L’Ue fa la lotta alla mafia con le leggi “bucate”
Né 416 bis né confische In Europa i vuoti normativi favoriscono il crimine
soltanto di mafia, ma di mafia si è trattato comunque - quando ha preparato ed attuato l'attentato del 23 maggio, l'ha preparato ed attuato proprio nel momento in cui, a mio parere, si erano concretizzate tutte le condizioni perché Giovanni Falcone, nonostante la violenta opposizione di buona parte del Csm, era ormai a un passo, secondo le notizie che io conoscevo, che gli avevo comunicato e che egli sapeva e che ritengo fossero conosciute anche al di fuori del Consiglio, al di fuori del Palazzo, dico, era ormai a un passo dal diventare il direttore nazionale antimafia.
Ecco perché, forse, ripensandoci, quando Caponnetto dice cominciò a morire nel gennaio del 1988 aveva proprio ragione anche con riferimento al- pezzi – ha detto Donadio - aveva subito alcune modifiche e quegli elementi stabilirono l’anno di costruzione: non erano tantissimi e si realizzò una mappa, qualcuno di quei telecomandi era stato venduto in Sicilia da un’azienda catanese’’. A quell’indagine si affian- l'esito di questa lotta che egli fece soprattutto per potere continuare a lavorare. Poi possono essere avanzate tutte le critiche, se avanzate in buona fede e se avanzate riconoscendo questo intento di Giovanni Falcone, si può anche dire che si prestò alla creazione di uno strumento che poteva mettere in pericolo l'indipendenza della magistratura, si può anche dire che per creare questo strumento egli si avvicinò troppo al potere politico, ma quello che non si può contestare è che Falcone in questa sua brevissima esperienza ministeriale lavorò soprattutto per potere al più presto tornare a fare il magistrato. Ed è questo che gli è stato impedito, perché è questo che faceva paura. carono le parole del pentito Gioacchino La Barbera: “Dice che Brusca gli chiese di recarsi a Catania e due personaggi discesi da un fuoristrada Mitsubishi gli consegnarono un pacco ed entrambi raccomandarono ai fornitori di rifornirsi di altri telecomandi”. “Ci saremmo attesi qualcosa di importante anche nel processo – ha concluso Donadio - ma ci dà un’altra risposta: quei signori dimostrarono di avere fatto quell’acquisto nel mese di novembre e bastò un bolla di accompagnamento per dimostrare che della strage non ne sapevano nulla. Resta la storia di quel fuoristrada immacolato, La Barbera era appassionato di un fuoristrada e riconosceva benissimo quel tipo di automezzi’’.
Nove anni fa il Consiglio d’Europa chiedeva a tutti gli Stati dell'Unione di introdurre almeno il reato di crimine organizzato. A tutt’oggi in Svezia e Danimarca non è previsto. Sei anni fa il Parlamento europeo approvava una risoluzione secondo la quale tutti avrebbero dovuto dotarsi del reato specifico di “associazione con la mafia”, il nostro 416 bis. Che però è rimasto una specialità solo italiana. Nella stessa risoluzione, del 25 ottobre 2011, il Parlamento europeo auspicava che gli Stati Ue spianassero la strada alla confisca di beni anche senza una condanna definitiva, quando un indagato per gravi reati non riesca a dimostrare l’origine lecita di beni e denari. Anche in questo caso, pur con qualche passo avanti, la richiesta è rimasta lettera morta.
IN EUROPA LA LOTTA alle mafie va avanti tra progressi faticosi, muri invalicabili e una diffusa diffidenza, in nome del garantismo, della difesa dei propri sistemi penali e dell’idea - sempre più smentita dai fatti - che in fondo le mafie siano un problema italiano, da lasciare agli italiani, anche fra gli scranni di Strasburgo. Così da diversi anni a questa parte il Parlamento europeo vota e approva direttive, risoluzioni, ordini del giorno pieni di proclami su quanto sia grande e attuale il pericolo rappresentato dal crimine organizzato e dai suoi ingenti capitali sporchi, nell'indifferenza della maggioranza dei 28 Paesi membri.
