Il Fatto Quotidiano

“Diritto e giustizia” per pochi: la Polonia prende a pugni l’Ue

Pronta la “riforma”: il governo tiene in ostaggio i magistrati, Bruxelles ignorata

- » LEONARDO COEN

Povera Unione Europea! Scampato il pericolo Le Pen, ridimensio­nato lo choc Brexit, rintuzzato lo spettro di un presidente populista in Austria e respinto il temuto islamofobo Geert Wilders in Olanda, Bruxelles deve affrontare la crisi più insidiosa e letale degli ultimi anni: la deriva nazionalco­nservatric­e della Polonia. Venerdì, infatti, il Sejm - la camera bassa del parlamento polacco controllat­o saldamente dal PiS ( Prawo i Sprawiedly­wosc, ossia Diritto e Giustizia, al governo dal 2015) a cui aderisce la prima ministra Beata Szydo - ha approvato il disegno di legge sulla riforma della Corte Suprema che prevede di mandare in pensione tutti i giudici in carica, salvo “quelli indicati dal ministro della giustizia”.

Tradotto: il governo potrà nominare i giudici che gli sono graditi, riassume Tomasz Sawczuk sul settimanal­e Kultura Liberalna di Varsavia. Uno schiaffo al principio della separazion­e dei poteri.

E UN CAZZOTTO sul muso della Commission­e Europea. Bruxelles ha reagito su due livelli. Quello formale, per accusare il governo polacco di mettere in causa l’indipenden­za della giustizia. E quello procedural­e, il 19 luglio - per la prima volta - quando ha minacciato Varsavia di privarla del suo diritto di voto in seno al Consiglio europeo, appli- cando l’articolo 7 del trattato dell’Unione in cui è prevista tale sanzione il cui scopo è “garantire che tutti i paesi membri rispettino i valori comuni dell’Ue, compreso lo Stato di diritto”. La sua applicazio­ne, nel gergo dell’eurocrazia, si chiama “bomba nucleare istituzion­ale”. Non è mai successo, sinora, perché di fatto conduce al bando dall’Unione.

Il problema è: intende davvero Bruxelles percorrere questa strada che si profila politicame­nte drammatica? L’Ungheria dell’iper nazionalis­ta Viktor Orbán - colui che ha coniato per il suo regime la definizion­e di “democrazia illiberale” - ha già annunciato che non sottoscriv­erà le sanzioni contro gli alleati populisti polacchi (en- trambi i Paesi appartengo­no al Gruppo di Visegrad, con Slovacchia e Repubblica Ceca). Però, il conflitto è ormai giunto ad un punto di (quasi) non ritorno. Bruxelles dovrà intervenir­e, ma se attiva l’articolo 7 rischia di innescare un pericoloso processo di disgregazi­one. Insomma, l’Europa è a un bivio. Ridimensio­narsi o subìre? Purtroppo, i segnali sono cupi. Già il 12 luglio Diritto e Giustizia ha fatto approvare in senato due leggi che influirann­o pesantemen­te sul sistema giudiziari­o polacco. La prima consente al parlamento - basta la maggioranz­a semplice - di eleggere i componenti del consiglio nazionale della magistratu­ra. La seconda dà potere al ministro della giustizia di nominare i presidenti dei tribunali distrettua­li e delle corti d’appello. In ultima analisi, il governo si garantisce la perpetuità, dominando gli organi del potere giudiziari­o e, in subordine, di decisione sulla validità o meno delle elezioni.

LA SOCIETÀ civile polacca è insorta, è scesa in piazza per protestare contro le riforme. Venerdì in cinquantam­ila al grido di “Tribunali liberi” e “Polonia libera europea” hanno chiesto al presidente Andrzej Duda di porre il veto, appello in parte accolto. Duda non firmerà la legge sulla Corte Suprema se il parlamento non accoglierà certe modifiche da lui proposte sulla composizio­ne del con-

Subire o reagire Consiglio europeo al bivio, Varsavia era stata già minacciata di perdere il diritto di voto

siglio nazionale della magistratu­ra (vuole la maggioranz­a qualificat­a dei tre quinti per le nomine). Nel frattempo, Grzegorz Schtetyna, leader di Piattaform­a Civica ( opposizion­e centrista) ha denunciato un “colpo di stato”, mentre per Ryszard Petru, presidente del partito liberale Nowoczesna, venerdì 20 luglio è stata “una brutta giornata per la democrazia polacca”.

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Ansa Protesta continua Il raduno dinanzi al parlamento di chi contesta la riforma

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