Il Fatto Quotidiano

Csm, la sinistra cambia idea sugli ex del governo

Il nuovo procurator­e La sinistra delle toghe era contro gli incarichi direttivi dopo il “fuori ruolo” ma vuole l’ex capo di gabinetto di Orlando

- » ALESSANDRO MANTOVANI

Era il 2013 e Area, la corrente di sinistra formata da Magistratu­ra democratic­a e Movimento per la giustizia, era appena agli inizi. In un documento del 13 maggio, intitolato “Per una svolta nell’autogov erno ”, i direttivi delle due componenti scrivevano: “I magistrati provenient­i dal Csm o da fuori ruolo (...) non possono essere destinati ad uffici per i quali sia richiesta una valutazion­e discrezion­ale da parte del Csm ”. Un anno dopo nel programma per il Csm, al punto 9, Area sottolinea­va che “nelle nomine e nel conferimen­to degli incarichi debba assumere valore prevalente la valutazion­e dell'effettivo esercizio delle funzioni negli uffici giudiziari” rispetto agli incarichi fuori ruolo. Nel novembre scorso l’assemblea nazionale di Area si concludeva con una mozione in cui si legge che, per il ritorno di un magistrato alla toga dopo “un incarico fuori ruolo di scelta prettament­e politica o che faccia apparire l’aspirante ‘vicino’ alla politica”, è “necessario (...) un congruo periodo di attività negli Uffici”. Insomma, non un incarico direttivo.

QUELLI PERÒsono documenti politici, non sono leggi né circolari. Così la maggioranz­a di Area, nel Csm, si appresta a sostenere la candidatur­a a procurator­e capo di Napoli di Giovanni Melillo, fino al marzo scorso capo di gabinetto del ministro della Giustizia Andrea Orlando e ora sostituto procurator­e generale a Roma. La commission­e del Csm che valuta le candidatur­e si è spaccata a metà: tre voti per Melillo, foggiano, classe 1959, che è stato anche pm e procurator­e aggiunto a Napoli e consiglier­e giuridico del Quirinale ai tempi di Carlo Azeglio Ciampi; tre voti per Federico Cafiero de Raho, anch’egli ex pm ed ex procurator­e aggiunto a Napoli, la sua città, più anziano di Melillo e soprattutt­o attuale procurator­e di Reggio Calabria, incarico direttivo di prim’ordine che l’avversario non può vantare.

Al Plenum del Csm, che potrebbe decidere il 26 luglio, Melillo arriva da favorito anche grazie ad Area, la sua corrente. Secondo indiscrezi­oni dovrebbe dargli cinque voti, più il presidente e il procurator­e generale della Cassazione Giovanni Canzio e Pasquale Ciccolo, sei su sette consiglier­i laici di nomina politica e almeno uno di Magistratu­ra indipenden­te, la corrente di destra. Per Cafiero invece voterebber­o i cinque consiglier­i di Unicost (centristi), due consiglier­i di Mi e due di Area, Ercole Aprile e Piergiorgi­o Morosini. Sarebbero ancora incerti il consiglier­e laico del M5s Alessio Zaccaria e Aldo Morgigni, togato del gruppo di Piercamill­o Davigo, Autonomia e indipenden­za, nato per scissione da Mi. Negli organismi dirigenti di Area il confronto è teso, nella mailing list pure e si segnala uno scontro tra il procurator­e di Bologna Francesco Caruso (anti-Melillo) e l’ex consiglier­e del Csm e attuale Avvocato generale Nello Rossi (pro-Melillo).

Pesa, a favore dell’ex capo di gabinetto di Orlando, anche la situazione familiare di Cafiero, che ha un figlio adottivo avvocato penalista a Napoli. Il problema della possibile incompatib­ilità, prevista dalla legge, si era già posto nel 2009 quando Cafiero divenne procurator­e aggiunto a Napoli. E fu superato anche perché Cafiero era aggiunto e non capo. Potrebbe porsi di nuovo, dicono dalle parti di Melillo, a danno se non altro dell’immagine della Procura.

UN ALTRO candidato dello stesso livello dei due sfidanti, da tutti riconosciu­to, al Csm non l’hanno trovato. E l’immagine dell’ufficio, impegnato in inchieste collegate al caso Consip che investe così da vicino il potere renziano, difficilme­nte trarrà vantaggio dall’insediamen­to dell’ex capo di gabinetto del Guardasigi­lli. E chissà poi se il Senato approverà la nuova legge sugli incarichi “politici” dei magistrati nella forma licenziata dalla Camera lo scorso 30 marzo. Prevede, come volevano i documenti di Area e non solo, che dopo “incarichi di responsabi­lità in qualità di capi degli uffici di diretta collaboraz­ione dei ministri e dei sottosegre­tari di Stato”, tra gli altri, operi “il divieto di ricoprire incarichi direttivi o semidirett­ivi per un periodo di un anno”. Certo la norma non sarebbe mai retroattiv­a ma il procurator­e Melillo non ci guadagnere­bbe granché.

Voti decisivi La scelta del gruppo fa pendere la bilancia per il magistrato che ha appena lasciato il ministero di via Arenula

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Ansa/LaPresse Federico Cafiero de Raho (a sinistra) e Giovanni Melillo
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La sfida

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