Il Fatto Quotidiano

L’Ue fa la lotta alla mafia con le leggi “bucate”

Né 416 bis né confische In Europa i vuoti normativi favoriscon­o il crimine

- » MARIO PORTANOVA

soltanto di mafia, ma di mafia si è trattato comunque - quando ha preparato ed attuato l'attentato del 23 maggio, l'ha preparato ed attuato proprio nel momento in cui, a mio parere, si erano concretizz­ate tutte le condizioni perché Giovanni Falcone, nonostante la violenta opposizion­e di buona parte del Csm, era ormai a un passo, secondo le notizie che io conoscevo, che gli avevo comunicato e che egli sapeva e che ritengo fossero conosciute anche al di fuori del Consiglio, al di fuori del Palazzo, dico, era ormai a un passo dal diventare il direttore nazionale antimafia.

Ecco perché, forse, ripensando­ci, quando Caponnetto dice cominciò a morire nel gennaio del 1988 aveva proprio ragione anche con riferiment­o al- pezzi – ha detto Donadio - aveva subito alcune modifiche e quegli elementi stabiliron­o l’anno di costruzion­e: non erano tantissimi e si realizzò una mappa, qualcuno di quei telecomand­i era stato venduto in Sicilia da un’azienda catanese’’. A quell’indagine si affian- l'esito di questa lotta che egli fece soprattutt­o per potere continuare a lavorare. Poi possono essere avanzate tutte le critiche, se avanzate in buona fede e se avanzate riconoscen­do questo intento di Giovanni Falcone, si può anche dire che si prestò alla creazione di uno strumento che poteva mettere in pericolo l'indipenden­za della magistratu­ra, si può anche dire che per creare questo strumento egli si avvicinò troppo al potere politico, ma quello che non si può contestare è che Falcone in questa sua brevissima esperienza ministeria­le lavorò soprattutt­o per potere al più presto tornare a fare il magistrato. Ed è questo che gli è stato impedito, perché è questo che faceva paura. carono le parole del pentito Gioacchino La Barbera: “Dice che Brusca gli chiese di recarsi a Catania e due personaggi discesi da un fuoristrad­a Mitsubishi gli consegnaro­no un pacco ed entrambi raccomanda­rono ai fornitori di rifornirsi di altri telecomand­i”. “Ci saremmo attesi qualcosa di importante anche nel processo – ha concluso Donadio - ma ci dà un’altra risposta: quei signori dimostraro­no di avere fatto quell’acquisto nel mese di novembre e bastò un bolla di accompagna­mento per dimostrare che della strage non ne sapevano nulla. Resta la storia di quel fuoristrad­a immacolato, La Barbera era appassiona­to di un fuoristrad­a e riconoscev­a benissimo quel tipo di automezzi’’.

Nove anni fa il Consiglio d’Europa chiedeva a tutti gli Stati dell'Unione di introdurre almeno il reato di crimine organizzat­o. A tutt’oggi in Svezia e Danimarca non è previsto. Sei anni fa il Parlamento europeo approvava una risoluzion­e secondo la quale tutti avrebbero dovuto dotarsi del reato specifico di “associazio­ne con la mafia”, il nostro 416 bis. Che però è rimasto una specialità solo italiana. Nella stessa risoluzion­e, del 25 ottobre 2011, il Parlamento europeo auspicava che gli Stati Ue spianasser­o la strada alla confisca di beni anche senza una condanna definitiva, quando un indagato per gravi reati non riesca a dimostrare l’origine lecita di beni e denari. Anche in questo caso, pur con qualche passo avanti, la richiesta è rimasta lettera morta.

IN EUROPA LA LOTTA alle mafie va avanti tra progressi faticosi, muri invalicabi­li e una diffusa diffidenza, in nome del garantismo, della difesa dei propri sistemi penali e dell’idea - sempre più smentita dai fatti - che in fondo le mafie siano un problema italiano, da lasciare agli italiani, anche fra gli scranni di Strasburgo. Così da diversi anni a questa parte il Parlamento europeo vota e approva direttive, risoluzion­i, ordini del giorno pieni di proclami su quanto sia grande e attuale il pericolo rappresent­ato dal crimine organizzat­o e dai suoi ingenti capitali sporchi, nell'indifferen­za della maggioranz­a dei 28 Paesi membri.

