Peter Perrett, il ritorno del sopravvissuto (al crack)
Una raccolta di ballate maledette
QUALCUNO lo ha definito “uno dei debutti più sorprendenti dell’anno”, e il cinico sarcasmo della definizione avrà certamente strappato un ghigno al suo autore. Il nome di Peter Perrett, sessantacinque anni vissuti con una spericolatezza tossica al cui confronto Keith Richards sembra Padre Pio, è ancora oggi pronunciato con venerazione dagli appassionati del r’n’r più borderline. Ma sempre in riferimento a quella manciata di anni, a cavallo tra i 70 e gli 80, in cui Perret guidò nella loro epica e disastrosa avventura gli splendidi Only Ones, punk per caso con i santini di Dylan, Bowie e Barrett nel portafogli. Fatta eccezione per qualche sporadica riapparizione, tutti davano il vecchio Peter perso in mezzo ai fumi del crack. Invece eccolo qua, finalmente (e si spera definitivamente) pulito, affiancato dai suoi due figli e con il primo vero disco a suo nome. E che disco. Una raccolta di morbose ballate rock che anche se non arrivano ai livelli di Another Girl Another Planet – un classico assoluto degli ultimi quarant’anni – si disimpegnano con classe e altissimo mestiere. La voce è quella indolente e fascinosa di sempre, le melodie azzeccate, i testi taglienti e persino contemporanei nei riferimenti (Kim Kardashian? J-Lo?). Molto, molto più del ritorno di un sopravvissuto all’inferno.