Il Califfo è a Raqqa e lotta assieme all’Isis
Lahur Talabany, capo dell’intelligence del Kurdistan: “Al Baghdadi vivo al 99%”
Abu
Bakr al-Baghdadi è vivo al 99% e si trova in Siria, a Raqqa”. A sostenerlo sono gli ufficiali dell’antiterrorismo curdo. “Baghdadi è sicuramente vivo, abbiamo le informazioni che lo provano”, ha detto Lahur Talabany, direttore dell’Agenzia Zanyari, servizio di intelligence con base a Erbil, il capoluogo dell’omonimo governatorato che funge da capitale della Regione curda semi autonoma del Nord dell’Iraq.
Il segretario alla Difesa americano, James Mattis, pochi giorni fa aveva dichiarato che gli Stati Uniti non hanno prove dell’uccisione del leader dello Stato islamico. All’agenzia di stampa Reuters Talabany ha affermato: “Non dimentichiamo che le sue radici risalgono al periodo di Al Qaeda in Iraq. Ha anni di esperienza in clandestinità, sa come nascondersi dai servizi segreti, sa cosa sta facendo”. Secondo Talabany “il territorio controllato, ancora og- gi, dall’Isis è un territorio molto difficile. Non è ancora la fine per lo Stato Islamico”.
Anche il capo dell’intelligence della Federazione irachena, Abu Ali al Basri, ha detto di ritenere che il leader dell’Isis sia vivo. L’ultima prova in vita di al-Baghdadi risale a novembre, quando l’Isis pubblicò un suo presunto messaggio audio ma la sua autenticità non fu confermata. L’unico luogo sicuro per il Califfo, almeno per ora, è ancora il sud della Siria, tra Raqqa e Deir el-Zor dove i vari attori protagonisti della lotta all’Isis sono divisi e si combattono a vicenda per conquistare quanto più territorio possibile.
IL FINE ultimo di chi - Stati Uniti, Russia, Turchia, Iran - alimenta queste guerre di procura all’interno del conflitto civile siriano sembrerebbe essere quello di arrivare al tavolo dei negoziati post bellici dopo essersi attestati su macro territori. Ma i problemi del dopoguerra riguardano anche l’Iraq. Anzi, essendo ormai stata liberata Mosul, la questione dell’amministrazione delle aree riconquistate dall’esercito iracheno assieme ai peshmerga curdi è da risolvere con urgenza. “U na delle questioni più rilevanti nell’Iraq post-IS riguarda la futura amministrazione di Mosul e delle altre aree liberate lungo i territori storicamente contesi tra il governo centrale e quello della regione semi-autonoma del Kurdistan ( Governo regionale curdo, Krg). Fin dall’insediamento del Krg nel 1992, l’annosa questione dei confini curdi, infatti, non ha mai trovato soluzione e ancora oggi rappresenta uno dei fattori principali che divide Baghdad ed Erbil. Il Kurdistan, ufficialmente riconosciuto dalla Costituzione redatta nel 2005, comprende alcuni governatorati ma al tempo stesso esercita autorità de facto su altri ter- ritori al di fuori dei confini regionali. Si tratta principalmente della provincia di Kirkuk, che il Krg rivendica integralmente, e di parte di quelle di Salah al-Din, Diyala, Wasit e Ninive - di cui Mosul - è capoluogo”, scrive Chiara Lavotti in un articolo per l’Istituto per gli Studi di politica internazionale (Ispi). Sebbene la Costituzione stessa indicasse di risolvere la questione delle aree contese tramite consultazioni referendarie da tenersi entro il 2007, la decisione è stata più volte posticipata a causa della contrarietà del governo centrale iracheno e delle potenze dell’area come la Turchia che non vogliono la nascita di quello che sarebbe la prima nazione curda. Ma il mese scorso i principali partiti curdi iracheni sono riusciti ad accordarsi e a indire il referendum il prossimo 25 settembre.