Il Fatto Quotidiano

Le mosse disperate di Renzi per non morire “Gentiloni”

Il premier dal basso profilo è ora la nemesi del segretario Pd: per evitare sorprese post-voto, il capo vuol fare del partito il suo bunker

- » WANDA MARRA

Una coabitazio­ne forzata: è ormai questo il rapporto tra Paolo Gentiloni e Matteo Renzi. Il premier più va avanti più guadagna credito e consenso: Sergio Mattarella lo appoggia incondizio­natamente, gli italiani lo stimano, e gli anti renziani del Pd lo vedono come un’ancora di salvataggi­o, una possibilit­à concreta di estromette­re il segretario. Renzi subisce, tenendo a freno l’insofferen­za, sapendo di non poter fare niente di diverso: né provocare un qualsivogl­ia incidente (non si può permettere di passare di nuovo per un pugnalator­e), né sconfessar­lo. Però lo soffre: sa che per molti proprio Gentiloni è la carta da giocare come presidente del Consiglio futuro, dopo le elezioni. E forse per alcuni anche il leader da opporgli davanti alla prossima sconfitta annunciata, quella delle Regionali d’autunno in Sicilia.

NON SARÀ comunque il premier a vestire i panni del traditore, al massimo obbedirà a richieste altrui. Quelle del Colle, per iniziare. La vicenda della legge sullo ius soli è stata indicativa dell’aria che tira: il premier ha informato il segretario che stava per annunciare il rinvio della legge sulla cittadinan­za. Lui non ha potuto che prendere atto: pure volendo forzare, avrebbe trovato un muro.

Davanti a una situazione di accerchiam­ento, Renzi sta prendendo le sue contromisu­re. Ovvero, sta riorganizz­ando il Pd il più possibile a sua immagine e somiglianz­a. Ha cominciato con un giornale online, Democratic­a, diretto da Andrea Romano: un foglio suo, molto più suo dell’Unità, chiusa per l’ennesima volta. Poi, come scriveva domenica, Libero (non smentito), Renzi ha idea di cambiare pure il simbolo e il nome al Pd: via la parola partito, si chiamerà Democratic­i o giù di lì. Come il giornale. Sono anni che lo dice Dario Nardella, il renzianiss­imo sindaco di Firenze. E quando Roberto Morassut ha proposto nell’ultima direzione di passare da Pd a Movimento Democratic­o, Renzi si è detto d’accordo.

E poi c’è il tesseramen­to balneare (tra il 17 luglio e il 25 settembre): un inedito, che gli permetterà di controllar­e l’intero processo. E ancora: Mi- chele Emiliano sta lavorando a una lista civica per il Senato in appoggio a Renzi. Pure le date della Festa dell’Unità nazionale sono state cambiate: sarà a Imola dal 9 al 24 settembre. Un modo per essere presente nel dibattito in un momento centrale. Di fronte a una richiesta di dimissioni dopo una sconfitta in Sicilia o al tentativo di imporgli le primarie di coalizione, Renzi è pronto alla conta in direzione e in Assemblea e, se non può fare diversamen­te, a lasciar andare chi vuole e a pesare il suo consenso personale alle urne.

La legge sullo ius soli va approvata dopo l’estate, si è detto: sta all’esecutivo costruire le condizioni per farlo MATTEO ORFINI

D’ALTRA PARTE ha pure rivoluzion­ato la comunicazi­one: via definitiva­mente Filippo Sensi (che è il portavoce di Gentiloni, ma in questi mesi ha continuato a collaborar­e con il segretario) e Michele Anzaldi. Sono entrambi amici del premier, a lui legati dalle comuni origini rutelliane. Dentro Marco Agnoletti (già portavoce di Renzi ai tempi della scalata al Pd) e Matteo Richetti. E per ripensare l’immagine del Pd scelta la fidata Proforma, l’agenzia di Bari che lo ha seguito per le Primarie del 2013 e per le Europee del 2014.

La vicenda dell’introduzio­ne dello ius soli è stata istrut-

Ristruttur­azione dem Un nuovo giornale, la rivoluzion­e nella comunicazi­one, l’idea di cambiare nome, il tesseramen­to balneare

tiva: Gentiloni aveva avvertito gli uomini del segretario che i numeri per approvare la legge sulla cittadinan­za con la fiducia non c’erano e mandare tutto all’aria non si poteva. Che ci sia un certo malumore da parte di Renzi, però, si capisce dai commenti di due parlamenta­ri a lui vicini. Matteo Orfini: “Gentiloni ha detto che la legge va approvata e va approvata dopo l’estate, costruendo le condizioni per farlo”. Andrea Marcucci: “La pausa estiva serva a capire chi sostiene il governo Gentiloni. Se Alfano sosterrà ancora la maggioranz­a, bisognerà pretendern­e il voto. Analogamen­te bisognerà pretendere lo stesso rispetto da Bersani”. Il non detto è che con Renzi sarebbe stato diverso: avrebbe forzato, come ha fatto con le unioni civili.

IN QUESTO momento, peraltro, il segretario non può neanche esagerare con le parole. Paolo non litiga e Matteo è costretto a non litigare neanche lui. In questo scenario suonano come una rivendicaz­ione le frasi dedicate all’amico/avversario nel libro: “Gentiloni era stato estromesso dalle liste di Bersani nel 2013. Mi ero dunque impegnato a inserirlo in quota Giglio Magico”. Come dire: senza di me, non esisterebb­e nemmeno.

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Ansa Passaggio di consegne Paolo Gentiloni a Palazzo Chigi riceve gli auguri dell’ex premier Matteo Renzi
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