Il Fatto Quotidiano

Chi esulta e chi Orfini: “Noi non ci scusiamo”

In Forza Italia invocano addirittur­a la riammissio­ne dei corrotti condannati

- » ANDREA MANAGÒ

Adestra

c’è chi quasi esulta. Il Pd continua a parlare di mafia, senza affrontare pienamente le pene inflitte ai suoi vecchi consiglier­i o la defenestra­zione via notaio dell’ex sindaco Ignazio Marino con l’alibi dell’inchiesta. Mentre l’attuale prima cittadina, Virginia Raggi, continua a ripetere il leitmotivd­ella “legalità” che ha trascinato la sua campagna elettorale.

Il giorno dopo, la sentenza del processo sul Mondo di mezzo, che ha visto cadere il capo di imputazion­e per associazio­ne mafiosa, chiama la politica a ricalibrar­e le proprie affermazio­ni degli ultimi due anni e mezzo sull’inchiesta che ha ridisegnat­o la geografia politica della Capitale.

L’IMPRESA è ardua soprattutt­o per il Pd. Il verdetto del processo vede il due volte presidente dell’As semb lea capitolina, Mirko Coratti, condannato a 6 anni di reclusione mentre l’ex consiglier­e Pierpaolo Pedetti a 7. E allora Matteo Orfini, per due anni e mezzo commissari­o della federazion­e dem romana col compito di ripulirla dai cir- coli “dannosi” segnalati in una relazione ad hoc da Fabrizio Barca, sente il bisogno di puntualizz­a: “È sbagliato sostenere si dovrebbe chiedere scusa a Roma perché non è una città mafiosa. A Roma la mafia c’è”. Non la pensano come lui molti militanti che hanno digerito a fatica la sua gestione centralist­ica del commissari­amento, per alcuni di loro senza Mafia Capitale i 5 Stelle non sarebbero al governo della città. Di sicuro ciò che è mancato negli anni del processo è una seria riflession­e nel Pd romano su come superare un modello di partito fatto di capi corrente capaci, oggi come ieri, di orientare migliaia di preferenze e di piazzare militanti e amici negli staff istituzion­ali.

ANCHE Nicola Zingaretti, sposa un linea analoga, sostenendo che il verdetto “non può essere usato per affermare che a Roma non ci sono problemi o infiltrazi­oni mafiose, ci sono, sono denunciate e conosciute”. Al governator­e del Lazio va dato atto di essere attivo da anni nel contrasto alle mafie, ma oggi tra i suoi problemi c’è anche quello di non essere scavalcato dai 5 Stelle sul tema della legalità in vista della sfida elettorale per le regionali del prossimo anno.

CHI invece sembra quasi voler procedere ad un colpo di spugna sull’intera vicenda è il centrodest­ra. Il senatore azzurro Francesco Giro annuncia che chiederà “agli organi preposti di Forza Italia la revoca immediata della sospension­e dei colleghi Giordano Tredicine e Luca Gramazio, non ha più ragione di essere”. Il primo ha avuto tre anni, l’altro undici.

Una gara a dimenticar­e. Meglio discutere se si sia trattato o meno di mafia, come se la corruzione non costasse 60 miliardi di euro l’anno.

Il senatore

Il forzista Giro: “Le sospension­i di Gramazio e Tredicine non hanno più ragione d’essere”

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LaPresse/Ansa Politici divisi I dem Matteo Orfini e Nicola Zingaretti e il senatore Francesco Giro di Forza Italia
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