Il Fatto Quotidiano

Trump, gestione presidenzi­ale sciatta

Istituto di ricerca dei conservato­ri fa il contropelo a The Donald

- » GIAMPIERO GRAMAGLIA

Asei

mesi dal suo insediamen­to – la scadenza è giovedì 20 – Donald Trump “è molto indietro” rispetto ai suoi immediati predecesso­r i , George W.

Bush e Barack Obama: il giudizio non viene dai media tradiziona­lmente ostili al magnate presidente, ma è di The Daily Signal, organo d’op inione della Heritage Foundation, uno degli istituti di ricerca della destra tradiziona­le conservatr­ice. E i dati sono forniti dal Center for Presidenti­al Transition, un progetto bipartisan della Partnershi­p for Public Service. La classifica riguarda, in particolar­e, le nomine fatte e le conferme ottenute dal Senato, che – lo ricordiamo - i repubblica­ni controllan­o: Trump ha fatto 197 nomine e ha ottenuto 47 conferme (meno di una su quattro). Naturalmen­te, la Casa Bianca scarica la responsabi­lità sui democratic­i che fanno ostruzione. Le tattiche dilatorie spiegano, in effetti, parte del ritardo, ma non tutto. Trump è pigro nelle nomine del suo. Allo stesso punto della loro presidenza, Obama aveva fatto 356 nomine e ottenuto 200 conferme; George W. Bush era a 296 nomine e 149 conferme, con i democratic­i che controllav­ano il Senato; Bill Clinton a 256 e 196; George Bush padre a 243 e 144. Robert Moffit, uno dei ricercator­i della Heritage Foundation, rileva che l’Amministra­zione procede lentamente: “Il ritmo sciatto nel riempire i posti minori non è colpa dei democratic­i, ma della gestione presidenzi­ale”.

CARENZE E RITARDI non riguardano solo le nomine: delle promesse elettorali, solo il disimpegno dagli accordi di Parigi sul clima è cosa fatta. Le altre devono ancora essere mantenute. Sull’immigrazio­ne, il muro al confine con il Messico ha ottenuto qualche finanziame­nto, ma è fermo, e il bando anti- musulmani continua a incontrare ostacoli nei tribunali federali, in attesa della sentenza nel merito della Corte Suprema.

La riforma sanitaria, che deve sostituire l’Obamacare, continua a subire colpi di freno in Senato: almeno due dei 52 repubblica­ni hanno già annunciato che non la voteranno e non c’è più spazio per defezioni: sotto i 50 voti, la misura è morta. E la riforma fiscale suscita molte perplessit­à, fra gli stessi repubblica­ni. Una fonte del Congresso dice: “È politicame­nte letale tagliare le tasse ai più ricchi e tagliare i servizi ai più poveri”, 22 milioni di cittadini americani resterebbe­ro senza copertura sanitaria.

Per i Trump, però, la priorità sono gli aggiustame­nti in corso nelle loro squadre legali, in vista degli sviluppi del Russiagate, l’intreccio di indagini sui contatti tra i consiglier­i del candidato/presidente con emissari, veri o presunti, del Cremlino. E il presidente non pare mai sfiorato da critiche e polemiche.

Di ritorno negli Usa dalla Francia, se n’è andato nella sua residenza di Bedminster, New Jersey, la ‘Casa Bianca d’estate’ - come il resort di Mar-a-Lago in Florida è la ‘Casa Bianca d’inverno’ -. Lì, nel suo golf club, c’è un’importante prova del circuito pro golf femminile, lo US Women’s Open, con le migliori golfiste mondiali: 156 concorrent­i, migliaia di appassiona­ti, le dirette tv.

Meglio il golf Anche la riforma fiscale è in panne ma il magnate preferisce andare a vedere lo US Women’s Open

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LaPresse Tycoon Donald Trump
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