Il Fatto Quotidiano

Kureishi: “I profughi li ha prodotti l’Occidente, che ora deve salvarli”

Lo scrittore anglo-pachistano sull’inazione europea e il caso del piccolo malato di Londra

- » ANDREA VALDAMBRIN­I

Nel suo romanzo più noto, Il Budda delle periferie, ha descritto l’ esplodere del multicultu­ralismo nei quartieri poveri e caotici della Londra anni ’90. Britannico di origine pakistana, romanziere, sceneggiat­ore ( My Beautiful La und rette è il film diStephenF­rears che lo ha lanciato nel 1985) e regista, Hanif Kureishi è in questi giorni a Roma dove ha presentato ieri sera al Festival delle Letteratur­e di Massenzio, curato da Maria Ida Gaeta, il suo ultimo romanzo, Uno zero (pubblicato in Italia da Bompiani). Dai tempi del Budda delle periferie a Londra di oggi, come è cambiato il multicultu­ralismo?

Sono nato a Londra a metà anni ’ 50, cresciuto negli anni ‘60 e ‘70. Durante la mia giovinezza, l’idea di una società multietnic­a era appena agli albori. Ho vissuto fino in fondo in un Paese che usciva faticosame­nte dal passato coloniale, in cui i bianchi e i loro valori rappresent­avano la normalità. Finalmente, durante gli anni ’80 le persone hanno cominciato a pensare che la società era cambiata, e con essa i suoi riferiment­i: grazie ai molti migranti, arrivati a Londra dopo la guerra, si era ormai un mosaico di differenze. Resta importante capire due cose: da un lato, come noi figli del multicultu­ralismo ci percepiamo. Dall’altro se la Gran Bretagna vuole tornare all’illusione neo-imperiale, o se invece non ha bisogno, come credo, di tornare a riflettere sul tema d el l’i nc lu si one.

Si riferisce all’impatto di Brexit sulla società? Durante la campagna elet- torale, abbiamo visto un enorme crescita del nazionalis­mo. È rinata l’identità britannica, l’idea della razza, perfino del sangue e il territorio. Da molto tempo non avevo sentito parole d’ordine di questo genere. Si è trattato di un’operazione che ha approfitta­to della debolezza di persone marginaliz­zate per gli effetti del capitalism­o e dalla globalizza­zione.

Cosa ci insegna la tragedia di Grenfell Tower, il gratta- cielo londinese nel cui rogo il 14 giugno sono morte 87 persone?

Latimer Road (la strada del quartiere di Kensington in cui sorgeva il grattaciel­o andato a fuoco ndr) è vicinissim­a a dove abito: ricordo il fumo, il caos, che vedevo dalla finestra di casa. Questi fatti hanno toccato direttamen­te poveri, rifugiati, richiedent­i asilo, oltretutto in uno dei quartieri tradiziona­lmente più ricchi della città. Come giudica Sadiq Khan - sindaco di Londra di origine pakistane, proprio come lei – che ha avuto un importante ruolo nella gestione dell’emergenza a Grenfell? Lui è esattament­e il simbolo della nuova Gran Bretagna, è intelligen­te, profondo. Speriamo che in futuro non sarà mai come Boris Johnson, che ha svenduto la città al capitalism­o. Londra è diventata, anche per colpa sua, un posto dove vivono o super-ricchi o poverissim­i, e questo non mi piace.

Dall’altra parte della Manica, a Calais, centinaia di disperati attendono di essere accolti nel Regno Unito. Una speranza legittima o, come dicono altri, una pretesa impossibil­e da soddisfare? Chi ha prodotto i rifugiati? Rispondere­i il capitalism­o che genera disuguagli­anze, le guerre che hanno destabiliz­zato il Medio Oriente, il cambiament­o climatico. In una parola, l’Occidente. Dobbiamo guardare alle cause prima di vedere solo il risultato. Ecco perché è nostro dovere morale accogliere queste persone.

Ha un’opinione sul caso Charlie Gard che lega idealmente il suo Paese all’Italia, in questo momento?

Da un lato c’è l’autorità dei medici e dell’ospedale che ha in cura il bambino, dall’altro il diritto dei genitori: esempio di una burocrazia in cui gli individui non sono più protagonis­ti. Personalme­nte, non ho fiducia nella scienza, quando essa ha la pretesa di dominare la vita delle persone.

Non ho fiducia nella scienza quando ha la pretesa di dominare la vita delle persone

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J’accuse Hanif Kureishi, 62 anni
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