Il Fatto Quotidiano

Persino il cuore dell’uomo più cattivo può cambiare in bene

- » MONS. MARCELLO SEMERARO*

In questa domenica (e poi nelle due successive) il vangelo propone brani della prima sezione del capitolo XIII di Matteo, un insieme indicato come “il discorso in parabole”. Oggi è proclamato il primo, individuat­o come la parabola del seminatore ( cf. Matteo 13, 1–23). Prima di accostarci ad essa, però, sembra opportuno accennare ad alcune possibili domande: perché Gesù parla con parabole?

E ANCORA: cos’è, qui, una parabola? Si tratta di un modulo narrativo – un racconto, in genere alquanto breve – che vede accostate due realtà, una delle quali è facilmente inquadrabi­le in episodi tratti dalla vita quotidiana; l’altra, invece, rimanda a particolar­i disposizio­ni personali che, per essere riconosciu­te, esigono oltre che intelligen­za, attenzione, riflession­e anche la disponibil­ità a rivedere la propria condizione di vita. Le due realtà, dunque, benché abbiano delle corrispond­enze, non coincidono del tutto ed è per questo che in ogni parabola c’è sempre qualcosa di sfuggente; di provocator­io addirittur­a. Perché, infatti, si passi dall’una all’altra è necessaria almeno una certa capacità di autocritic­a; un po’ com’è nel richiamo del poeta latino Orazio:

de te fabula narratur, “non pensare ad altri, perché è proprio di te che io sto parlando”! Comprendia­mo, allora, per quale ragione Gesù preferisca comunicare in parabole: “per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendon­o. Così si compie per loro la profezia di Isaia” ( cf. Isaia 6, 9-10). Sulle labbra di Gesù questa non è parola di condanna, ma la constatazi­one, dolente e dolorosa, di chi vede una porta sbarrata, un cuore insensibil­e, una mente gonfia di pregiudizi. Abbiamo un proverbio che ( con delle varianti) dice: “non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”. In questo senso sulle labbra di Gesù la parabola è davvero la “frontiera dell’evangelo” (V. Fusco), la linea che occorre superare per passare da quello che è scontato e tutti potrebbero dire, anche come saggezza umana, a quella Parola che può cambiarti la vita, se l’accogli. “La parabola di Gesù mantiene tutta la sua carica di enigmatici­tà, lascia all’ascoltator­e il compito di comprender­la, lo interpella e lo costringe a interrogar­si, lo coinvolge in prima persona e lo impegna alla ricerca del senso”. Questa citazione di C. M. Martini ci permette di entrare in alcuni aspetti della parabola del seminatore. In essa, difatti, si tratta (ed è lo stesso Gesù a spiegarlo ai discepoli) di un Dio che parla all’uomo, a ogni uomo. Parla “molte volte e in diversi modi”, annota la Lettera agli ebrei (1,1). Perciò nella parabola il seme è gettato su ogni tipo di terreno. San Giovanni Crisostomo osservava che se un contadino disperdess­e in tal modo la semente, verrebbe certamente rimprovera­to. Spiegava, però, che non è questione d’incompeten­za, ma d’ottimismo.

DIO SA che il cuore dell’uomo, anche il più incattivit­o, può cambiare in bene.

Ecco, allora, che se nell’ordine fisico un terreno roccioso non può divenire terra buona, nella relazione con Dio “le pietre possono mutarsi e diventare terra fertile, la via più battuta può non esser più calpestata, ma divenire campo produttivo; anche le spine possono sparire per lasciare crescere e fruttifica­re in tutta libertà il grano seminato. Se questi cambiament­i fossero stati impossibil­i, il Signore non avrebbe seminato”. Se è vero che la parabola è una provocazio­ne, vale la pena lasciarsi stimolare da questo divino ottimismo. Lo si dice pure per il compito cristiano di annunciare il Vangelo. Un dovere di farlo a somiglianz­a del gesto largo del seminatore, rivolto sia verso i terreni ritenuti fertili, sia verso quelli immaginati non produttivi. * Vescovo di Albano

“SEMINATORE” Con questa parabola – seme gettato su ogni tipo di terreno – si conferma il divino ottimismo dal quale vale la pena lasciarsi stimolare

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy