bisogna mettere prima in sicurezza persone e abitazioni, poi ritorniamo sul bosco”.

IL VELIVOLO VIRA su se stesso verso il mare e punta l’acqua dello Stretto: è l’operazione di carico. Ottomila litri a bordo della gru dell’aria insieme all’equipaggio. Si riprende quota sorvolando il centro di Messina. “Risaliamo e fra poco potremo sganciare il pri- mo carico, ma questa città è un casino tra sali e scendi, attenzione ai cavi elettrici, mentre ci abbassiamo”. “Ecco il muro di fuoco, dobbiamo cercare di avvicinarc­i alle case, viriamo leggerment­e ma senza entrare nel fumo”. “Dobbiamo anticiparl­o il fumo, da quella parte, leggerment­e a destra, scendiamo ora, giù giù fino ai cento piedi di altezza” (circa trenta metri). È il momento dello sganciamen­to dell’acqua, sotto le case sono vicinissim­e, potrebbe anche esserci ancora qualche persona, è necessaria massima prudenza. “Pannello di controllo centrale, apriamo le porte molto piano, il getto d’acqua deve essere una strisciata lunga e contenuta, ci sono le case troppo vicino, troppo vicino, attenzione, sganciamo ora, vai vai”. L’acqua viene giù segnando la traiettori­a seguita dall’elicottero in un piccolo varco tra la montagna di fumo nero e fiamme e le case.

QUESTO SARÀ solo uno di ventiquatt­ro “sg anci ame nti” su Messina, più violenti, con l’S 64 quasi fermo a ondeggiare nel vento col fumo attorno, quelli effettuati sopra agli alberi nella parte più alta e lontana dal centro città. Ormai è sera, sono le 20,15 e il cielo all’orizzonte si colora di un rosso che si confonde e perde nelle zone dove il fuoco è ancora alto. “Di più non si può fare ragazzi, ritorniamo a Lamezia”. Cala il vento sul tramonto dello Stretto. “Avremmo avuto bisogno ancora di qualche ora, il bosco continuerà a bruciare durante la notte, ma almeno abbiamo messo in sicurezza persone e palazzi e abbiamo contenuto le maledette fiamme, ritornerem­o per spazzarle via del tutto domattina”. Per duemila euro al mese.

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