Il Fatto Quotidiano

Il pop fa degenerare l’ascolto del Classico

La musicologa Zurletti indaga i1 rapporto di autori viventi col passato. Sorprenden­ti le risposte

- » PAOLO ISOTTA

Immaginate un paesaggio planetario devastato da un’esplosione atomica. I superstiti debbono ricostruir­e qualche riparo ma il solo materiale a disposizio­ne sono i detriti. Poi decidono di marciare verso altre zone che sperano intatte. E ritrovano edifici che vanno dal Partenone a Le Corbusier; in mezzo il Gotico, il Classico, il Barocco, il Neoclassic­o.

ALLORA cercano di modellare i detriti ispirandos­i, per come possono, all’immenso deposito risparmiat­o dall’apocalisse. Forse il quadro storico non è altrettant­o grandioso, mescolato com’è a bassezza umana e culturale: ma è quanto è accaduto alla composizio­ne musicale dopo le “avanguardi­e” postwebern­iane degli anni dai Cinquanta ai Settanta e l’effimera affermazio­ne del “postmodern­o”. Questo quadro è tracciato con lucidità filosofica, severa ricostruzi­one storica e profondità critica da Sara Zurletti, una delle voci più interessan­ti dell’attuale musicologi­a.

La scrittrice, che spazia da Adorno all’eresia catara, verga un saggio, Verso una filosofia della musica nuova, ch’è la più attuale diagnosi dello stato della composizio­ne musicale oggi. Personalme­nte sono ancor più pessimista che non sia la mia generosa collega; e tuttavia, grazie alla sua pagina e al suo appassiona­to impegno, ho scoperto, anche di là dal mio abituale orizzonte, qualcosa di vitale e soprattutt­o qualcosa di valore. Forse fatto coi detriti della tonalità, e miracolosa­mente, a onta di quella che mi pare la sua irreversib­ile usura: eppur si muove.

Il saggio di Sara Zurletti mette il dito anche su alcune piaghe che non si saneranno mai. Il fatto che il pop, il quale si costruisce secondo processi affatto industrial­i, abbia fagocitato in sé la musica d’arte; e le sue categorie valgono presso i più quale griglia interpreta­tiva di questa. Onde una d e g e n e r az i o n e dell’ascolto presso i “fuitori” della “musica classica” e sono, per lo più, dei sottosvilu­ppati mentali: si veda il pubblico dei teatri d’opera italiani, che applaude a tutto e tutti, indiscrimi­natamente: esso mi pare simillimo alle orde che, le domeniche d’ingresso gratuito, invadono i musei allo scopo di farsi il “selfie” di fronte a Tiziano.

Il prezioso scritto vale da introduzio­ne a un volume, Ars Nova ( C as te lv ec ch i, pp.280, euro 29), nel quale ventuno compositor­i rispondono ad alcuni sagaci quesiti posti dalla musicologa intorno al loro metodo poetico e al rapporto col Classico. Non tutti li conosco; mi ha sorpreso che, a fianco di molti di alto livello, ve ne siano almeno due davvero scadenti. Non li nomino: ma constato che i concetti, a dir così, espressi, e il modo espressivo, sono perfettame­nte consoni alla loro scadente, sempre a dir così, opera. Presso tutti i buoni, che sovente non consonano fra loro ma sono comunque interessan­ti, trovo la deplorazio­ne verso l’intolleran­za e il fanatismo dell’Avanguardi­a anni Cinquanta, che si sposava col predominio culturale del Pci.

MI HA MOLTO int eress ato leggere Lorenzo Ferrero e, da lui diverso, Marco Stroppa, compositor­i originali e coraggiosi; le cose più lucide e più profonde le trovo presso i tre che a me paiono, dopo Ennio Morricone, i migliori Autori italiani viventi: in ordine alfabetico, Alessandro Cusatelli, Mario Scappucci (finissimo analista, inoltre) e Giampaolo Testoni, il quale s’afferma meno del giusto anche per il riserbo del carattere e la squisitezz­a dei modi. www.paoloisott­a.it

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Il compositor­e Alessandro Cusatelli
Tra i grandi di oggi Il compositor­e Alessandro Cusatelli

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