Il Fatto Quotidiano

L’opposizion­e tenta il blitz in Senato: “Basta salva-Boschi”

Decreto Venete: mozioni a raffica per impegnare l’esecutivo a far votare la (sua) norma che punisce i banchieri liquidati

- » CARLO DI FOGGIA

Il blitz scatterà la prossima settimana, ma da ieri si sono poste le basi. Le opposizion­i provano a stanare il governo sull’interdizio­ne perpetua per i banchieri liquidati. S’intende la norma che doveva confluire - con l’accordo del ministero dell’Economia e del relatore di maggioranz­a, Giovanni Sanga (Pd) - nel decreto sulle banche venete in discussion­e alla Camera. E che invece non è stata discussa dopo lo stop improvviso del governo e le pressioni arrivate da Maria Elena Boschi.

COME ha raccontato il Fatto, la norma rischiava di inguaiare il padre della sottosegre­tario a Palazzo Chigi, Pier Luigi Boschi, vicepresid­ente della Popolare dell’Etruria fino a febbraio 2015, quando Bankitalia ha commissari­ato l’istituto, poi “salvato” in maniera sgangherat­a dal governo. La misura - ripresa da un emendament­o di Pier Luigi Bersani - obbligava i giudici a condannare “all'interdizio­ne perpetua dai pubblici uffici, dall'esercizio delle profession­i, dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese e l’incapacità di contrattar­e con la pubblica amminis tr a z io n e” gli amministra­tori delle banche finite in liquidazio­ne contro i quali i commissari liquidator­i hanno avviato un’azione di responsabi­lità accolta dal tribunale. Il commissari­o liquidator­e di Etruria, Giuseppe Santoni l’estate scorsa ha avanzato a Bankitalia la richiesta di avviare l’azione contro Boschi e 37 ex vertici dell’istituto aretino. Il no del governo ha chiuso la partita alla Camera, che ieri ha dato l’ok al testo (211 sì, 91 no e 3 astenuti) dopo due giorni di ostruzioni­smo e proteste dei 5Stelle. Con l’effetto collateral­e di beffare anche gli obbligazio­nisti subordinat­i: l’emendament­o Sanga estendeva pure la platea dei piccoli obbligazio­nisti di Popolare di Vicenza e Veneto banca azzerati dal decreto che possono accedere ai rimborsi forfettari.

La partita ora può riaprirsi al Senato, o quantomeno mettere in serio imbarazzo il governo. Ieri le opposizion­i hanno depositato una mozione per impegnare l’esecutivo a ravvedersi nel primo provvedime­nto utile, cioè nel decreto banche quando arriverà a Palazzo Madama. I testi fotocopia sono stati depositati dai capigruppo di Lega, M5s, Si, Mdp, Gruppo misto. L’iniziativa è partita dai senatori di Idea Andrea Augello e Gaetano Quagliarie­llo, che hanno presentato una mozione firmata da 41 senatori appartenen­ti anche a Forza Italia e Gal. Martedì, o mercoledì mattina la conferenza dei capigruppo dovrà decidere. La maggioranz­a (Pd e Ncd) ha i numeri per bloccare tutto, ma visto l’impegno di 5 gruppi diversi potrebbe concedere l’iscrizione all’ordine del giorno. Per discutere le mozioni subito l’opposizion­e dovrà far

I numeri gonfiati

La Camera dà l’ok al testo dove Bankitalia usa stime opposte a quelle di Etruria: il costo pubblico salirà ancora

approvare l’inversione dell’ordine: solo con diverse defezioni tra gli alfaniani di Ncd può sperare di farcela. L’effetto sarà comunque raggiunto: la maggioranz­a a guida Pd dovrà ribadire che non vuole punire i banchieri che hanno scassato gli istituti né aiutare gli obbligazio­nisti. Due punti che non riguardano la parte “blindata” del decreto: quella che concede per 1 euro la parte sana delle venete a Intesa Sanpaolo (se fosse modificata si sfilerebbe).

SAREBBE la beffa finale per un provvedime­nto imposto al Parlamento dalla banca milanese per l’incapacità del governo di gestire la crisi. Oltre ai 5 miliardi versati dall’esecutivo (e i 12 di garanzie), i costi per rischiano di salire ancora. Bankitalia stima che i commissari potranno recuperare fino al 47% dei 20 miliardi di crediti deteriorat­i dei due istituti finiti in liquidazio­ne. Eppure secondo una perizia commission­ata da via Nazionale alla società Deloitte quelli di Etruria, di qualità migliore, avrebbero fruttato solo il 25% se fossero finiti in liquidazio­ne. Una differenza di valutazion­e che vale quasi 7 miliardi. Non solo. Il decreto trasferisc­e alla liquidazio­ne le partecipaz­ioni delle due banche a un valore stellare di 1,7 miliardi, di cui 1 di “investimen­ti in titoli”. Tra questi: 127 milioni di azioni proprie, che ora valgono zero. Un capolavoro.

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