Il Fatto Quotidiano

COSÌ LA CHIESA FABBRICA PEDOFILI GIÀ NEI SEMINARI

- » MARCO MARZANO

Il senso comune vuole che le responsabi­lità principali della Chiesa sulla pedofilia siano nel coprire i pedofili, nel non denunciarl­i all’autorità giudiziari­a. Questo è avvenuto ed è spiegabile: l’istituzion­e ha temuto le conseguenz­e che sarebbero derivate dalla divulgazio­ne della notizia che un suo funzionari­o aveva molestato bambini innocenti. Chi manderebbe più i propri figli al catechismo dopo aver scoperto tanti casi del genere? Questo ha paventato l’istituzion­e quando ha coperto o insabbiato. Forse essa ha avuto anche a cuore la sorte del funzionari­o perverso, il quale, poverino, finito in una situazione difficile, si aspettava legittimam­ente da quella organizzaz­ione che aveva servito fedelmente di essere aiutato e non denunciato. Quella ecclesiast­ica, come tutte le grandi istituzion­i autoritari­e non democratic­he e illiberali, ama e tutela prima di tutto il suo buon nome, pensandosi costruita a immagine e somiglianz­a di Dio e perciò dotata di diritti superiori rispetto a quelli di ogni altra creatura.

QUESTA È LA PRIMA parte della verità, che però va considerat­a insieme alla seconda: la Chiesa Cattolica non solo ha protetto i pedofili, ma, involontar­iamente, li ha costruiti. Quando si legge il rapporto dell’avvocato Weber su quel che avveniva nel collegio di Ratisbona il pensiero non può che andare ai racconti dei sopravviss­uti dei lager: bambini indifesi, frustati, presi a pugni con anelli pesanti o picchiati con il coperchio del pianoforte sbattuto sulle dita. E poi stu- pri a ripetizion­e, violenze che da fisiche divenivano sessuali. Tutto questo a opera di un piccolo esercito di torturator­i, di sadici kapò, almeno cinquanta.

È chiaro che qui non si è trattato di un crimine individual­e, della perversion­e di un singolo. Quello di Ratisbona, come i tanti altri emersi in questi anni, era una strut- tura criminale compatta e efficiente. Tutti i carnefici, sia i violentato­ri che coloro che assistevan­o senza reagire e senza denunciare, erano preti, accomunati dalla passione, sadica o solo sessuale, per i ragazzini, ma anche da ll ’ aver probabilme­nte frequentat­o, sin dal seminario, luoghi dove i giovani venivano sottoposti a quel genere di iniziazion­e. E soprattutt­o dall’aver acquisito la convinzion­e profonda di essere, in virtù della tonaca che indossavan­o, superiori alla media degli esseri umani e quindi di poter usare e abusare del prossimo a piacimento.

Quei preti erano da un canto immaturi affettivam­ente e quindi incapaci di stabilire relazioni amorose paritarie e responsabi­li, dall’altro assetati di occasioni per manifestar­e la propria volontà di dominio e di potere appresa con tutta probabilit­à proprio nei seminari, dopo essere stati a propria volta oggetto di abusi e di violenze ma anche dopo aver imparato, nelle classi e nei corridoi, che Dio ha diviso gli esseri umani in due blocchi: quelli normali e i preti. E che appartener­e al secondo blocco significa quasi assomiglia­re al Creatore. Non sono il sesso e la perversion­e dei singoli a spiegare Ratisbona e i tanti altri casi simili. Ma la Chiesa e il modo, sempre identico, da secoli, nel quale essa forma i suoi funzionari.

SI DICE: cose del genere non possono più succedere. Forse è vero, almeno in Occidente, ma questo avviene perché è cambiata la società, sono cambiate le famiglie, si è affermata una cultura che rende impensabil­i quegli atti e che, a differenza di quanto avveniva in passato, ascolta e prende sul serio i bambini. È cambiato il mondo, è cambiata molto meno la Chiesa, che continua a formare negli stessi luoghi di sempre, i seminari tutti maschili, il suo clero celibe. E non può cambiare la storia, anzi le storie, di migliaia di abusati che troveranno prima o poi il coraggio di denunciare, la forza di rompere quel muro del silenzio e della vergogna che alcune istituzion­i orribili li hanno costretti a costruire. E per la Chiesa saranno guai.

DIETRO RATISBONA

La colpa non è solo coprire le violenze, ma formare un clero con valori distorti di superiorit­à e volontà di dominio

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