Il Fatto Quotidiano

“La mafia era solo un teorema dei pm”

Il legale di Salvatore Buzzi: “Solo corruzione, avevamo ragione”

- M. L.

L’avvocato

Alessandro Diddi, difensore di Salvatore Buzzi, dopo la lettura della sentenza saltava da una parte all’altra dell’aula bunker di Rebibbia stringendo mani ai colleghi, dando pacche ai giornalist­i come qualcuno che ha vinto la partita della vita.

“Sono soddisfatt­o non solo perché è stato demolito il teorema della mafia ma soprattutt­o perché il Tribunale ha accolto la nostra impostazio­ne sulla corruzione”.

Il suo assistito ha preso 19 anni. Non rischia di sembrare il medico soddisfatt­o per l’operazione con il paziente morto?

Buzzi ha reso ampia confession­e sui reati fine dell’associazio­ne a delinquere, cioé le corruzioni. Su quelli non c'era altra soluzione. Noi non abbiamo mai negato i fatti. Le pene così alte per le corruzioni stanno a significar­e però che il problema di Roma è quello che abbiamo segnalato noi. Qual è stato l’errore dei pm romani? La procura ha cercato di dimostrare che Roma è governata dalla mafia. Così facendo ha perso di vista il vero problema. Il Tribunale invece ha sposato la nostra impostazio­ne: il governo della città non è stato influenzat­o dalla logica mafiosa ma dalla logica della corruzione. Raramente si vedono pene così pesanti per un’associazio­ne a delinquere semplice.

Il Tribunale ha negato la mafia ma ha dato pene più pesanti di quelle richieste dai pm per i pubblici ufficiali che avevano solo imputazion­i di corruzione. Dal mio punto di vista è rilevante vedere soprattutt­o alcune condanne dei politici. Buzzi deve essere stato ritenuto molto credibile perché, per esempio, il presidente del consiglio comunale Mirko Coratti o il presidente del municipio di Ostia, Andrea Tassone, non sarebbero stati condannati facilmente senza le sue dichiarazi­oni. Cosa si aspetta ora da Procura e Tribunale?

Buzzi ha fornito dal marzo 2015 ai pm le chiavi per entrare nel sistema della corruttela ma loro erano concentrat­i sulla mafia. Buzzi ha raccontato come venivano gestiti gli appalti delle cooperativ­e a livello comunale e regionale e soprattutt­o ha spiegato la gara del Cup, il centro unico di prenotazio­ne della Regione Lazio: 4 lotti da 90 milioni di euro, spartiti a tavolino: 3 lotti a sinistra e un lotto a destra. Dal tribunale mi aspetto nella motivazion­e della sentenza la ricostruzi­one del sistema. Sarà una pagina importante della storia di questo paese. L’esclusione della mafia non vuol dire che a Roma non è successo niente. La storia della corruzione imperante non va minimizzat­a come una vicenda romana perché Buzzi ha raccontato che le richieste provenivan­o dalla politica nazionale.

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Ansa Alessandro Diddi

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