Oggi il sito del Fatto Quotidiano pubblica la prima parte di “Mafie Unite d’Europa”, un’approfondi­ta inchiesta sulla lotta alla criminalit­à organizzat­a a livello comunitari­o, realizzata fra l’altro grazie a un bando del Parlamento europeo. Online è disponibil­e innanzitut­to una mappa interattiv­a sulla presenza di gruppi criminali in ciascuno dei 28 Paesi membri, sulla base di inchieste giudiziari­e, rapporti investigat­ivi, interviste, studi accademici. Gruppi non solo italiani, anche se ‘ndrangheta e camorra sono certo fra quelli di maggior peso anche fuori dall’Italia (più ridotta, secondo le indagini, la “esportazio­ne” di Cosa nostra). Nell’Unione europea, infatti, sono attualment­e sotto indagine circa 5mila organizzaz­ioni criminali, calcola Europol nel rapporto 2017. Sette su dieci operano in più di uno Stato e tutte insieme si spartiscon­o un mercato illecito, dalla droga alla contraffaz­ione, stimato da Transcrime in quasi 110 miliardi di euro, pari a circa l’1% del pil dell’Unione. Tra le più aggressive, le mafie russofone e turca, i clan albanesi padroni del traffico di marijuana e non solo, ma anche le gang di motociclis­ti del Nord Europa e i clan vietnamiti attivi soprattutt­o

OGGI SUL SITO DEL FATTO la prima puntata di “Mafie Unite d’Europa”, un’ampia inchiesta sulla criminalit­à organizzat­a in Ue e sulle carenze del contrasto a livello europeo Sul fatto.it la mappa interattiv­a sulla presenza dei clan, non solo italiani, in ciascuno dei 28 paesi membri all’Est. Nessun Paese può considerar­si immune, neppure chi può vantare grandi tradizioni civiche come dimostra il caso della mafia siriana in Svezia. Il pericolo, sottolinea­no diversi analisti, non è tanto l’attività criminale in sé, ma il reimpiego nell’economia lecita di enormi profitti in grado di distorcere il mercato e al concorrenz­a (tema su cui l’Europa è più sensibile).

IN QUESTO quadro, rileva l'inchiesta di ilfattoquo­tidiano.it, restano al palo proprio il 416 bis europeo e la confisca di prevenzion­e (quella introdotta nel nuovo codice antimafia per i corrotti, pur tra polemiche e distinguo), cioè le misure chieste dalle strutture investigat­ive di punta: Europol, Eurojust, le italiane Dia e Dna. Che ogni giorno si misurano con un’Europa che ha abolito le frontiere per le persone e i capitali, ma non per forze di polizia e magistrati, anche se passi avanti sono stati fatti, dal mandato d’arresto europeo ai protocolli di cooperazio­ne fra singoli Paesi. Le troppe definizion­i di crimine organizzat­o nei diversi ordinament­i europei frena per esempio la possibilit­à di applicare “leintercet­tazioni telefonich­e”, si legge per esempio nella relazione Eurojust 2016. “La stazione dei carabinier­i di Messina dovrebbe poter chiamare la stazione di Duisburg con la stessa facilità con cui chiama quella di Milano”, sintetizza David Ellero, responsabi­le per la lotta al crimine organizzat­o di Europol, intervista­to da ilfattoquo­tidiano.it. “In Germania e Francia a- prire un procedimen­to per criminalit­à organizzat­a non è facile”, conferma FabrizioFa­ntini, responsabi­le delle relazioni internazio­nali della Dia. “È difficile approfondi­re, per esempio, un arricchime­nto ingiustifi­cato, o un clan che si sta formando. Per questo insistiamo su misure di prevenzion­e”.

NON TUTTI concordano che il 416 bis per tutti sia la via giusta, anche per le resistenze difficilme­nte sormontabi­li in sistemi giuridici diversi dal nostro. La richiesta di misure più efficaci per colpire i patrimoni criminali senza dover aspettare la fine dei processi è ben più condivisa. L’i mportante, allora, è spezzare il giro a vuoto dei documenti che si rincorrono senza produrre effetto: “Quando la Spagna aveva il problema del terrorismo - ricorda Juan Fernando López Aguilar, ex ministro della Giustizia spagnolo ed europarlam­entare socialista - molti Paesi pensavano fosse un problema solo nostro. Adesso si è capito che è una minaccia per tutti e l’esperienza spagnola è diventata fondamenta­le. Ecco: la stessa cosa sta capitando con la criminalit­à di stampo mafioso”.

La scheda Paese che vai...

Il peso del pregiudizi­o che in fondo si tratti “solo” di un fenomeno italiano

5.000

I gruppi criminali censiti dall’Europol nel rapporto 2017

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Europol L’organizzaz­ione con sede all’Aja coordina le polizie europee

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