A bordo dell’Intercity si torna ad alcuni “lussi” degli Anni 80
Punti di vista, più umore, più destinazione, più caso: il tutto non deve mai diventare sostanza, ma restare nell’aurea imprecisata dell’opinione. Così, quello che inizialmente e potenzialmente, poteva sintetizzarsi in un “Questo no”, alla fine si tramuta in “Questo sì”.
Roma-Viareggio in treno, slot della sera per una tratta, quella Tirrenica, falcidiata da anni, depotenziata a favore del trasporto su gomma: poche partenze e convogli di “seconda mano”, non proprio come le destinazioni del sud, ma poco ci manca. Facile ritrovare il caro e vecchio Intercity orgoglio vintage modello anni Ottanta, quando già il termine inglese ci proiettava verso mete entusiasmanti, ben lontane dagli Interregionali, i Locali e altre oscenità con i sedili in finta pelle, perfetti per sudare pure d’inverno.
CHI APPROCCIA al binario è già pronto alla resa, è già settato verso la rinuncia di tutte quelle comodità sbandierate, pubblicizzate, vantate sugli Eurostar; è consapevole di dover subire vagoni vecchi, niente spazio bar-ristorante. Il Wi-Fi? Per carità. Chi sale a bordo sa che scoprirà stazioni quasi perse sull’atlante geo-politico nazionale, ascoltare nomi finiti nell’eco negli anni, provincie quasi abbandonate. Magari abbassare il finestrino in stazione e rischiare un ceffone come le epiche scene di Amici miei. rò...
L’Intercity ti riporta realmente indietro nel tempo, e non è così male. Primo aspetto: gli scompartimenti, che delizia. Non siamo obbligati a condividere i rumori di un’intera carrozza, non dobbiamo ascoltare il trillo di ogni cellulare, le risposte esagerate dei passeggeri, l’esibizionismo da businessman ( specialmente sulla Roma-Milano). A ognuno il suo piccolo scompartimento, ovvio anche dentro i sei posti stabiliti si annida il pericolo, ma è statisticamente ridotto. Secondo: il gelo. Oramai sui treni bisogna settarsi in perenne modalità invernale, con sciarpa e maglione, scafandro e tazza di cioccolata calda anche a luglio, a ferragosto si brinda con il vin brulè. Chi sopravvive ha il fisico.
Anche in questo caso lo Con molti pe- scompartimento permette di ridurre o regolare il dolore e salvare qualche giuntura.
E POI IL WI-FI ufficialmente non funziona. Nessuna presa in giro, con messaggi tipo: “collegati, è gratis”. Sarà anche gratis, ma quasi impossibile agganciarsi, quindi amen; mentre con l’Intercity questa ipocrisia manca del tutto, si torna al passato, ed è forse anche giustificato isolarsi (“Scusa, non prende, c’è una galleria. Sai, sono in Intercity”), i più bravi possono sollecitare comprensione e solidarietà all’esterno (“Poverino, è su un Intercity”), mentre in realtà si può sfogliare un libro o abbandonare per qualche ora il tempo della rincorsa e favorire un inedito sguardo fuori dal finestrino. Il mondo esterno non è sempre così brutto.
Twitter: @A_Ferrucci
Dopo un acceso dibattito sulla necessità o meno di una legge che introduca il reato di propaganda del regime fascista e nazifascista, in cui ciascun partecipante ha fatto riferimento ai più illustri precedenti storici, da Togliatti a seguire, per legittimare il proprio punto di vista e alzare il livello della discussione, a riportare il livello del tutto al becerume quotidiano c'ha pensato il fine pensatore Massimo Corsaro, ex Fratelli d'Italia, attualmente deputato fittiano al Gruppo Misto, parlando così di Emanuele Fiano, relatore della legge, notoriamente di religione ebraica: "Che poi, le sopracciglia le porta così per coprire i segni della circoncisione...". Chissà se invece Corsaro porta il cappello per coprire la testa non circoncisa. Pur opponendoci strenuamente come regola alla maledizione della stirpe o alle colpe dei padri che ineluttabilmente ricadono sui figli, di fronte all'idea che che se all'anagrafe vieni iscritto come Donald Jr la tua sorte ne sia già intrinsecamente segnata siamo costretti a capitolare anche noi. Che buon sangue non menta e che Trump Junior sia tutto il papà non emerge tanto dal fatto che il giovane rampollo si sia intrattenuto in scambi epistolari con improbabili faccendieri volti alla ricerca di informazioni su Hillary Clinton (“Mi volete dire che sono il primo che ha cercato cose imbarazzanti sugli avversari?”) , quanto piuttosto dalla reazione degna di una ragazzina di undici anni di fronte all'autografo di Justin Bieber davanti alla notizia di averne qualcuna: “I love it”. Dalla guerra fredda siamo passati a un clima da freddura: se non fossero cose serie ci sarebbe da ridere.
Non è tanto il fatto di aver sbagliato una citazione in latino durante l'intervista con Mentana venendo poi ripreso dal giornalista, quanto piuttosto il contenuto della suddetta, ad aver reso ridicolo Matteo Renzi. In occasione della presentazione televisiva di un libro nel quale si è parlato male di quasi tutto coloro quelli che non sono Maria Elena Boschi o Ernesto Carbone, a par- tire da Roberto Speranza passando per Enrico Letta fino ad arrivare a Piercamillo Davigo, non è alquanto buffo scegliere come citazione 'Amore vincit omnia'? In perfetto stile renziano: predicare esattamente il contrario di quel che si fa.
IL CORSARO NERO. ALBERI GENIALOGICI. ISN'T IT IRONIC, DON'T YOU THINK? ANCHE GIOBBE S'È STANCATO.
Ogni limite ha una pazienza, solo che a un certo punto finisce pure quella. Trop- po ha retto Pier Carlo Padoan nel suo fair play da tecnico dimesso in fuga dalle polemiche e dai toni alzati: certo che all'ennesima domanda sulla milionesima sparata di Matteo Renzi, in questo caso la crociata contro il Fiscal Compact, l'attuale Ministro dell'Economia ha risposto alterandosi: "Non mi riguarda, lei mi sta chiedendo un commento su un giudizio espresso esternamente al Governo". Va bene il peccato originale di essere stato scelto dal Segretario del Pd, ma dovergli fare il palo per sempre, povero Pier Carlo, non se lo merita nemmeno lui...