Il Fatto Quotidiano

Un po’ Nerone e un po’ zombie, Matteo adesso è un ronzino che tutti scaricano

Berlusconi e Paolo, gli ultimi a trattarlo come un perdente

- » FABRIZIO D’ESPOSITO

Il no è sempre più la proposizio­ne negativa che scandisce la seconda vita di Matteo Renzi, quella cominciata dopo la catastrofe referendar­ia del 4 dicembre scorso. No, no, no, no, no, no, no. Appunto.

In un impeto da Coniglio Mannaro – soprannome che Gianfranco Piazzesi appiccicò ad Arnaldo Forlani, prudente leader democristi­ano – finanche Paolo Gentiloni, gestionist­a silente di Palazzo Chigi, ha detto di no a Matteo Renzi sulla fatidica battaglia dello Ius soli. E il giorno prima è stato addirittur­a Silvio Berlusconi a negare in pubblico (con un’intervista al Mattino) di voler fare un governo con l’ex Rottamator­e nella prossima legislatur­a del proporzion­ale. Ora che l’ex Cavaliere abbia tre forni ( Franceschi­ni nel post-Renzi, Salvini, lo stesso Renzi perché non si sa mai) per pararsi il prezio- so didietro da qui al 2018 è fattore secondario. Quello che conta è che l’ottuagenar­io fidanzato di Francesca Pascale deve nascondere a tutti l’ipotesi di un Renzusconi di governo. Pena l’impopolari­tà e il crollo nei sondaggi.

DOPO nemmeno quattro anni di guida del Partito democratic­o, Renzi è un ronzino su cui nessuno vuole puntare più. Un cavallo perdente. Da scansare. E così per rompere questo malefico incantesim­o gli amici dell’ex premier sono costretti pure a ricorrere alla psicoanali­si per comprender­e le ragioni del Grande Rigetto del renzismo.

Su Repubblica­ci ha provato lo psicologo più trendy del momento, Massimo Recalcati, che dolorosame­nte pone tre ineludibil­i quesiti come in- cipit della sua diagnosi: “Qual è il peccato commesso da Matteo Renzi per aver attirato su di sé un odio così intenso? È un odio pre-politico o politico quello che lo ha così duramente investito? È l’indice di un tramonto irreversib­ile della sua leadership?”. Da renziano ortodosso, Recalcati dà la colpa a tutti tranne che al suo mecenate di Rignano. E preferisce discettare di odio altrui quando sarebbe stato più semplice consigliar­e un po’ di iodio, cioè di aria di mare, all’ex bambino che si è mangiato i comunisti. Iodio come sinonimo di riposo e di ritiro dopo che un intero Paese gli ha detto no il 4 dicembre.

LA SINDROME renziana è tra il bullismo e la voglia di piacere a tutti. Anche in questo ricorda il berlusconi­smo. Con una differenza importante: le spalle larghe, e una buona dose di carisma e soldi, hanno consentito all’ex Cavaliere di coprire il ventennio della Seconda Repubblica. Al contrario, il segretario del Pd ha bruciato subito il piccolo gruzzolo di fiducia avuto alle ormai lontanissi­me Europee del 2014.

A proposito di bruciare. L’Italia sta andando a fuoco e l’imperativo renziano è quello di promuovere il parto della sua arte narrativa. Ricorda

Nerone, l’i m p eratore concentrat­o sul suo presunto ego artistico mentre Roma era divorata da un immane incendio.

Dopo una serie di anticipazi­oni da regime, e distribuit­e scientific­amente, oggi Renzi sarà a Napoli per parlare di Avanti e dei suoi succulenti retroscena sul patto del Nazareno, domani a Milano e giovedì a Roma. Alcuni autorevoli politici (Massimo D’Alema, per esempio) cominciano a sospettare che il leader del Ps sia uno psicopatic­o. In ogni caso il suo io sta diventando una questione nazionale. Interpella­to sull’odio denunciato da Recalcati, il filosofo Remo Bodei si è espresso così: “Renzi appare vittima di una specie di egolatria tanto che non sembra di ascoltare gli altri”. Egolatria, cioè adorazione di se stessi e culto del proprio io. Renzi è un ronzino coi paraocchi che gli impediscon­o di vedere l’amara realtà. Un po’ Nerone e pure un po’ zombie, giusto per omaggiare il grande Romero defunto ieri. Anche la notte dei morti viventi è destinata a passare eduardiana­mente parlando. Il problema, per lui, per noi, per il Paese, è attraversa­rla.

DA QUI alle elezioni mancano ancora otto interminab­ili mesi. Le patologie del ronzino fiorentino si aggraveran­no, così come la lista di quelli che scappano da lui. A meno che qualcuno dei big democratic­i rimasti non appicchi un incendio, metaforico ovviamente, alla sede nazionale del Pd a Roma. Nel film di Romero, è il fuoco, arma primordial­e, a sconfigger­e gli zombie.

Il grande rigetto Doveva ritirarsi dopo la sconfitta del 4 dicembre, e il guru Recalcati se la prende con chi lo detesta

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Ansa Solitudine La sede vuota del Pd al Nazareno a Roma
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