Lavori per Hitachi da 20 anni? Sei licenziato
Strane storie L’azienda cresce, ma per particolari categorie di operai il posto non c’è comunque
Quattro
lavoratori interinali vengono mandati a casa e questa non sarebbe una notizia. Nemmeno se uno di loro ha una bimba ricoverata a Genova con un tumore al cervello, se un altro ha la 104 per assistere la figlia invalida, se uno tenta il suicidio e uno ha un braccio offeso. Non è una notizia da quando “l’era del posto fisso è finita”, come annunciava il presidente del consiglio Massimo D’Alema nel 1998, a pochi mesi dall’approvazione del Pacchetto Treu che aveva introdotto il lavoro “ad interim”, dal latino: nel mentre, frattanto, per il momento, talvolta.
IL LAVOROche doveva tenere i lavoratori saltuariamente occupati. Per favorire il collocamento “ad interim”, nel 2003 vennero istituite le agenzie che somministrano i lavoratori alle aziende che li utilizzano ma non hanno intenzione di assumerli. Il caporalato legalizzato, che consente di fare affari prestando temporaneamente i lavoratori alle imprese come fa la Quanta, datore di lavoro dei quattro magazzinieri prestati all’Hitachi di Napoli. La notizia, però, è che questi quattro lavoratori temporanei e flessibili svolgono il medesimo lavoro nel medesimo magazzino da più di 20 anni. Da oltre 25 si occupa delle spedizioni all’Hitachi Alfredo Malfi, 59 anni, una moglie e due figli e “mai un giorno di assenza ingiustificata perché io sono un gran lavoratore”. Una vita passata a spedire e archiviare le componenti dei treni. Tanto che la Quanta, l’agenzia interinale che lo ha prestato, con altri 64, prima all’Ansaldo e poi all’Hitachi subentrata all’Ansaldo, lo aveva assunto a tempo indeterminato. ORA PERÒche all’Hitachi si ristruttura per produrre di più, i lavoratori in prestito vengono internalizzati. Assunti direttamente dal gruppo e da Leonardo, altra controllata Finmeccanica. Non tutti, però. Solo 60 su 64. Restano in carico all’agenzia interinale i quattro che, per via della figlia malata e del braccio offeso, non vanno a genio all’azienda. Compreso quello troppo anziano, invecchiato facendo per più di 25 anni lo stesso lavoro temporaneo. La Quanta ha comunicato a Alfredo Malfi, Vincenzo Borrelli, Massimiliano Olivieri e Aniello De Lucia che non sa più a chi prestarli. Per un anno può “somministrarli” a Porto Marghera, poi li licenzia. Pure se da una vita lavorano in prestito a un’azienda che cresce e che assume.
La dinamica da cui emerge questa storia di ordinaria negazione della dignità del lavoro è un disco rotto: dalla frantumazione dei processi produttivi alla frantumazione del lavoro. I lavoratori sono più fragili non più e non solo a causa dell’esternalizzazione delle funzioni aziendali - tra cui la logistica - ma anche della loro gestione tramite le agenzie interinali. Da un lato, le aziende si deresponsabilizzano appal- tando i servizi di magazzinaggio. Dall’altro, le società appaltatrici gestiscono la manodopera a ribasso sfruttando la convenienza messa a disposizione dalle agenzie di somministrazione. Il lavoro si allontana dalla sua fonte.
CHI TI ASSUMEti presta a chi ti impiega, finché quello non chiede in prestito un lavoratore più giovane. Lavoratori usa e getta, nonostante l’anzianità e il tipo di contratto che solo formalmente è a tempo indeterminato. L’esplosione dei contratti in somministrazione investe tutta l’economia, con un aumento nell’ultimo anno del 23% e più di 300 mila lavoratori coinvolti. Disumanizzando i rapporti di lavoro: vieni licenziato perché hai il diritto di prenderti cura di un figlio una volta alla settimana e nessuna azienda ti vuole più in prestito.