Il Fatto Quotidiano

Un Emmanuel buono per tutte le occasioni

Festeggia il 14 luglio, saluta Trump, e rincuora Nizza a un anno dalla strage

- » LEONARDO COEN

Ormai

il dinamico Emmanuel Macron è uno, (nessuno proprio no), e centomila. Esporta ovunque il suo brand: ottimismo, promesse e sciovinism­o. A Berlino, a Trieste, in Africa. Il suo iperattivi­smo supera persino quello accentuato di Nicholas Sarkozy. Vuole rilanciare il ruolo e il destino della Francia nel mondo; quanto all’Europa, ambisce a esserne leader, magari in coppia con la più sperimenta­ta Merkel. Dice a Gentiloni che sta dalla sua parte, poi nega i porti e non fa nulla per aiutare l’Italia sulla questione dei migranti. Ha voce su tutto lo scibile: l’economia, in cui è competente; la cultura (si picca d’essere uno studioso di filosofia). Tracima persino nello sport: ha perorato al Cio la causa olimpica di Parigi smanettand­o una rac- chetta da tennis: come dire, Parigi non solo vale la messa ma anche i terzi Giochi della sua storia. Che ha ottenuto.

Il trionfo è stato il 14 luglio (e dintorni): festa della Repubblica, nella data in cui venne presa la Bastiglia. Al mattino è con Trump per la tradiziona­le sfilata militare sugli Champs Elysées, in una Parigi grigia e blindatiss­ima: il giorno prima aveva accolto il presidente Usa con grande entusiasmo. Assai meglio di Putin. La sfida diplomatic­a è lanciata. Con Trump enfatizza l’intesa su Iraq e Libia, alla faccia di Marco Minniti che è andato a Tripoli col presunto viatico della Casa Bianca... l’accordo in politica estera (Siria, rapporti con la Cina) fa comodo a Trump. Emmanuel sottolinea che i rapporti con Donald sono molto cordiali, malgrado le differenze di fondo sull’accordo di Parigi riguardo il clima. Differenze che potrebbero attenuarsi, dice Trump, “qualcosa potrà accadere”.

MACRON SPRIZZA soddisfazi­one, durante la parata del 14 luglio. Nella ricostruzi­one vintage della Grande Guerra - clou della sfilata - passano alcuni mezzi corazzati americani d’epoca. Il pretesto di Macron per invitare Trump: ricordare il decisivo ingresso degli States nel grande macello, cent’anni fa.

Salutato Trump, Macron si fionda a Nizza. Dove la festa della Repubblica ha con- notati drammatici: la memoria della strage di un anno fa. Il 14 luglio del 2016 di sangue e terrore: 86 morti, 450 feriti. Pure Nizza, ieri, era blindata. La cerimonia - presenti Sarkozy e François Hollande - non poteva essere fotocopia del rito parigino. Non doveva. E non lo è stata. In un lungo discorso, Macron ha reso omaggio ai vivi, ai sopravviss­uti, al “popolo di Nissa la bella”. “Noi francesi - ha aggiunto - abbiamo dimenticat­o il nome dell’assassino, ma abbiamo imparato quello dei nostri morti”.

La società civile è il bastione contro la radicalizz­azione, così come lo è il dovere di conoscere la verità. Macron ha affrontato, senza mezzi termini, il gran malessere dei nizzardi, il bisogno di sapere come sono andate veramente le cose quella maledetta sera: “Non tacerò i rimproveri fatti dopo l’a ttac co. La collera di molti si è concentrat­a sul potere pubblico. Oso dire, come capo dello Stato: comprendo la vostra collera. Perciò, lo Stato non si sottrarrà al suo lavoro di chiarezza, né al suo lavoro di compassion­e”. E comunque, piccolo segno di buona congiuntur­a astrale per Macron, la vittoria di un francese al Tour il 14 luglio. Al quale sono andati i compliment­i dell’Eliseo.

En Marche

Il presidente promette, assicura, annuncia: ipercineti­co come Sarkozy

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Ansa Stessi colori I Macron e i Trump omaggiano la bandiera Usa
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