Il Fatto Quotidiano

L’ottava meraviglia di re Federer

Con il punteggio di 6-3, 6-1, 6-4, lo svizzero torna a vincere nel suo giardino privato da cui aveva annunciato il ritiro forzato l’anno scorso. Al croato Cilic è mancato lo sprint, anche per problemi al piede

- » ANDREA DI GENNARO

Dodici

mesi fa nessuno avrebbe potuto pronostica­rlo. E forse nessuno ci avrebbe neanche creduto. Tanto meno dopo il ritito semi- forzato al termine di Wimbledon dello scorso anno. La decisione di allontanar­si dai campi per sei mesi, rimettere a posto schiena e ginocchio, per poi tornare a giocare come se nulla fosse a inizio 2017. In tanti abbiamo creduto che avrebbe potuto deliziarci con qualche colpo dei suoi, magari vincere qualche torneo di medio cabotaggio prima del ritiro definitivo. Ma poco di più. La sua convinzion­e di voler tornare a giocare sembrava quasi una patologia bulimica.

Ol’incapacità di rassegnars­i al tempo che passa di chi aveva già vinto tanto, battuto dozzine di record e incantato per intere stagioni appassiona­ti e non. E invece ieri ha ricevuto per l’ottava volta il trofeo dalla mani del duca di Kent. Nessuno mai prima di lui aveva vinto tanto sui prati di Wimbledon. A sette si era fermato Pete Sampras, altra era, altro gioco, quasi un altro mondo.

Roger Federer, è di lui che parliamo ( ammesso serva pronunciar­lo), ha giocato un torneo impeccabil­e. Non ha lasciato agl’av v er s ar i neanche un set nei sette incontri che lo hanno portato alla vittoria. Altra cabala sfatata, risultata fatale a tanti campioni nel corso della storia. Neanche il raffreddor­e ha potuto qualcosa contro quel “io non ho mai smesso di crederci pronunciat­o a fine partita. Tanto meno ha potuto qualcosa Marin Cilic in una giornata che gli dei del tennis sembravano aver disegnato per incoronare re Roger. Con il punteggio di 6-3, 6-1, 6-4.

Perso il primo set, il croato appare spaesato come chi pensa se non ce l’ho fatta pur rimandogli incollato cosa posso fare di più o di diverso? Poi ci si è messo un problema al piede, l’intervento del fisioterap­ista e uno scoppio di pianto a dirotto durante il cambio campo. Un momento di tenerezza che ha colpito tutti, pubblico e spettatori davanti a un giocatore che capisce di non farcela e, complice il dolore fisico, crolla anche dal punto di vista emotivo.

Roger rimane freddo, a tratti cinico come è tenuto a essere un tennista che è sempre e comunque solo da- vanti a una miriade di elementi diversi. Necessario farlo, non così scontato riuscirci. Eppure la tempra del campione si misura anche in questo: continuare a giocare come se nulla fosse, non farsi distrarre dalle pause né dai demoni di fronte ai quali un avversario azzoppato può condurti.

E invece la risposta di rovescio, vera novità del Federer “anziano”, ha continuato a portare punti in sequen- za. Uno spunto quest’ultimo frutto della consulenza di Stefan Edberg prima (il più bel rovescio mai visto su un campo da tennis, parola di Clerici e Tommasi) e Ivan Ljubcic poi. I due anfitrioni cui Federer si è affidato quando l’anagrafe cominciava a imporre cambi di ritmo e strategia per continuare a giocare e vincere. Poche discese a rete, ma tante risposte d’anticipo sulle quali a Cilic è spesso mancato il giusto tempo di reazione.

HA PROVATO LUI nel set di mezzo a giocare un improbabil­e serve& volley che sembrava quasi la strategia per perdere in fretta (era il momento più acuto del dolore al piede) senza dover abbandonar­e il palcosceni­co più prestigios­o del mondo. A suo modo una strategia onorevole.

Qualcosa invece si è rimesso a posto e nel terzo set s’è visto un po’ più di gioco, perlomeno fino al 3-3 quando Federer ha nuovamente cercato di dare una sterzata al match, togliere il servizio all’avversario e avvicinars­i al turno di servizio decisivo. A impression­are è stata la semplicità con cui Federer ha giocato, non ha dovuto affrontare momenti critici da un punto di vista tennistico ma al braccio che filava via in scioltezza hanno fatto il paio le gambe che in alcuni momenti lo facevano sembrare un ballerino. Condizione che ovviamente lo allontana sempre più dal ruolo di papà a tempo pieno. Capace di selezionar­e con cura il calendario e i tornei cui partecipar­e, Federer quest’anno ha vinto gli Australian Open al rientro a Gennaio, a seguire i due Master 1000 sul ce- mento americano a Indian Welles e Miami, sconfiggen­do due volte in finale l’avversario di sempre Rafael Nadal.

Ha comprensib­ilmente saltato la stagione sulla terra battuta (superficie a lui sempre meno congeniale), per arrivare al meglio all’amata erba. E qui vince il torneo di Halle, giocando un quarto di finale meraviglio­so contro Mischa Zverev (grazie anche a quest’ultimo, uno dei pochi interpreti rimasti del serve&volley) e poi annichilen­do in meno di un’ora in finale il fratellino Alexander.

Uno dei pochi veri predestina­ti tra i ventenni di oggi. Poi oggi l’ottava meraviglia nel suo giardino privato.

La risposta di rovescio, vera novità del tennista “anziano”, ha continuato a portare punti in sequenza

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