Cene sociali e lavoro, l’altra sinistra balla da sola
Mdp fa concorrenza ai vecchi colleghi di partito. In autunno festival di Si a Reggio Emilia
L’altra
sinistra, a sinistra del Pd, è rimasta orfana: sarà il primo anno senza la festa dell’Unità per tanti, e non solo per i dissidenti più ortodossi che se n’erano andati da tempo. Tocca riorganizzarsi. Con tanti piccoli eventi sul territorio in estate, in attesa delle rassegne nazionali in autunno.
QUELLA DI MDP, ad esempio, è un cantiere a cielo aperto: non c’è ancora una data, né una sede. Intanto, però, ci sono le feste locali: Modena, Napoli, Catanzaro, Sesto San Giovanni, solo per citarne alcune. “Le stanno organizzando i militanti storici, quelli che fino a ieri lavoravano alle Feste dell’Unità, magari dove il Pd non riuscirà più a farle senza di noi”, spiega Nico Stumpo, deputato di Mdp, con un pizzico di risentimento. La tentazione di fare concorrenza ai vecchi compagni di partito c’è.
Più distaccata, invece, l’organizzazione di Sinistra Italiana, lontana da tempo dall’universo dem. Il fatto che la tappa principale del festival nazionale (a Reggio Emilia dal 20 al 24 settembre; prima e dopo anche a Barletta e a Torino) cada in concomitanza della grande festa Pd a Imola è solo una “coincidenza”, spiegano.
NEL FRATTEMPO , a Roma, è andato in scena un piccolo antipasto: una settimana organizzata dal partito locale a Testaccio, un tempo uno dei quartieri più popolari del centro. Senza tristezza per quella decina di stand, a volte deserti, distribuiti su un paio di isolati: loro la vocazione minoritaria ce l’hanno nel sangue, son sempre stati abituati, quasi felici, ad essere in pochi. Nemmeno troppo: almeno i dibattiti principali e le comparsate dei leader (da Stefano Fassina al segretario Nicola Fratoianni) attirano decine di persone. C’è chi porta a spasso il cane, chi distribuisce tessere e volantini. Chi semplicemente saluta i compagni di una vita. Qui sono ancora tutti “compagni”: gli iscritti, la cuoca, il barista, la si- gnora delle pulizie. Tranne forse l’immancabile venditore di rose, che prova a far appello alla solidarietà dei comunisti. Senza grande successo.
SI PARLAdi sinistra: diritto allo studio e alla salute, accoglienza, lavoro, lavoro e ancora lavoro. I temi sono sempre gli stessi, come le facce, le idee. È il ritrovo di una piccola comunità nostalgica, aggrappata ai suoi valori, partecipazione e alterità. Un paio di vecchie bandiere arcobaleno e della Palestina, cimeli comunisti. Libri, piantine, gioielli rigorosamente vintage e fatti a mano, vestiti usati. Tutto alternativo, anche la musica (reggae, irlandese o indie), persino i dolci. Da mangiare su tavoli e panche di legno comuni, stile pranzo sociale, molto popolare. Solo i prezzi lo sono un po’ meno. “Una pasta e fagioli”. “Grazie, fanno 6,50”. Una birra? Quattro euro. Quasi come in uno dei tanti bar alla moda della zona, o a ristorante. Con il mercato si deve confrontare pure la sinistra italiana.
A Roma
Niente tristezza per gli stand vuoti: loro la vocazione minoritaria ce l’hanno nel sangue