Ergastolo dopo 34 anni: “Ha ucciso il procuratore”
Processo Caccia, condannato Schirripa per l’omicidio del capo dei pm di Torino nell’83. Il peso della ’ndrangheta, il buco del movente
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di 34 anni sono passati e da ieri c’è un nuovo colpevole per l’omicidio di Bruno Caccia, il procuratore capo di Torino assassinato il 26 giugno 1983. La Corte d’assise di Milano ha condannato all’ergastolo Rocco Schirripa, panettiere di 64 anni con precedenti per i suoi legami con la ’ndrangheta e il traffico di droga. “Sono il capro espiatorio che l’accusa voleva trovare a tutti i costi – ha detto lui, assistito dagli avvocati Basilio Foti e Mauro Anetrini, ieri mattina alla Corte –. Non c’è niente di più facile che dare la colpa a uno che ha precedenti con la giustizia e che è calabrese”. Secondo il collegio presieduto Ilio Mannucci Pacini, Schirripa è uno degli autori dell’omicidio. Un mandante era già stato condannato in passato: è Domenico Belfiore, capo della criminalità calabrese. “Sono terrone e sono compare di Belfiore, il soggetto perfetto per l’accusa”, ha aggiunto ieri. Belfiore, scarcerato nell’estate 2015 per gravi problemi di salute, era tornato in contatto con quel pezzo di mondo a cui apparteneva anche suo cognato, Placido Barresi, in passato accusato e poi assolto per l’omicidio.
GLI INVESTIGATORI d el la Squadra mobile di Torino hanno cercato di farli uscire allo scoperto inviando via posta un vecchio articolo di cronaca de La Stampa in cui comparivano i nomi dei sospettati per l’assassinio del magistrato incorruttibile e inavvicinabile che intaccava gli affari illeciti. Tra questi nomi anche quello di Schirripa detto “Barca”: “Ti sei fatto 30 anni tranquillo, fattene altri 30 tranquillo”, gli aveva det- to Barresi il 27 novembre 2015.
Meno di un mese dopo, il 22 dicembre, per “Barca” sono scattate le manette e poi il processo immediato, procedimento ricominciato da capo per un errore della Procura.
Una parte degli atti dell’inchiesta è diventata inutilizzabile, ma il sostituto procuratore Marcello Tatangelo è stato in grado di riprendere dall’inizio e chiedere la condanna: “È colpevole al di là di ogni ragionevole dubbio”. Il pm è certo che facesse parte del gruppo di fuoco, ma non è sicuro che sia stato lui a premere il grilletto. Secondo le figlie di Caccia, Paola e Cristina, assistite dall’avvocato Fabio Repici, “non è ancora stata fatta completamente giustizia”. Il movente dell’omicidio “è ancora generico” e “non è ancora chiaro che ruolo abbia avuto Schirripa”. “Avevamo indicato degli indizi per una pista alternativa – hanno aggiunto – ma ci è
Ultime parole in aula L’imputato prima della sentenza ha sbottato: “Mi condannate perché sono terrone”
stato detto che il perimetro dell’indagine era più ristretto”. I sospetti non si limitano alla criminalità, al riciclaggio di denaro della mafia nei casinò, ma anche ad alcuni magistrati corrotti che il procuratore capo osteggiava. La Corte ha inviato alcuni atti alla Procura per approfondimenti. Nel registro degli indagati è scritto anche il nome di un altro sospetto, Franco D’Onofrio, presunto ’ndranghetista con un passato in Prima Linea, ma la sua posizione andrebbe verso l’archiviazione.