Il Fatto Quotidiano

Sul Vesuvio restano solo la cenere e l’Esercito

Cento sfollati nell’area attorno al cratere, ingenti danni: i militari sigillano il parco

- » MICHELA A. G. IACCARINO

Questa

è terra di marinai che sanno sempre da che parte soffia il vento, ma adesso si chiedono verso dove trascinerà la nube. Il fumo del vulcano da lontano sembra una nuvola caduta a terra, color latte. Da vicino la sua cenere è come la neve, pallida come la luna. La montagna, come chiamano il Vesuvio, era verde, poi è stata nera ed ora è bianca. Sono arrivati i militari e bloccano gli accessi al Parco nazionale. I soccorrito­ri cercano il nuovo fronte di fuoco. È alle spalle, davanti o indietro? Delle fiamme parlano come di un fuggitivo in continuo movimento. Ciò che è stato salvato finora è ridotto in cenere. Finora cento sfollati nel Vesuviano, fiamme fino all’ospedale Maresca, Torre del Greco, dove è stato evacuato il centro disabili don Orione e un’ordinanza ha sospeso le attività commercial­i a ridosso del rischio.

DIMINUISCE la furia dei roghi, ma aumenta quella della rabbia. Gli abitanti sono intossicat­i dal fumo, ma anche nel senso napoletano del termine: incazzati. Chi amava correre lo faceva lungo i percorsi di queste pinete, dove tutto è stato mangiato dalle fiamme, perché loro, come il fuoco, ànna magnà. Non c’è ancora un colpevole. Se chiudi gli occhi quello che è successo te lo ri- cordano le narici. Puzza acre. Questa è terra di scavi: quelli gloriosi del passato e quelli del vergognoso presente, m u nnezza seppellita illegalmen­te dalla camorra, sotto quintali di terreno e silenzio. Intanto l’esercito blocca le vie d’accesso al Parco Nazionale: mucchietti di cenere, 150 ettari andati perduti. Tutto è ancora alto: la temperatur­a e il rischio, ma “posso dire finalmente che l’emergenza è rientrata” dice il sindaco di Terzigno Francesco Ranieri. Nel suo Comune i vigneti sono una decina e sono salvi. Il sin- daco è con il produttore di vini Ambrosio e vigili del fuoco: “Ci vuole uno studio dettagliat­o per calcolare i danni, ci servono foto dall’alto, non diamo i numeri”.

Giacomo Acunzo è un fotogiorna­lista che ha dormito poco negli ultimi due giorni per percorrere tutto il perimetro di fuoco. Sta guardando sul desktop le foto dell’anno scorso, dello stesso mese, 2016: “È stato ripetuto lo stesso copione. Il primo focolaio, circa una settimana fa, si è pensato di poterlo domare con i mezzi di terra, poi i canadair in ritardo e alla fine, il Vesuvio è bruciato”. Le discariche sono state rese umide ma alla Sari 1, chiusa nel 1994, il vecchio impianto di capta- zione di biogas è stato raggiunto dalle fiamme. Da quella strada bollente se n’è andato quando si è guardato i piedi e ha visto che le sue scarpe bruciavano. Era la terra del fuoco, poi è stata quella dei fuochi, adesso è della cenere.

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I militari hanno chiuso ieri gli accessi al Parco nazionale del Vesuvio, ridotto in cenere
Ansa L’esercito I militari hanno chiuso ieri gli accessi al Parco nazionale del Vesuvio, ridotto in cenere

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