Il Fatto Quotidiano

L’ex procurator­e di Torino Ma la zona grigia c’è E i boss non sono solo quelli del Sud

- » GIAN CARLO CASELLI

Mafia Capitale dimezzata. Perché il tribunale di Roma ha inflitto a Carminati, Buzzi, e soci la metà delle pene chieste dall’accusa. E poi perché quelle due parole ( che esprimevan­o l’essenza stessa del processo) dopo la decisione del Tribunale si sono ridotte ad una soltanto. “Capitale” rimane perché Roma è il teatro delle attività criminali contestate. Ma viene cancellata la parola “mafia”. Nel senso che il tribunale ha escluso l’associazio­ne mafiosa e l’aggravante di mafia.

OVVIAMENTE la sentenza va rispettata e la sua motivazion­e andrà letta con attenzione. Ci stanno peraltro alcune consideraz­ioni di carattere generale che possono aiutare ad inquadrare il problema. Irrigidirs­i negli schemi tradiziona­li può essere fuorviante. L’ impegno continuo della magistratu­ra e delle forze dell’ ordine racconta quotidiana­mente nuovi intrecci e nuove vocazioni delle mafie in particolar­e le loro capacità imprendito­riali e la lungimiran­za nell’individuar­e nuovi campi di attività e nuovi affari cui dedicarsi.

Via viale mafie abbandonan­o l’ ambito “militare” per vestire – come si usa dire – il “doppio petto” e il “colletto bianco”. Allo scopo di cogliere e meglio gestire le opportunit­à ed i vantaggi offerti dallo specifico ambiente in cui operano. Per tessere in maniera più efficace e produttiva, dal punto di vista economico, la rete di interessi che è il loro scopo principale. Un contesto nel quale sono decisivi i rapporti con pezzi della politica dell’amministra­zione e dell’imprendito­ria. La “zona grigia”. Senza di cui non di mafia si tratterà, ma di “semplice” gangsteris­mo, cioè criminalit­à di strada.

Viceversa, se queste relazioni esterne sono provate, l’associazio­ne mafiosa diviene più facilmente configurab­ile. Ora, nello specifico caso di “Mafia (ex) Capitale”, il principale imputato Massimo Carminati, stando ad una intercetta­zione, aveva descritto l’attività propria e dei suoi sodali parlando di un “mondo di mezzo”, dove si incontrano “quello di sopra” (personaggi eccellenti) e “quello di sotto” (criminali “comuni”). Parole che traducono in linguaggio corrente, a suo modo persino suggestivo, fior di studi e ricerche dei maggiori esperti di mafie: quelli che individuan­o appunto, nei rapporti torbidi con pezzi della legalità, il Dna delle mafie. La filosofia di Carminati (sempre stando ad una intercetta­zione) era tenere pronti vari progetti da sottoporre a coloro – politici o amministra­tori – cui spettava decidere. Chiedendo “che te serve?; come posso guadagnare?; con l’avvertimen­to finale: “te lo faccio io” quel lavoro, ma “se poi vengo a sapere che te lo fa un altro, è ’na cosa sgradevole”. Una evocazione delle possibili conseguenz­e nel caso di una possibile mancata intesa.

PER SITUAZIONI del genere, una sentenza della Cassazione del 2015 ha stabilito questo principio: mafia è anche quel sodalizio criminale che adopera il metodo mafioso “in forma silente, senza ricorrere e forme eclatanti, avvalendos­i di quella forma di intimidazi­one, per certi aspetti ancora più temibile, che deriva dal non detto, dall’accennato, dal sussurrato”. Se si aggiunge che nel processo contro Carminati & C. sono stati condannati a pene consistent­i vari uomini di destra come di sinistra, sarà davvero interessan­te studiare la motivazion­e del tribunale di Roma.

Voglio infine precisare come occorra seguire i percorsi, le evoluzioni, i collegamen­ti, le modalità e le capacità di adattament­o del sistema criminale nonché dei mondi ad esso volta a volta contigui ma funzionali. Come si deve prendere atto della progressiv­a trasformaz­ione non solo del modus operandi, ma – per certi profili – della stessa identità delle organizzaz­ioni mafiose. Valutando conseguent­emente l’opportunit­à di adeguare i nostri modelli di lettura dei fenomeni criminali, allo scopo di migliorare in chiave preventiva e repressiva il contrasto delle mafie in ogni loro articolazi­one. Senza che nel nostro subconscio si annidino stereotipi sbagliati. Tipo quello che per essere mafiosi bisogna essere del Sud.

Mafia è quel sodalizio che applica il metodo mafioso avvalendos­i dell’intimidazi­one senza forme eclatanti CASSAZIONE

2015

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