“Cultura e politica possono diventare parte di un concerto”
IL COLLOQUIO Il compositore, 80 anni compiuti, oggi all’Auditorium di Roma: “La musica non ha più confini”
L’integrale degli études per pianoforte. Si tratta forse degli studi di Chopin o Liszt? Oppure, per avvicinarci di più ai giorni nostri, di quelli altrettanto famosi di Rachmaninov? No, stavolta l’autore è uno dei più conosciuti tra i compositori americani contemporanei, protagonista – questa sera alla cavea dell’Auditorium – di un appuntamento tra i più interessanti all’interno del cartellone di Luglio suona bene. Se la rassegna estiva della Fondazione Musica per Roma compie i quindici anni di vita, Philip Glass si presenterà al pubblico romano con un concerto-evento per festeggiare i propri ottant’anni, lui che è nato a Baltimora il 31 gennaio del ‘37.
CHI LO VOLESSE considerare semplicemente il paladino di quello che in musica è stato definito minimalismo, farebbe di sicuro torto alla sua forte propensione per la trasversalità tra i generi, alla sua capacità di attingere alla musica colta come alla musica leggera, alla sua insaziabile curiosità verso i linguaggi più lontani e meno conosciuti. I suoi Études for solo piano sono raccolti in due volumi, scritti rispettivamente nel 1994 e nel 2012, ed è naturale chiedersi come l’autore si ponga di fronte allo strumento che ha avuto un ruolo di prim’ordine nella musica classica. “Si tratta sempre di una esperienza straordinaria – sottolinea Glass – sia per il compositore che per il pubblico. Devo dire che sono molto soddisfatto di poter proporre un concerto dedicato al pianoforte, apprezzo il grado di intimità che può raggiungere questo strumento e del particolare rapporto emozionale che si può instaurare col pubblico, specialmente in un luogo raccolto. Ma naturalmente posso proporlo anche di fronte a un numero decisamente più ampio di ascoltatori, mi piace essere flessibile nel mio rapporto col pubblico”. Le tappe della sua formazione – gli anni a Chicago e alla Juilliard School, gli studi con Darius Milhaud, il periodo europeo seguendo gli insegnamenti di Nadia Boulanger, l’incontro col virtuoso indiano di sitar Ravi Shankar – hanno già qualcosa di estremamente poliedrico che inevitabilmente si riflette poi nella sua produzione. Un catalogo molto ricco e variegato che tocca i suoi vertici con opere come Einstein on the Beach e The Voyage, oltre a una significativa mole di musica strumentale e, non ultime, le musiche per film come Kundun o Koyaanisqatsi . “Quello che è capitato a me – confessa Glass – è che le persone che sono andate a vedere un film con le mie musiche successivamente sono venute a sentire quelle stesse musiche suonate in concerto. Indubbiamente questo è stato un veicolo molto interessante per la mia musica”. Musica che continua a nutrirsi di esperienze musicali particolari, come spiega il compositore: “Dal momento che lavoro molto con musicisti di varie parti del mondo, non ultimi quelli che si presentano sul palco insieme a me durante i concerti, vengo a contatto con diverse culture musicali. Mi interessano tuttora i ritmi che sono presenti in varie popolazioni indigene, sono in stretto contatto con gruppi del Sud Africa, con compositori dell’Australia, mi attirano sempre le situazioni che differiscono dal mondo musicale americano ed europeo”. A un artista che compie ottant’anni viene spontaneo chiedere quali suggerimenti ha da dare a un giovane compositore che si affacci oggi sulla scena mondiale. La risposta rivela un chiaro impegno che supera i confini del mondo musicale: “Per quella che è stata ed è la mia esperienza – ricorda Glass – vorrei sottolineare come qualsiasi tematica legata al contesto culturale, politico e sociale possa tranquillamente diventare parte di un concerto. Penso comunque che la cosa più importante per un compositore sia mantenere una propria indipendenza di pensiero, certo anche trovare del lavoro…”.
MA, ritornando nell’ambito musicale, Glass può essere annoverato tra quanti hanno spostato i confini della cosiddetta musica colta o, addirittura, li hanno ignorati: “N eg li ultimi decenni c’è stato un grande cambiamento, cosa anche naturale quando comunque si passa attraverso diverse generazioni, dunque questo confine è diventato molto più flessibile che in passato. È mutato pure l’atteggiamento del pubblico e, di certo, oggi compositori e interpreti sono molto più responsabili verso chi ascolta”. Con lui stasera sul palco altri quattro esecutori – due saranno gli italiani Roberto Esposito e Viviana Lasaracina – per una perfo rmance che si preannuncia davvero ricca di contenuti emozionali ma anche di improvvisazione.
La cosa più importante in questo mestiere è l’indipendenza, certo anche trovare lavoro…