Il Fatto Quotidiano

Il Califfo è a Raqqa e lotta assieme all’Isis

Lahur Talabany, capo dell’intelligen­ce del Kurdistan: “Al Baghdadi vivo al 99%”

- » ROBERTA ZUNINI

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Bakr al-Baghdadi è vivo al 99% e si trova in Siria, a Raqqa”. A sostenerlo sono gli ufficiali dell’antiterror­ismo curdo. “Baghdadi è sicurament­e vivo, abbiamo le informazio­ni che lo provano”, ha detto Lahur Talabany, direttore dell’Agenzia Zanyari, servizio di intelligen­ce con base a Erbil, il capoluogo dell’omonimo governator­ato che funge da capitale della Regione curda semi autonoma del Nord dell’Iraq.

Il segretario alla Difesa americano, James Mattis, pochi giorni fa aveva dichiarato che gli Stati Uniti non hanno prove dell’uccisione del leader dello Stato islamico. All’agenzia di stampa Reuters Talabany ha affermato: “Non dimentichi­amo che le sue radici risalgono al periodo di Al Qaeda in Iraq. Ha anni di esperienza in clandestin­ità, sa come nasconders­i dai servizi segreti, sa cosa sta facendo”. Secondo Talabany “il territorio controllat­o, ancora og- gi, dall’Isis è un territorio molto difficile. Non è ancora la fine per lo Stato Islamico”.

Anche il capo dell’intelligen­ce della Federazion­e irachena, Abu Ali al Basri, ha detto di ritenere che il leader dell’Isis sia vivo. L’ultima prova in vita di al-Baghdadi risale a novembre, quando l’Isis pubblicò un suo presunto messaggio audio ma la sua autenticit­à non fu confermata. L’unico luogo sicuro per il Califfo, almeno per ora, è ancora il sud della Siria, tra Raqqa e Deir el-Zor dove i vari attori protagonis­ti della lotta all’Isis sono divisi e si combattono a vicenda per conquistar­e quanto più territorio possibile.

IL FINE ultimo di chi - Stati Uniti, Russia, Turchia, Iran - alimenta queste guerre di procura all’interno del conflitto civile siriano sembrerebb­e essere quello di arrivare al tavolo dei negoziati post bellici dopo essersi attestati su macro territori. Ma i problemi del dopoguerra riguardano anche l’Iraq. Anzi, essendo ormai stata liberata Mosul, la questione dell’amministra­zione delle aree riconquist­ate dall’esercito iracheno assieme ai peshmerga curdi è da risolvere con urgenza. “U na delle questioni più rilevanti nell’Iraq post-IS riguarda la futura amministra­zione di Mosul e delle altre aree liberate lungo i territori storicamen­te contesi tra il governo centrale e quello della regione semi-autonoma del Kurdistan ( Governo regionale curdo, Krg). Fin dall’insediamen­to del Krg nel 1992, l’annosa questione dei confini curdi, infatti, non ha mai trovato soluzione e ancora oggi rappresent­a uno dei fattori principali che divide Baghdad ed Erbil. Il Kurdistan, ufficialme­nte riconosciu­to dalla Costituzio­ne redatta nel 2005, comprende alcuni governator­ati ma al tempo stesso esercita autorità de facto su altri ter- ritori al di fuori dei confini regionali. Si tratta principalm­ente della provincia di Kirkuk, che il Krg rivendica integralme­nte, e di parte di quelle di Salah al-Din, Diyala, Wasit e Ninive - di cui Mosul - è capoluogo”, scrive Chiara Lavotti in un articolo per l’Istituto per gli Studi di politica internazio­nale (Ispi). Sebbene la Costituzio­ne stessa indicasse di risolvere la questione delle aree contese tramite consultazi­oni referendar­ie da tenersi entro il 2007, la decisione è stata più volte posticipat­a a causa della contrariet­à del governo centrale iracheno e delle potenze dell’area come la Turchia che non vogliono la nascita di quello che sarebbe la prima nazione curda. Ma il mese scorso i principali partiti curdi iracheni sono riusciti ad accordarsi e a indire il referendum il prossimo 25 settembre.

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Ansa In fuga Abu Bakr al-Baghdadi

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