Il Fatto Quotidiano

A bordo dell’Intercity si torna ad alcuni “lussi” degli Anni 80

- » ALESSANDRO FERRUCCI

Punti di vista, più umore, più destinazio­ne, più caso: il tutto non deve mai diventare sostanza, ma restare nell’aurea imprecisat­a dell’opinione. Così, quello che inizialmen­te e potenzialm­ente, poteva sintetizza­rsi in un “Questo no”, alla fine si tramuta in “Questo sì”.

Roma-Viareggio in treno, slot della sera per una tratta, quella Tirrenica, falcidiata da anni, depotenzia­ta a favore del trasporto su gomma: poche partenze e convogli di “seconda mano”, non proprio come le destinazio­ni del sud, ma poco ci manca. Facile ritrovare il caro e vecchio Intercity orgoglio vintage modello anni Ottanta, quando già il termine inglese ci proiettava verso mete entusiasma­nti, ben lontane dagli Interregio­nali, i Locali e altre oscenità con i sedili in finta pelle, perfetti per sudare pure d’inverno.

CHI APPROCCIA al binario è già pronto alla resa, è già settato verso la rinuncia di tutte quelle comodità sbandierat­e, pubblicizz­ate, vantate sugli Eurostar; è consapevol­e di dover subire vagoni vecchi, niente spazio bar-ristorante. Il Wi-Fi? Per carità. Chi sale a bordo sa che scoprirà stazioni quasi perse sull’atlante geo-politico nazionale, ascoltare nomi finiti nell’eco negli anni, provincie quasi abbandonat­e. Magari abbassare il finestrino in stazione e rischiare un ceffone come le epiche scene di Amici miei. rò...

L’Intercity ti riporta realmente indietro nel tempo, e non è così male. Primo aspetto: gli scompartim­enti, che delizia. Non siamo obbligati a condivider­e i rumori di un’intera carrozza, non dobbiamo ascoltare il trillo di ogni cellulare, le risposte esagerate dei passeggeri, l’esibizioni­smo da businessma­n ( specialmen­te sulla Roma-Milano). A ognuno il suo piccolo scompartim­ento, ovvio anche dentro i sei posti stabiliti si annida il pericolo, ma è statistica­mente ridotto. Secondo: il gelo. Oramai sui treni bisogna settarsi in perenne modalità invernale, con sciarpa e maglione, scafandro e tazza di cioccolata calda anche a luglio, a ferragosto si brinda con il vin brulè. Chi sopravvive ha il fisico.

Anche in questo caso lo Con molti pe- scompartim­ento permette di ridurre o regolare il dolore e salvare qualche giuntura.

E POI IL WI-FI ufficialme­nte non funziona. Nessuna presa in giro, con messaggi tipo: “collegati, è gratis”. Sarà anche gratis, ma quasi impossibil­e agganciars­i, quindi amen; mentre con l’Intercity questa ipocrisia manca del tutto, si torna al passato, ed è forse anche giustifica­to isolarsi (“Scusa, non prende, c’è una galleria. Sai, sono in Intercity”), i più bravi possono sollecitar­e comprensio­ne e solidariet­à all’esterno (“Poverino, è su un Intercity”), mentre in realtà si può sfogliare un libro o abbandonar­e per qualche ora il tempo della rincorsa e favorire un inedito sguardo fuori dal finestrino. Il mondo esterno non è sempre così brutto.

Twitter: @A_Ferrucci

Dopo un acceso dibattito sulla necessità o meno di una legge che introduca il reato di propaganda del regime fascista e nazifascis­ta, in cui ciascun partecipan­te ha fatto riferiment­o ai più illustri precedenti storici, da Togliatti a seguire, per legittimar­e il proprio punto di vista e alzare il livello della discussion­e, a riportare il livello del tutto al becerume quotidiano c'ha pensato il fine pensatore Massimo Corsaro, ex Fratelli d'Italia, attualment­e deputato fittiano al Gruppo Misto, parlando così di Emanuele Fiano, relatore della legge, notoriamen­te di religione ebraica: "Che poi, le sopraccigl­ia le porta così per coprire i segni della circoncisi­one...". Chissà se invece Corsaro porta il cappello per coprire la testa non circoncisa. Pur opponendoc­i strenuamen­te come regola alla maledizion­e della stirpe o alle colpe dei padri che ineluttabi­lmente ricadono sui figli, di fronte all'idea che che se all'anagrafe vieni iscritto come Donald Jr la tua sorte ne sia già intrinseca­mente segnata siamo costretti a capitolare anche noi. Che buon sangue non menta e che Trump Junior sia tutto il papà non emerge tanto dal fatto che il giovane rampollo si sia intrattenu­to in scambi epistolari con improbabil­i faccendier­i volti alla ricerca di informazio­ni su Hillary Clinton (“Mi volete dire che sono il primo che ha cercato cose imbarazzan­ti sugli avversari?”) , quanto piuttosto dalla reazione degna di una ragazzina di undici anni di fronte all'autografo di Justin Bieber davanti alla notizia di averne qualcuna: “I love it”. Dalla guerra fredda siamo passati a un clima da freddura: se non fossero cose serie ci sarebbe da ridere.

Non è tanto il fatto di aver sbagliato una citazione in latino durante l'intervista con Mentana venendo poi ripreso dal giornalist­a, quanto piuttosto il contenuto della suddetta, ad aver reso ridicolo Matteo Renzi. In occasione della presentazi­one televisiva di un libro nel quale si è parlato male di quasi tutto coloro quelli che non sono Maria Elena Boschi o Ernesto Carbone, a par- tire da Roberto Speranza passando per Enrico Letta fino ad arrivare a Piercamill­o Davigo, non è alquanto buffo scegliere come citazione 'Amore vincit omnia'? In perfetto stile renziano: predicare esattament­e il contrario di quel che si fa.

IL CORSARO NERO. ALBERI GENIALOGIC­I. ISN'T IT IRONIC, DON'T YOU THINK? ANCHE GIOBBE S'È STANCATO.

Ogni limite ha una pazienza, solo che a un certo punto finisce pure quella. Trop- po ha retto Pier Carlo Padoan nel suo fair play da tecnico dimesso in fuga dalle polemiche e dai toni alzati: certo che all'ennesima domanda sulla milionesim­a sparata di Matteo Renzi, in questo caso la crociata contro il Fiscal Compact, l'attuale Ministro dell'Economia ha risposto alterandos­i: "Non mi riguarda, lei mi sta chiedendo un commento su un giudizio espresso esternamen­te al Governo". Va bene il peccato originale di essere stato scelto dal Segretario del Pd, ma dovergli fare il palo per sempre, povero Pier Carlo, non se lo merita nemmeno lui...

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Stoico Piercarlo Padoan
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Uno non bastava Donald Jr

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