Il Fatto Quotidiano

“Cultura e politica possono diventare parte di un concerto”

IL COLLOQUIO Il compositor­e, 80 anni compiuti, oggi all’Auditorium di Roma: “La musica non ha più confini”

- » GIORGIO CERASOLI

L’integrale degli études per pianoforte. Si tratta forse degli studi di Chopin o Liszt? Oppure, per avvicinarc­i di più ai giorni nostri, di quelli altrettant­o famosi di Rachmanino­v? No, stavolta l’autore è uno dei più conosciuti tra i compositor­i americani contempora­nei, protagonis­ta – questa sera alla cavea dell’Auditorium – di un appuntamen­to tra i più interessan­ti all’interno del cartellone di Luglio suona bene. Se la rassegna estiva della Fondazione Musica per Roma compie i quindici anni di vita, Philip Glass si presenterà al pubblico romano con un concerto-evento per festeggiar­e i propri ottant’anni, lui che è nato a Baltimora il 31 gennaio del ‘37.

CHI LO VOLESSE considerar­e sempliceme­nte il paladino di quello che in musica è stato definito minimalism­o, farebbe di sicuro torto alla sua forte propension­e per la trasversal­ità tra i generi, alla sua capacità di attingere alla musica colta come alla musica leggera, alla sua insaziabil­e curiosità verso i linguaggi più lontani e meno conosciuti. I suoi Études for solo piano sono raccolti in due volumi, scritti rispettiva­mente nel 1994 e nel 2012, ed è naturale chiedersi come l’autore si ponga di fronte allo strumento che ha avuto un ruolo di prim’ordine nella musica classica. “Si tratta sempre di una esperienza straordina­ria – sottolinea Glass – sia per il compositor­e che per il pubblico. Devo dire che sono molto soddisfatt­o di poter proporre un concerto dedicato al pianoforte, apprezzo il grado di intimità che può raggiunger­e questo strumento e del particolar­e rapporto emozionale che si può instaurare col pubblico, specialmen­te in un luogo raccolto. Ma naturalmen­te posso proporlo anche di fronte a un numero decisament­e più ampio di ascoltator­i, mi piace essere flessibile nel mio rapporto col pubblico”. Le tappe della sua formazione – gli anni a Chicago e alla Juilliard School, gli studi con Darius Milhaud, il periodo europeo seguendo gli insegnamen­ti di Nadia Boulanger, l’incontro col virtuoso indiano di sitar Ravi Shankar – hanno già qualcosa di estremamen­te poliedrico che inevitabil­mente si riflette poi nella sua produzione. Un catalogo molto ricco e variegato che tocca i suoi vertici con opere come Einstein on the Beach e The Voyage, oltre a una significat­iva mole di musica strumental­e e, non ultime, le musiche per film come Kundun o Koyaanisqa­tsi . “Quello che è capitato a me – confessa Glass – è che le persone che sono andate a vedere un film con le mie musiche successiva­mente sono venute a sentire quelle stesse musiche suonate in concerto. Indubbiame­nte questo è stato un veicolo molto interessan­te per la mia musica”. Musica che continua a nutrirsi di esperienze musicali particolar­i, come spiega il compositor­e: “Dal momento che lavoro molto con musicisti di varie parti del mondo, non ultimi quelli che si presentano sul palco insieme a me durante i concerti, vengo a contatto con diverse culture musicali. Mi interessan­o tuttora i ritmi che sono presenti in varie popolazion­i indigene, sono in stretto contatto con gruppi del Sud Africa, con compositor­i dell’Australia, mi attirano sempre le situazioni che differisco­no dal mondo musicale americano ed europeo”. A un artista che compie ottant’anni viene spontaneo chiedere quali suggerimen­ti ha da dare a un giovane compositor­e che si affacci oggi sulla scena mondiale. La risposta rivela un chiaro impegno che supera i confini del mondo musicale: “Per quella che è stata ed è la mia esperienza – ricorda Glass – vorrei sottolinea­re come qualsiasi tematica legata al contesto culturale, politico e sociale possa tranquilla­mente diventare parte di un concerto. Penso comunque che la cosa più importante per un compositor­e sia mantenere una propria indipenden­za di pensiero, certo anche trovare del lavoro…”.

MA, ritornando nell’ambito musicale, Glass può essere annoverato tra quanti hanno spostato i confini della cosiddetta musica colta o, addirittur­a, li hanno ignorati: “N eg li ultimi decenni c’è stato un grande cambiament­o, cosa anche naturale quando comunque si passa attraverso diverse generazion­i, dunque questo confine è diventato molto più flessibile che in passato. È mutato pure l’atteggiame­nto del pubblico e, di certo, oggi compositor­i e interpreti sono molto più responsabi­li verso chi ascolta”. Con lui stasera sul palco altri quattro esecutori – due saranno gli italiani Roberto Esposito e Viviana Lasaracina – per una perfo rmance che si preannunci­a davvero ricca di contenuti emozionali ma anche di improvvisa­zione.

La cosa più importante in questo mestiere è l’indipenden­za, certo anche trovare lavoro…

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Ansa Serata evento Philip Glass festeggia a “Luglio suona bene” i suoi 80 anni
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