Oggi il sito del Fatto Quotidiano pubblica la prima parte di “Mafie Unite d’Europa”, un’approfondita inchiesta sulla lotta alla criminalità organizzata a livello comunitario, realizzata fra l’altro grazie a un bando del Parlamento europeo. Online è disponibile innanzitutto una mappa interattiva sulla presenza di gruppi criminali in ciascuno dei 28 Paesi membri, sulla base di inchieste giudiziarie, rapporti investigativi, interviste, studi accademici. Gruppi non solo italiani, anche se ‘ndrangheta e camorra sono certo fra quelli di maggior peso anche fuori dall’Italia (più ridotta, secondo le indagini, la “esportazione” di Cosa nostra). Nell’Unione europea, infatti, sono attualmente sotto indagine circa 5mila organizzazioni criminali, calcola Europol nel rapporto 2017. Sette su dieci operano in più di uno Stato e tutte insieme si spartiscono un mercato illecito, dalla droga alla contraffazione, stimato da Transcrime in quasi 110 miliardi di euro, pari a circa l’1% del pil dell’Unione. Tra le più aggressive, le mafie russofone e turca, i clan albanesi padroni del traffico di marijuana e non solo, ma anche le gang di motociclisti del Nord Europa e i clan vietnamiti attivi soprattutto
OGGI SUL SITO DEL FATTO la prima puntata di “Mafie Unite d’Europa”, un’ampia inchiesta sulla criminalità organizzata in Ue e sulle carenze del contrasto a livello europeo Sul fatto.it la mappa interattiva sulla presenza dei clan, non solo italiani, in ciascuno dei 28 paesi membri all’Est. Nessun Paese può considerarsi immune, neppure chi può vantare grandi tradizioni civiche come dimostra il caso della mafia siriana in Svezia. Il pericolo, sottolineano diversi analisti, non è tanto l’attività criminale in sé, ma il reimpiego nell’economia lecita di enormi profitti in grado di distorcere il mercato e al concorrenza (tema su cui l’Europa è più sensibile).
IN QUESTO quadro, rileva l'inchiesta di ilfattoquotidiano.it, restano al palo proprio il 416 bis europeo e la confisca di prevenzione (quella introdotta nel nuovo codice antimafia per i corrotti, pur tra polemiche e distinguo), cioè le misure chieste dalle strutture investigative di punta: Europol, Eurojust, le italiane Dia e Dna. Che ogni giorno si misurano con un’Europa che ha abolito le frontiere per le persone e i capitali, ma non per forze di polizia e magistrati, anche se passi avanti sono stati fatti, dal mandato d’arresto europeo ai protocolli di cooperazione fra singoli Paesi. Le troppe definizioni di crimine organizzato nei diversi ordinamenti europei frena per esempio la possibilità di applicare “leintercettazioni telefoniche”, si legge per esempio nella relazione Eurojust 2016. “La stazione dei carabinieri di Messina dovrebbe poter chiamare la stazione di Duisburg con la stessa facilità con cui chiama quella di Milano”, sintetizza David Ellero, responsabile per la lotta al crimine organizzato di Europol, intervistato da ilfattoquotidiano.it. “In Germania e Francia a- prire un procedimento per criminalità organizzata non è facile”, conferma FabrizioFantini, responsabile delle relazioni internazionali della Dia. “È difficile approfondire, per esempio, un arricchimento ingiustificato, o un clan che si sta formando. Per questo insistiamo su misure di prevenzione”.
NON TUTTI concordano che il 416 bis per tutti sia la via giusta, anche per le resistenze difficilmente sormontabili in sistemi giuridici diversi dal nostro. La richiesta di misure più efficaci per colpire i patrimoni criminali senza dover aspettare la fine dei processi è ben più condivisa. L’i mportante, allora, è spezzare il giro a vuoto dei documenti che si rincorrono senza produrre effetto: “Quando la Spagna aveva il problema del terrorismo - ricorda Juan Fernando López Aguilar, ex ministro della Giustizia spagnolo ed europarlamentare socialista - molti Paesi pensavano fosse un problema solo nostro. Adesso si è capito che è una minaccia per tutti e l’esperienza spagnola è diventata fondamentale. Ecco: la stessa cosa sta capitando con la criminalità di stampo mafioso”.
La scheda Paese che vai...
Il peso del pregiudizio che in fondo si tratti “solo” di un fenomeno italiano
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I gruppi criminali censiti dall’Europol nel rapporto 2017