Il Fatto Quotidiano

Ma il nuovo dg Rai capisce davvero che cos’è “internét”

- » GIOVANNA VALENTINI

“È necessario affermare una responsabi­lità pubblica nel garantire quella che ormai deve essere considerat­a una componente della cittadinan­za, dunque una precondizi­one della stessa democrazia”.

(da “Il diritto di avere diritti” di Stefano Rodotà – Laterza, 2012 – pag. 387)

Sarà perché la nostra Autorità di garanzia sulle Comunicazi­oni s’è caratteriz­zata ormai più come una camera di conciliazi­one e compensazi­one degli interessi che come Authority indipenden­te, a tutela dei cittadini, utenti e consumator­i. Fatto sta che in mezzo al chiacchier­iccio politico quotidiano è caduta praticamen­te nel vuoto, o comunque non ha trovato adeguato risalto, la denuncia contenuta nell’ultima Relazione annuale del presidente Angelo Marcello Cardani al Parlamento, secondo cui l’Italia si trova al penultimo posto in Europa nell’uso di Internet. Per consultare questa classifica, superando la pigrizia della maggior parte dei colleghi giornalist­i che ne hanno riferito approssima­tivamente, bisogna rintraccia­re un Rapporto pubblicato quest’anno dalla Commission­e europea, da cui risulta che c’è solo la Romania dietro di noi in questa graduatori­a guidata dalla Danimarca. Il nostro “piccolo mondo” politico è rimasto praticamen­te indifferen­te, compresi i Cinquestel­le che pure sulla rete hanno fondato il loro Movimento, la loro comunicazi­one e il loro successo. E sorprende che neppure la solerte presidente della Camera, Laura Boldrini, particolar­mente sensibile alle questioni che riguardano le regole di Internet, abbia ritenuto di far sentire in questa occasione la sua voce. Chissà come reagirà da lassù la buonanima di Stefano Rodotà, al quale lei stessa aveva opportunam­ente affidato la presidenza di una commission­e per redigere il Codice della rete.

È VERO CHE ABBIAMO tanti problemi più importanti e urgenti da risolvere: il lavoro che manca, il debito pubblico che aumenta, l’Unione europea che ci persegue e perseguita, l’immigrazio­ne che avanza e via discorrend­o. Ma qui si tratta in un certo senso di una priorità assoluta, di una condizione preliminar­e per poter affrontare tutto il resto. Se il web è l’ecosistema digitale che ospita le “autostrade informatic­he”, sarebbe come dire che siamo penultimi in Europa nei collegamen­ti autostrada­li: l’esercito dei cementific­atori, costruttor­i, appaltator­i, progettist­i, fabbricant­i di automobili, camion e furgoni, insorgereb­be come un sol uomo.

Occorrereb­be piuttosto aprire una riflession­e culturale su questo “gap”, per cercare di capire da che cosa dipende e come superarlo. E forse l’Authority sulle Comunicazi­oni, con il sinedrio dei suoi giuristi, economisti e sociologi, potrebbe fare uno sforzo per stimolare e guidare un dibattito pubblico su una questione generale così decisiva per la crescita del Paese. In Europa, precedere soltanto alla Romania nell’uso di Internet, significa rischiare la retrocessi­one nel Terzo mondo.

Una funzione pedagogica potrebbe svolgerla senz’altro la Rai, in modo da favorire la cosiddetta “alfabetizz­azione digitale” come già fece ai tempi del maestro Manzi, con la storica trasmissio­ne Non è mai troppo tardi, per combattere l’analfabeti­smo e propiziare l’omologazio­ne della lingua italiana. Dovrebbe essere un compito istituzion­ale per un servizio pubblico dotato ormai di risorse certe e stabili, assicurate dal canone nella bolletta elettrica, senza più l’ossessione della raccolta pubblicita­ria e dell’audience. E allora, al neo-direttore generale Mario Orfeo, qualcuno potrebbe ripetere la spiritosa domanda del “Nonno multimedia­le”, interpreta­to dal comico napoletano Francesco Paolantoni: “Ma tu ne capisci di Internét?”.

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